Usa: effetto petrolio. Licenziamenti +22% su base annua
Il numero dei licenziamenti nelle imprese statunitensi ha rallentato il ritmo a febbraio rispetto al mese precedente, passando dai 75.114 taglia a 61.599, per un calo del 18%. Ciononostante la variazione sul febbraio del 2015 resta indicativa: i licenziamenti sono stati il 22% in più. E’ quanto ha reso noto la società globale di outsourcing Challenger, Gray & Christmas.
A giustificare il trend è soprattutto il calo dei prezzi del petrolio, che ha spinto numerose aziende del settore nella direzione del downsizing: i tagli delle società legate all’energia hanno costituito il 40% del totale di febbraio, con 25.051 unità in meno.
Importanti anche i ridimensionamenti del settore tecnologico, che, nei primi due mesi dell’anno, vedono diminuire i dipendenti di 16mila unità, in crescita del 143% rispetto all’anno precedente.
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A Wall Street si apre una settimana in ribasso dopo il rally post-elettorale. Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, ha dichiarato che non c’è fretta di ridurre i tassi di interesse, mentre l’inflazione persiste. Con la prossima riunione della Fed in vista, le probabilità di un ulteriore taglio dei tassi sono diminuite. Gli indici Dow Jones, S&P 500 e Nasdaq aprono tutti in calo, mentre il prezzo del petrolio Wti scende.
Le vendite al dettaglio negli Stati Uniti hanno registrato un incremento dello 0,4% a ottobre, raggiungendo i 718,9 miliardi di dollari. Questo risultato ha superato le attese che erano di un +0,3%, consolidando un aumento del 2,8% rispetto allo scorso anno. Escludendo veicoli e carburanti, la crescita è stata dello 0,1%.
Le borse della Cina continentale chiudono in calo per il secondo giorno consecutivo, con investitori incerti sull’efficacia delle recenti misure di stimolo economico di Pechino. Nonostante le vendite al dettaglio siano aumentate del 4,8% a ottobre, la produzione industriale ha deluso le aspettative, crescendo solo del 5,3%.