Turchia: Erdogan annuncia misure per blindare la lira. Obiettivo: frenare la corsa all’oro e ai dollari del popolo turco
Lira turca in preda a forti oscillazioni, dopo l’annuncio del presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan di un piano volto a frenarne la caduta: una caduta a cui ha contribuito in realtà lui, con una politica monetaria ultra-dovish che si è tradotta in un taglio dei tassi di riferimento principale di ben 500 punti dallo scorso settembre, fino all’ultimo taglio di 100 punti base della scorsa settimana.
La carrellata di tagli è avvenuta nonostante l’inflazione galoppante – non per niente etichettata come salita a novembre oltre il 21%. Ma nel paese in cui si parla ormai di follia monetaria, e in barba a tutti gli appelli arrivati dal mondo dell’imprenditoria e dagli economisti di fama mondiale, Erdogan ha continuato a ordinare alla banca centrale del paese di iniettare ulteriore liquidità nel sistema finanziario. Risultato: la svalutazione della moneta, che ha bruciato il 57% del suo valore dall’inizio dell’anno, capitolando di quasi il 30% soltanto nel mese di novembre a nuovi minimi record.
Gli ultimi sono stati testati nella sessione di ieri, quando la valuta è precipitata al nuovo valore più basso di sempre, pari a 18,36 nei confronti del dollaro Usa, dopo che Erdogan è arrivato addirittura a invocare l’Islam nel giustificare i suoi diktat di politica monetaria (chi ha osato opporsi all’interno della banca centrale, infatti, è stato defenestrato senza troppi problemi, governatori inclusi).
Così, in un discorso proferito nella giornata di domenica, 19 dicembre: “Qual è il punto? Stiamo abbassando i tassi di interesse. Non aspettatevi nulla di diverso da me”. Anzi: “Come musulmano, continuerò a fare quello che è richiesto dalla ‘nas’, parola turca che fa riferimento agli insegnamenti dell’Islam, equivalente di espressioni come ‘decreto divino’, ‘legge scritta’. Insomma, ormai in Turchia, stando alle parole di Erdogan, la politica monetaria è una fede, una religione, un credo monetario (commento: cosa non si fa per essere populisti). L’annuncio delle misure per blindare la lira ha innescato poi un rally della valuta, che è rimbalzata del 25% rispetto ai minimi record. Il balzo è stato il più forte degli ultimi 38 anni, dal 1983, a fronte dell’indice della volatilità a tre mesi sul rapporto dollaro-lira che, stando a quanto riporta Bloomberg, è volato del 53%, superando i livelli della crisi valutaria del 2018. Gli annunci di Erdogan hanno avuto un effetto anche sui titoli di stato, con i tassi del debito sovrano della Turchia con scadenza decennale precipitati di 90 punti base, al record dal mese di aprile.
Alle 12.30 pm di Istanbul, la lira ha ridotto i guadagni record per salire attorno a 12,9643 per dollaro Usa.
Segnali evidenti di tensione sono arrivati nelle ultime settimane non solo dalla lira turca ma anche dal mercato dei cds, i credit defaul swap, che proteggono gli investitori dal rischio di un eventuale default di una obbligazione: stando a quanto risulta dai dati di IHS Markit raccolti da Refinitiv – menzionati dal Financial Times i cds a cinque anni sono volati a 612 punti base, più che raddoppiando rispetto ai 300 punti base dell’inizio dell’anno. Come conseguenza delle misure annunciate, i cds sono scesi nelle ultime ore di 35 punti base a quota 589, continuando comunque a oscillare al massimo in più di un anno.
Forte tensione anche alla borsa di Istanbul, le cui contrattazioni sono state sospese ieri per la seconda seduta consecutiva nella giornata di ieri dopo che l’indice principale di riferimento, il Bist 100, è crollato fino a -5%.
