Il premio Nobel per l’economia, Joseph Stiglitz è convinto che Donald Trump sia “una figura fascista”, che nella sua opposizione alla globalizzazione, non riuscirà ad aumentare il benessere della popolazione dei suoi elettori. Questi ultimi, com’è noto, hanno visto in Trump una possibilità di recuperare la centralità degli Stati Uniti nella produzione interna di beni, sotto il motto di “America first”. Secondo Stiglitz, intervistato dal Guardian, invertire l’integrazione economica internazionale alzando barriere commerciali, però, distruggerebbe le catene dell’offerta che si sono create, con la conseguenza di aumentare il prezzo dei prodotti e, in ultima analisi, il potere d’acquisto delle classi più basse.
Trump, però, sarebbe “fascista” nella visione dell’economista, non tanto per le visioni nazionalistiche in economia, bensì nell’ “attacco alla stampa e alle fondamenta della conoscenza che vanno al di là della stampa”.
“Non abbiamo mai avuto un presidente che giorno dopo giorno aver mentito non ne risentisse. Normalmente tutti quelli con cui hai a che fare sono legati da un senso di responsabilità e verità, ma non lui”, ha dichiarato Stiglitz, “penso che l’altra cosa vista con alcuni leader fascisti sta nell’aver usato il ‘noi contro loro’ come un modo per dividere la società”. E Trump avrebbe utilizzato il razzismo e la misoginia a tal proposito, ha affermato l’economista: “Per me è profondamente, profondamente inquietante”.
Stiglitz ha recentemente aggiornato il libro che nel 2002 aveva dedicato alla globalizzazione. A distanza di anni è emerso con maggiore chiarezza che anche il mondo sviluppato aveva da perdere da questo fenomeno, mentre allora il focus era concentrato sui Paesi in via di sviluppo. Secondo Stiglitz né il mondo avanzato né quello in via di sviluppo è contento della globalizzazione per via dei trattati commerciali che sono stati scritti da e per le corporation, a detrimento dei lavoratori in entrambi i “mondi”.