ROMA (WSI) – Come succede sempre in occasione della nascita di un nuovo governo, le scommesse sono aperte sulla scelta dei ministri. Alfano dagli Interni agli Esteri se Bonino si sfila, Delrio, Tabellini (ex rettore della Bocconi) o Padoan (ex Ocse, nuovo presidente Istat) al dicastero più complicato e ambito, quello dell’Economia, Quirinale al Centro Sinistra o al Centro Destra?
Ma un filone che non deve sfuggire di vista è quello delle nomine al vertice delle grandi aziende di cui il Tesoro detiene quote pubbliche, come Generali, Eni e Finmeccanica. È probabilmente uno dei motivi che ha spinto Renzi a premere sull’acceleratore e dare il ben servito a Letta. Ci sono almeno 100 alti dirigenti i cui contratti sono in scadenza in primavera.
“Il Partito democratico non è interessato alla discussione sugli uomini. Ma alle strategie aziendali sì. E su questo abbiamo molto da dire, vedrà”. Così aveva detto il Premier in pectore Matteo Renzi, in una intervista di fine anno al Fatto Quotidano, lanciando così un segnale chiaro sulla volontà di giocare un ruolo chiave sul rinnovo degli incarichi al vertice di buona parte delle società più significative di quanto resta dei principali gruppi del capitalismo italiano.
In vista della scelta dei politici e tecnici che guideranno il paese e del passaggio alle Camere lunedì per la fiducia, val la pena riportare i pronostici fatti dal lungimirante Fabio Tamburini il mese scorso. A giudicare dalle voci di corridoio, Paolo Scaroni sembra diretto verso Generali – un incarico che gli piacerebbe ricoprire nonostante le dichiarazioni di facciata di amore per Eni – mentre Gabriele Galateri di Genola punta alla poltrona di Telecom.
Renzi ha fatto sapere di essere interessato alle strategie aziendali dei grandi gruppi dell’industria italiana e non ai singoli nomi, ma chiaramente un politico come lui vicino al mondo dell’imprenditoria – De Benedetti, Farinetti (Eataly) e Della Valle (Tod’s) sono da tempo tra i suoi sponsor principali – subirà pressioni in questo senso.
“Le nomine sono in calendario per primavera – scrive Tamburini su Il Ghirlandaio – ma la partita è già aperta ed entrerà nel vivo a partire nelle prossime settimane. La posta in palio, in particolare, è la guida della società che, insieme alle Generali, rappresenta quanto di meglio offre l’economia italiana: l’Eni, una tra le maggiori compagnie petrolifere a livello internazionale. Ma le decisioni riguarderanno anche l’Enel (insieme alla controllata Enel green power, leader internazionale nella produzione di energie rinnovabili), Fimeccanica e Poste italiane.
Fino a poco tempo fa l’opinione prevalente sul toto nomine era che, eccezioni a parte, si andasse ad una conferma in blocco. Sia perché i manager al vertice delle società hanno tutti, chi più chi meno, rapporti consolidati bipartisan, sia perché il governo Letta risulta sostanzialmente conservativo dello status quo. La conferma in blocco aveva e, nonostante la variabile Renzi, mantiene due vantaggi fondamentali: garantisce continuità nella guida delle società in momenti che rimangono assai delicati perché la grande crisi (almeno sul mercato italiano) è tutt’altro che finita ed evita la rissa (sempre possibile considerando il fronte ampio e disomogeneo dei partiti che sostengono il governo). Ma il fattore Renzi ha riaperto i giochi e tutto diventa possibile, nonostante che il nuovo segretario del Pd abbia intelligentemente dichiarato che intende avere voce in capitolo sulle strategie aziendali e non sulle nomine in quanto tali. Resta il fatto che i cambiamenti non saranno facili.
Per quanto riguarda l’Eni va dato conto di una battuta dell’amministratore delegato, Paolo Scaroni. “La conferma mi piacerebbe”, ha ammesso a inizio dicembre, anche se da qualche tempo la possibilità del suo passaggio alla presidenza delle Generali trova molto credito. Attualmente l’incarico è ricoperto da Gabriele Galateri di Genola, che però, se lo scenario di Telecom Italia si chiarirà con l’entrata definitiva nell’orbita di Telefonica, è il candidato perfetto per la presidenza della società telefonica, essendo da lunga data in stretti rapporti con il numero uno del gruppo spagnolo, Cesar Alierta. Negli ultimi mesi, dopo l’uscita di scena del presidente di Telecom, Franco Bernabé, proprio Galateri è risultato tra i più attivi nel favorire l’accordo tra Telefonica e gli azionisti italiani di Telco, cassaforte degli azionisti di riferimento della società di telecomunicazioni (sono le stesse Generali, Intesa Sanpaolo, Mediobanca).
