15:09 venerdì 30 Ottobre 2015

Investimenti: come orientarsi in un “mondo al contrario”

di Diana Bin, It Forum News

Un ambiente gestionale così difficile non l’ho mai visto. Così Andrea Delitala, responsabile investment advisory di Pictet Asset Management, commenta lo stato attuale dei mercati. Il motivo? L’intervento massiccio delle banche centrali, insieme ad altri fattori, ha fatto saltare completamente le normali correlazioni tra asset class, mandando momentaneamente in cantina anni e anni di studi basati sulla teoria classica. Ma andiamo con ordine.

Dott. Delitala, che cosa sta succedendo sui mercati?

Per rispondere occorre fare una doverosa premessa, ricordando gli assunti su cui si basa la teoria classica dell’asset allocation. Sappiamo che su un orizzonte temporale di lungo termine si può assegnare un rendimento atteso a ogni classe di attivo con una buona approssimazione. Ma più si accorcia il periodo di osservazione – per esempio a un anno – meno certezze ci sono, perché aumenta la volatilità e quindi la deviazione standard dall’expected return. Che fare allora? Proprio in base alla teoria classica, si cercano di combinare asset class che si comportano in modo diverso – tipicamente azioni e obbligazioni – affinché si compensino a vicenda riducendo la volatilità complessiva del portafoglio. Le correlazioni basse – cioè se le diverse asset class si muovono in modo indipendente o inverso – aiutano infatti a ridurre la volatilità e le correlazioni negative ancora di più. Nel caso limite di una correlazione negativa perfetta, il rischio di portafoglio sarebbe azzerato. L’idea alla base di questa metodologia – che resta valida e che deve rimanere nella mente di un gestore – porta a una conseguenza importante: quando ho trovato un portafoglio con volatilità ridotta al minimo, quindi ottimale dal punto di vista rischio-rendimento, la coda di possibilità negative si riduce, mentre aumenta la probabilità di ottenere il rendimento atteso. L’esercizio degli asset allocator è quindi quello di cercare asset class che, combinate tra di loro, riescano a contenere e ridurre la rischiosità del portafoglio.

Come funzionano le correlazioni?

In un mondo normale, quando cioè non eravamo tutti in balìa delle mosse future delle banche centrali, si guardava a cosa succedeva nell’economia. Quando miglioravano le stime di crescita, questo faceva bene alle azioni – dal momento che miglioravano le previsioni di utili societari – e i rendimenti salivano, creando una pressione al ribasso sui prezzi delle obbligazioni. Ecco spiegato perché quando una sale, l’altra scende.

Ma in alcuni casi questo equilibrio può saltare…

Già nel mondo “pre-Lehman Brothers” ci sono stati dei momenti di picco dell’inflazione in cui lo shock poteva far saltare questa correlazione. Oggi però sono molteplici i fattori che mettono in crisi questo modello. Del resto bisogna prendere atto che negli ultimi anni la situazione si è completamente trasformata. Un normale portafoglio statico italiano – composto al 70% da bond e al 30% da equity – rende attualmente circa la metà rispetto a prima della repressione finanziaria, e con volatilità maggiore.

Ma come mai siamo in una situazione di repressione finanziaria e quali sono i fattori che distorcono le “normali” correlazioni?

Dopo il crollo di Lehman Brothers e tutto quello che ne è seguito, l’economia Usa avrebbe avuto bisogno di tassi negativi per avere una super iniezione di liquidità. Non potendo farlo con il tradizionale strumento dei tassi di interesse, la Fed è intervenuta mettendo in campo tre round di quantitative easing, che hanno agito come tre botte di adrenalina all’economia statunitense. In Europa siamo arrivati tardi, infatti siamo in un ciclo ritardato di almeno tre anni. Tutto questo ha distorto molto di quel che succede in finanza – basti pensare che oggi i tassi di interesse su Bund e Treasury sono rispettivamente due e tre punti al di sotto di dove si dovrebbero trovare se il mondo non fosse radicalmente cambiato. Quando l’effetto su rendimenti e movimento del prezzo delle azioni non dipende dalle attese di crescita dell’economia, ma dal fatto che una banca centrale distorce il premio al termine e lo comprime, si provoca un allontanamento dal mondo normale che ribalta le correlazioni. In sostanza il QE ha agito come uno shock reflazionistico con effetti positivi congiunti su azioni ed obbligazioni mentre. Al contrario, quando una banca centrale dice che forse l’allentamento monetario sta per finire, lo shock diventa negativo sia sulle azioni, sia sulle obbligazioni allo stesso momento. Analogamente, ogni volta che la crisi europea peggiora, questo impatta negativamente su tutte le azioni e sulle obbligazioni europee periferiche, che sono vittima della sovversione della correlazione con l’equity europeo.

Come adattarsi?

Adottando un approccio flessibile, per compensare i bassi ritorni attesi e stimando la volatilità ex ante, cercando cioè di tenere conto dell’evoluzione delle correlazioni appunto: il che può giustificare una diversa costruzione del portafoglio anche a parità di ritorni attesi. E’ quello che stiamo facendo nella gestione del nostro fondo multiasset, Pictet Mago, per cui abbiamo da un lato abbassato la soglia della volatilità a un massimo (anziché budget) del 5%, dall’altro utilizziamo sempre più strumenti di copertura (sulla volatilità) essendo i decorrelatori naturali sempre meno efficaci.

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