Con le misure annunciate, Erdogan spera di convincere i risparmiatori a detenere lire, invece di convertirle, così come sta avvenendo, in dollari, oro e anche cripto asset. A tal proposito, una testimonianza arriva da un articolo pubblicato dal Guardian, che riporta l’intervista a Seda che, per ovvi motivi, ha preferito essere citata con il solo nome. Seda è stata intervistata mentre si trovava all’interno di una gioielleria, pronta a vendere i propri gioielli. Ma oltre a Seda ci sono tanti turchi che invece l’oro lo comprano, per proteggersi dalla crisi valutaria in corso nel paese.
Dal canto suo, intervistata nella gioielleria di Istanbul che si trova a Taksim Square, Seda è in trattative con il proprietario del negozio per capire quanto potrà racimolare con la vendita. Il negoziante chiama immediatamente un trader per aggiornarsi sulle quotazioni dell’oro. “Un tempo monitoravo il prezzo dell’oro una volta alla settimana. Ora lo controllo 50 volte al giorno circa”. Selda spiega che la sua intenzione è quella di acquistare una casa. “Io e mio marito siamo indecisi sul da farsi, perchè tutti i prezzi stanno oscillando. Non chiediamo un prestito perchè non sappiamo se potremmo ripagarlo visto che non sappiamo cosa accadrà alla valuta. Non so cosa fare”. Il marito di Seda è invece più deciso sul da farsi: “Mio marito sta puntando sui crypto – aggiunge Seda – In realtà sto cercando di fermarlo, e stiamo litigando per questo. Lui non ne vuole sapere della lira turca, ritiene che il futuro siano le criptovalute”.
Ci sono quelli, riporta sempre il Guardian, che preferiscono invece acquistare l’oro – strumento tradizionale di hedge per proteggersi dall’inflazione – o dollari. Il trader Hakki Liça riferisce al quotidiano britannico che la maggior parte dei suoi clienti preferisce i dollari: “Credo che sia più accessibile. 50 dollari sono meglio dell’oro”. Lica spiega che “il 70% circa dei clienti è costituito da turchi, che acquistano (dollari) in preda al panico. Molti hanno debiti che vogliono saldare”. E aggiunge sussurrando: “I turchi stanno comprando davvero tanti” (dollari).
Già l’economista Murat Kubilay nel suo articolo recente dal titolo ‘Turkey’s self-made currency crisis, aveva avvertito che in realtà sono “gli investitori domestici, ovvero i turchi stessi, l’elemento chiave che ha scatenato l’attuale crisi valutaria, con il loro desiderio di vendere la lira, innescato da un tasso di interesse (stabilito dalla banca centrale ‘puppet’ CBRT) più basso del tasso di inflazione
Con il piano annunciato ieri, Erdogan punta proprio a fermare la corsa all’oro e ai dollari del suo popolo: “D’ora in avanti – ha detto nel discorso proferito nella giornata di ieri – nessuno dei nostri cittadini avrà più bisogno di convertire i propri depositi in lira in valute estere, temendo che le fluttuazioni del tasso di cambio possano cancellare i guadagni che derivano dai pagamenti degli interessi”, ha detto. Detenete insomma lire, non dollari, è stato il messaggio del presidente: qualcuno lo ha ascoltato, visto che, secondo alcune indiscrezioni, risparmi del valore di $1-$1,5 miliardi sono stati convertiti in lira nella notte di lunedì. Il governo ha annunciato le seguenti misure per blindare la lira turca: le autorità offriranno Non Deliverable Forward (NDF) alle aziende esportatrici per mitigare il rischio di cambio provocato dall’alta volatilità della lira. Il non deliverable forward è uno strumento ad hoc che di per sè tutela dalle fluttuazioni del tasso di cambio, attraverso la definizione a priori per una data futura un tasso di conversione che interessa due valute. Erdogan ha precisato nel suo discorso che le società esportatrici riceveranno un future sul tasso di cambio attraverso la banca centrale. Un’altra misura annunciata è la decurtazione precisando che il governo decurterà al 10 per cenche il governo decurtazione al 10 per cento della ritenuta alla fonte sui pagamenti dei dividendi a carico delle società. Ancora, ” al fine di migliorare l’appetibilità del nostro sistema pensionistico privato, aumenteremo i contributi statali dal 5% al 30%”.
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