Guerra in Ucraina: per l’Italia ci sarà un triplo danno economico
La guerra in Ucraina costerà un triplo danno economico per l’Italia per la generazione di energia elettrica, per il riscaldamento delle abitazioni e sul fronte produttivo per le imprese energivore. Così il Centro studi di Unimpresa secondo cui l’attacco russo in territorio ucraino ha già causato un rialzo rilevante delle quotazioni del gas oltre quota 100 euro per megawatt all’ora, con i picchi maggiori registrati giovedì, e del petrolio oltre quota 100 euro al barile.
A soffrire per l’aumento, assai rilevante, del prezzo delle materie prime energetiche, la nostra economia anzi, sottolinea Unimpresa, nessun altro paese europeo subirà conseguenze rilevanti come l’Italia.
Diversi gli scenari che vengono ipotizzati, con il peggiore secondo cui prevedendo una duratura tensione tra Mosca e Kiev, tutto ciò potrebbe portare a un razionamento, da parte della Russia, delle forniture di gas in Europa con una conseguente perdita del potere d’acquisto delle famiglie (che costringerebbe gli italiani ad attingere ai 1.604 miliardi di euro di riserve e risparmi depositati in banca), un calo di redditività delle aziende (che dovrebbero subire costi maggiori per la produzione) e un peggioramento dei conti pubblici (saranno indispensabili nuovi aiuti a famiglie e imprese, da realizzare in deficit).
Gas: le fonti italiane
L’Italia ha un consumo di 70-80 miliardi di metri cubi di gas all’anno e 18 miliardi di metri cubi di stoccaggio. Il livello di riempimento aveva raggiunto il 90% alla fine del mese di ottobre 2021, una situazione migliore di altri paesi europei, ma è sceso rapidamente. Nel 2000 la produzione italiana era piu’ di tre volte superiore. La grande maggioranza del gas naturale impiegato dall’Italia viene importato. La Russia è la prima fonte di provenienza e pesa per circa il 45% del metano estero. Poi vengono l’Algeria, che è cresciuta +76% nel 2021 fino a poco meno di un terzo dell’import, secondo i dati Mite-Dgisseg. E l’Azerbaijan del gasdotto Tap, entrato in funzione proprio dallo scorso anno in Puglia dopo anni di contesa con gli ambientalisti locali. Un aiuto per affrontare la crisi potrebbe arrivare dal rafforzamento del corridoio Sud e dal massimizzare i flussi dai gasdotti non a pieno regime a partire proprio dal Tap. Lo scorso anno ha pesato per circa 7 miliardi di metri cubi che potrebbero aumentare di 2 o 3 miliardi entro la fine dell’anno. Più a medio termine c’è il progetto di raddoppiare la capacità del gasdotto fino a 20 miliardi di metri cubi, che non avrebbe bisogno di modifiche infrastrutturali. Il test di mercato si concluderà, in anticipo rispetto alle previsioni, a luglio 2022 poi ci vorrebbero circa 4 anni per la realizzazione. Un altro modo per arginare la crisi viene dall’uso del gas naturale liquefatto (gnl), che viene trattato per essere stoccato e trasportato più facilmente, per esempio dagli Stati Uniti. Il gnl va riportato alla forma gassosa per essere riutilizzato in modo tradizionale. L’Italia ha però una limitata capacità di rigassificazione e solo tre impianti (Panigaglia, Rovigo e Livorno).
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