Follia monetaria in Turchia: Erdogan fa fuori il ministro delle Finanze e stramazza di nuovo la lira
Nuovo atto della purga economica lanciata dal presidente della Turchia Tayyip Erdogan, sempre più determinato a portare avanti la sua lotta contro i tassi: stavolta, a cadere, è stata la testa del ministro delle Finanze Lutfi Elvan, cacciato a poco più di 12 mesi dalla sua nomina. Così è, nel paese guidato dal presidente che ha dato del maleducato a Draghi, dicendo che in Turchia non ci sono dittatori, e ricordando all’Italia che ha avuto Benito Mussolini.
Stando a un decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, Elvan sarà sostituito da Nureddin Nebati, 57 anni, vice ministro delle Finanze dal 2018, considerato vicino all’ex ministro delle Finanze Berat Albayrak, genero di Erdogan. La notizia dell’ennesima purga firmata Erdogan – nemico dei tassi come si è definito lui stesso – ha zavorrato la lira turca, che continua a scontare la follia monetaria del presidente.
Erdogan ha di fatto una ricetta tutta sua per sconfiggere l’inflazione galoppante che sta assediando il paese: non alzare, ma abbassare i tassi. Non ricorrere come da manuale a una politica monetaria più restrittiva, ma a una più espansiva. Così facendo, è lui stesso che sta portando la Turchia al collasso, infiammando ulteriormente l’inflazione e svalutando la lira turca, ormai ai minimi record di sempre. Nelle ultime ore, l’annuncio dell’ennesimo licenziamento ha fatto capitolare la valuta fino a 13,38 sul dollaro Usa, dopo il crash pari a -28% andato in scena nel mese di novembre soltanto, e reduce da un tonfo del 47% dall’inizio dell’anno, che ha portato il rapporto con il dollaro a crollare fino a quot 14 nella sessione di martedì, valore più basso nella storia. Tonfo che fa della lira turca la moneta che ha fatto peggio tra le 31 principali che sono monitorate da Bloomberg.
Erdogan, noto per far fuori chiunque non condivida le sue idee, ha compiuto così la sua ennesima vendetta, defenestrando Lutfi Elvan, 59 anni, che aveva osato contraddire la sua ossessione pro-tagli ai tassi, a fronte di un balzo dell’indice dei prezzi al consumo – tra i principali termometri dell’inflazione – che a ottobre è stato pari a +19,9%. Qualche giorno prima della riunione della banca centrale della Turchia dello scorso 18 novembre – quando i tassi sono stati tagliati per il terzo mese consecutivo – Elvan si era permesso di lanciare un appello, affinché “ciascuna istituzione facesse la sua parte nell’ambito del proprio mandato”, al fine di calmierare la corsa dei prezzi.
Secondo fonti a lui vicine, Elvan non aveva nascosto la sua contrarietà verso i ripetuti tagli dei tassi che, dal mese di settembre, sono stati di ben 400 punti base. Il giorno successivo all’annuncio del taglio dei tassi da parte della banca centrale, Erdogan ha tenuto un discorso in Parlamento, lanciando un affondo contro “quegli ami che stanno difendendo ancora” gli alti tassi di interesse. “IL mio percorso non può essere vicino a loro”, aveva detto, accolto dagli applausi. Elvan non aveva applaudito il presidente turco, e la foto del mancato applauso si era diffusa sui social media.
La purga economica di Erdogan va avanti e la lira turca rischia di diventare carta straccia: a ottobre Erdogan ha licenziato ben tre esponenti della banca centrale. Ancora prima, nel marzo di quest’anno, la purga aveva fatto cadere invecela testa del banchiere centrale Naci Agbal, ‘colpevole’ di aver alzato i tassi per cercare di frenare l’inflazione galoppante del paese. E Agbal non è stato sicuramente l’unico banchiere centrale a essere cacciato da Erdogan. La situazione è tale che ormai anche Apple ha messo al bando la lira turca, tanto che gli iPhone e altri prodotti del colosso americano di Cupertino sono diventati un miraggio in Turchia.
E in tutto questo, la banca centrale ha riferito di essere pronta a tagliare di nuovo i tassi nel meeting del prossimo 16 dicembre, dopo i tagli da settembre di 400 punti base, che hanno portato i tassi benchmark a scendere al 15%
“Sono stato sempre a favore di tassi di interesse più bassi, e ho sempre ripetuto che i tassi dovrebbero essere più bassi. Non sono stato mai a favore e mai lo sarò di aumenti dei tassi di interesse”, ha detto Erdogan domenica scorsa, stando a quanto riportato dalla stampa turca. have always been arguing for lower interest rates and repeating that the rates should be lower. I have never advocated and won’t be advocating for interest rate increases,” Erdogan was reported by Turkish press as saying on Sunday.
Erdogan ha in testa le elezioni del 2023, e soprattutto i sondaggi che danno il sostegno alla sua presidenza e al suo partito AK dietro all’opposizione. Il presidente si è rifiutato di cambiare strategia di politica monetaria e ha anzi affermato che la Turchia sta combattendo “una guerra di indipendenza economica” che, a suo avviso, garantirà all’economia crescita, più posti di lavoro e maggiori investimenti. E visto che non c’è fine al peggio, il rischio ora è che alla follia monetaria si aggiunga anche una follia fiscale.
Ne parla Wolfango Piccoli di Teneo Intelligence nella sua nota “TURKEY: Monetary sanity long gone, fiscal sanity the next one to go?”. “La nomina di Benati – afferma Piccoli – darà probabilmente il via a un indebolimento significativo, nei prossimi mesi, della disciplina fiscale, visto che Erdogan ha bisogno di riguadagnare la sua popolarità” tra gli elettori. Così come ha detto lui stesso qualche giorno fa, il governo sta ultimando due programmi a sostegno dell’occupazione e delle esportazioni. Ulteriori iniziative simili dovrebbero essere annunciate nei prossimi mesi, al fine di conquistare la base degli elettori del partito AKP. Così come è stato durante il maandato di Albayrak da ministro delle Finnze, è probabile che il Fondo di Garanzia sui crediti venga usato in modo significativo per erogare prestiti alle aziende”.
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