La riconferma di Scaroni all’Eni sarebbe il quarto mandato alla guida della multinazionale petrolifera e avrebbe il significato di premiare i buoni risultati raggiunti superando lo scoglio delle inchieste della magistratura milanese, che ha messo sotto tiro gli appalti internazionali della controllata Saipem, specializzata nelle infrastrutture del settore petrolifero. Scaroni, che in passato ha avuto incarichi nella Techint della famiglia Rocca, ai vertici del gruppo francese Saint-Gobain, dell’inglese Pilkington e dell’Enel, ha sostenitori coinvinti sia tra i partiti del centro sinistra sia nel centro destra, compreso il fronte berlusconiano. La permanenza in Eni permetterebbe di gestire un passaggio delicato: l’annunciata riduzione della quota azionaria di controllo pubblica, che rischia di indebolire la presa del ministero dell’Economia e di esporre la società al rischio scalata.
Il vantaggio della continuità di gestione rafforza le chance anche dell’amministratore delegato dell’Enel, Fulvio Conti, un altro manager di lungo corso. La sua gestione è caratterizzata da una operazione ambiziosa: la scalata alla spagnola Endesa, una delle poche iniziative di sviluppo prese da società italiane sui mercati internazionali, seguita allo stop incassato sul fronte francese, dove il governo bloccò il tentativo di rilevare Suez incoraggiandone la fusione con Gaz de France. In Spagna, invece, il blitz è riuscito lanciando una offerta pubblica sull’intero capitale di Endesa, la principale azienda elettrica spagnola, ma la tempistica non è stata fortunata perché ciò è avvenuto proprio alla vigilia della grande crisi economica. Il prezzo pagato, di conseguenza, è risultato assai elevato, dando origine ad un indebitamento di gruppo che pesa come un macigno sui conti aziendali.
Nei mesi scorsi Conti è riuscito a mantenere gli impegni con la comunità finanziaria portandolo sotto quota 40 miliardi di euro, che però rimangono davvero tanti. Ecco perché proprio lui, che nasce come manager nel ruolo di responsabile amministrazione, finanza e controllo, viene considerato la soluzione migliore per assicurare continuità di rapporti con il mercato finanziario. Il problema non è di poco conto e, per rendersene conto, basta ricordare le massicce emissioni di bond con cui l’Enel ha finanziato la riduzione del debito, pagando interessi elevati, dal 7 al 9 per cento. A cascata, sempre per quanto riguarda il gruppo, verrà definito l’incarico di amministratore delegato dell’Enel green power, presente in 16 Paesi (soprattutto in Europa e Sud America) ma la conferma di Francesco Starace (amministratore delegato con esperienze in General Electric, Abb e Alstom) appare scontata.
Così come risulta solido il tandem che guida Finmeccanica, formato dall’amministratore delegato Alessandro Pansa e dal presidente, Gianni De Gennaro. Il gruppo è reduce da un lungo periodo di assoluta instabilità, con il vertice travolto dalle inchieste giudiziarie, e ha ritrovato un certo equilibrio soltanto pochi mesi fa. Giusto il tempo per definire nuove strategie e muovere i primi passi. La scelta più importante è la concentrazione delle attività nell’aeronautica, nella elicotteristica, nella difesa e nello spazio. Da essa discende il disimpegno da altri settori come l’energia e i trasporti, ma anche la volontà di riprendere ad avere voce in capitolo su un’azienda tecnologicamente avanzata: la Avio, controllata dal fondo britannico Cinven. Difficile immaginare che i cambiamenti in arrivo riguardino Finmeccanica.
Come si vede la volontà di contare espressa da Renzi non sarà facile da tradurre in cambiamenti concreti. E sarà così anche nel caso delle Poste italiane. L’amministratore delegato Massimo Sarmi era la candidatura più debole per la riconferma ma si è rafforzato non poco dopo l’entrata in Alitalia chiesta dal presidente del consiglio Enrico Letta. Insomma, in politica Renzi ha fatto gol ma fare altrettanto nella partita delle nomine rischia di rivelarsi perfino più difficile”.