di Antonino Papa
Prima o poi sarebbe accaduto, e prima o poi tutti gli stati africani si ribelleranno a decenni di colonialismo da parte di potentati occidentali, Francia in primis, che hanno stipulato accordi – “abusivi” e non – con governi autoritari al fine di accaparrarsi le risorse naturali di quello che è il più ricco continente del pianeta.
Queste dinamiche sono anche la causa degli ingenti flussi migratori verso l’Europa, in gran parte profughi provenienti proprio da nazioni occupate economicamente da Francia, ed altri, che in cambio di risorse hanno lasciato mani libere a dittatori sanguinari e repressori che affamano i popoli … in barba “all’esportazione della democrazia ed alla tutela dei diritti umani”.
Golpe in Niger, la destituzione dei colonialisti occidentali
Ciò che sta accadendo in Niger non è altro se non la punta dell’iceberg di una destituzione in piena regola dei colonialisti occidentali rappresentati, appunto, dai capi di stato che le popolazioni del continente nero, stanche di soprusi, stanno mandando via con il supporto della Russia che si sta espandendo, per ovvie ragioni economiche, adottando una politica più soft rispetto alla Cina; Putin, infatti, ha deciso di cancellare il debito a molti stati africani ed inviar loro grano gratuitamente, trasporto incluso.
Il vero oro del Niger si chiama Uranio, è infatti il primo fornitore dell’UE unitamente al Kazakistan (non a caso due nazioni ora vicine alla Russia più che mai). Ma non è la sola risorsa a scatenare la bagarre per il controllo del territorio, sebbene indiretto (ed ecco le truppe Wagner “a fianco” dei golpisti antifrancesi).
Petrolio, gas naturale, oro, diamanti e terre rare sono alla base del colonialismo e costituiscono, in questo momento di transizione mondiale, una polizza assicurativa economica per il futuro di un mondo sempre più dipendente dalle risorse presenti nelle terre rare, dallo stesso uranio e da un petrolio non ancora condannato bensì attuale risorsa fondamentale irrinunciabile.
Il golpe in Niger va, quindi, ben oltre la semplice cacciata dei francesi, sebbene da tempo la popolazione covava sentimenti d’odio verso i transalpini, e si insinua in una dinamica di ampio respiro per l’Europa ben più complicata di quanto si possa immaginare, non solo per la perdita del controllo sull’Uranio stesso.
In bilico gli equilibri che hanno garantito la sopravvivenza industriale degli europei
La destabilizzazione in atto, in tutto il continente africano, rompe quegli equilibri (di certo non basati su principi etici) che hanno sempre garantito la sopravvivenza industriale e commerciale degli europei e, soprattutto, sottrae alla Francia enormi quantità di introiti.
È sufficiente pensare al cosiddetto Franco CFA, ovvero la moneta che la Francia ha stampato per 14 stati africani fino al 2019 (tra i quali vi era anche il Niger, ora sono 6 gli stati interessati) controllando così le economie delle nazioni “aderenti” attraverso la politica monetaria che, di fatto, è decisa dalla Banca Centrale Europea in quanto il Franco CFA è ancorato all’euro con un tasso di cambio fisso e, fino all’abolizione dello stesso, in alcune nazioni vigeva anche l’obbligo di depositare il 50% delle riserve nelle casse del Tesoro Francese.
Ora il Franco CFA, per 8 delle 14 nazioni, è stato sostituito dall’ECO (sempre ancorato all’euro) e pertanto il controllo delle relative economie continua sotto altra forma e con meno profitti per la Francia.
Si pensi, pertanto, a quanto ha fruttato questo sistema all’Occidente presente in Africa da tempo immemore, quante compagnie petrolifere, di estrazione mineraria e raffinazione hanno contribuito a garantire alle nazioni di appartenenza PIL costanti ed elevati a danno, purtroppo, delle popolazioni sfruttate per manodopera a bassissimo costo.
A ciò si aggiungano i danni ambientali dovuti a smaltimento senza regole di scorie di vario genere, sfruttamento del suolo e relativo inquinamento che durerà per decenni soprattutto per i residui da lavorazione di elementi radioattivi. L’Africa è stata sfruttata e non tutelata ed oggi, ciò che sta accadendo, è una “ghiotta opportunità” per Russia e Cina per sovvertire gli equilibri economici in tutto il continente.
Il sodalizio tra Putin e Xi (che in realtà aveva già messo radici in Africa acquistando gran parte delle terre rare, ed altre risorse, con accordi stile occidente) estrometterà quasi del tutto l’Europa dal controllo degli stati attualmente “colonizzati” i cui abitanti, già stanchi e con sentimenti d’odio verso gli usurpatori, iniziano a manifestare sventolando bandiere russe grazie alle iniziative, di propaganda ed economiche, che Putin sta mettendo in campo per ottenere la benevolenza dei popoli “assoggettati” ai governi fantoccio approvati dal blocco occidentale.
Niger, l’Ucraina d’Africa
Potremmo definire il Niger come “l’Ucraina d’Africa” considerando il forte interesse di USA & Co per le ingenti risorse presenti sul territorio ucraino e le reali ragioni per le quali questo conflitto non si è voluto evitare (che non sono affatto quelle che ci raccontano ogni giorno).
L’Africa, quindi, si appresta a diventare il nuovo centro del mondo alla luce delle citate transizioni in atto che necessitano di materie prime presenti in gran parte del territorio; ciò, paradossalmente, non potrà che far “bene” all’Africa perché i nuovi colonizzatori instaureranno relazioni totalmente differenti da quanto fatto dall’Occidente in passato, cercando di instaurare il controllo diretto del territorio.
Sarà un do ut des che Russia e Cina applicheranno al fine di garantirsi lo sfruttamento delle risorse ed allo stesso tempo il consenso dei popoli; se esiste “un’arte” in cui russi e cinesi sono i primi è la propaganda attraverso cui riescono a vendere il rame per oro.
E non si pesi che ciò che sta accadendo in Niger, ed il fermento in tutta l’Africa, non abbiano alcuna connessione con le questioni Ucraina e Taiwan, al contrario…
Il disegno di cinesi e russi è il controllo completo delle materie prime necessarie per far girare l’economia del mondo e ciò passa attraverso pesi e contrappesi, partite e contropartite che hanno radici anche in Ucraina e Taiwan utilizzate come strumenti di negoziazione per condurre Stati Uniti ed Europa dove Putin e Xi Jinping vogliono che vadano.