Petrolio, prezzi in ritirata: sorgono dubbi su taglio produzione
I prezzi del petrolio battono in ritirata dopo la corsa di circa il +4% della vigilia. Il motivo della frenata è da ricercare nei dubbi sorti sull’impegno reale dei principali paesi esportatori della materia prima a ridurre effettivamente, come concordato pochi giorni fa, la produzione.
Sui mercati i future con scadenza gennaio sul Wti americano scambiano in calo di mezzo punto percentuale in area 52,58 dollari al barile (-25 centesimi). Il contratto con consegna febbraio sul Brent inglese cede invece lo 0,3% (-17 centesimi) attestandosi a quota $55,52 al barile. In Borsa il settore petrolifero sta schiacciando al ribasso i listini azionari in Europa (segui live blog).
Se implementato, l’accordo per tagliare la produzione di petrolio stretto da paesi membri dell’Opec lo scorso weekend dovrebbe spingere il valore del petrolio nella fascia di $60-$70 al barile. Significa che i mercati non credono del tutto alla retorica dell’Opec, riconoscendo i potenziali rischi che l’intesa non venga messa in pratica. Ieri le quotazioni hanno toccato i massimi da luglio 2015.
Breaking news
A settembre, il surplus della bilancia commerciale dell’Eurozona ha raggiunto 12,5 miliardi di euro, superando le aspettative degli analisti. Le esportazioni hanno visto un leggero aumento, mentre le importazioni sono diminuite. L’interscambio commerciale all’interno dell’area euro è calato, mentre l’intera Unione Europea ha registrato un surplus di 9,6 miliardi di euro.
La Borsa di Tokyo ha terminato la giornata in calo, influenzata dalle politiche restrittive della Fed e dal crollo dei titoli tecnologici in Asia, seguendo Wall Street. Mentre le banche hanno limitato le perdite, l’indice Nikkei ha perso l’1,09% e il Topix lo 0,73%. La BoJ si prepara a un aumento dei tassi a dicembre. Hong Kong in ripresa, Shenzhen e Shanghai mostrano andamenti contrastanti.
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