Dall’intervento di Jerome Powell a Jackson Hole, i mercati hanno ripreso a salire e la Borsa Usa è salita su nuovi massimi assoluti con importanti violazioni tecniche al rialzo messe a segno da S&P 500, Nasdaq e Russell 2000.
Charlie McElligott, head of cross-asset strategy di Nomura, ritiene che il dollaro dovrebbe continuare a indebolire e il meercato azionario a crescere di livello per via di una convinzione sempre più diffusa tra gli operatori secondo cui la Federal Reserve interromperà il ciclo di rialzo dei tassi di interesse nel 2019, accontentando quindi Donald TrumpS.
Il presidente Usa, che preferirebbe un dollaro non troppo forte, si era lamentato per le politiche monetarie troppo aggressive di Powell e colleghi. Sul Forex il dollaro Usa si muove in posizione laterale oppure al ribasso da qualche giorno e questo elemento è positivo per la Borsa Usa e le materie prime, denominate in dollari.
Le commodity hanno registrato un progresso in cinque delle ultime sei sedute. A influire sugli scambi sono una serie di fattori.
- La Banca centrale cinese ha rafforzato il fixing sullo yuan con l’obiettivo di stabilizzare la moneta nazionale, la quale è in positivo da 14 sedute;
- l’euro è in rialzo di 350 pips dai minimi di un anno toccati due settimane e nonostante gli ultimi dati sulla fiducia in Italia dovrebbe continuare a rafforzarsi;
- i mercati emergenti sono contrastati, con la lira turca che continua a cedere terreno ma non nei confronti delle altre divise dei paesi in Via di Sviluppo.
A provocare la debolezza del dollaro non sono soltanto le ultime mosse della Banca cinese. Secondo il team di strategist di Nomura ci sono due modi possibili perché un calo del dollaro avvenga:
- quello “soft”: la ripresa dell’inflazione consentirà alla fine alla Bce di normalizzare le sue politiche, mentre la Fed si avvicina alla fine del suo ciclo di strette monetarie;
- quello “hard”: una recessione globale che porterà a un irripidimento della curva in Usa, costringendo la Fed a tagliare il costo del denaro; da parte sua la Bce non può fare altrettanto essendo a corto di munizioni.
L’inversione della curva dei rendimenti è un aspetto chiave come ha sottolineato la Fed di San Francisco in un paper pubblicato di recente. Lo scenario che vede altri due rialzi dei tassi nel 2018 – a settembre e in dicembre – e poi una pausa all’inizio del 2019 appare quello più probabile.
In questo contesto, osserva la banca giapponese, “gli investitori stanno fiutando la possibilità di una pausa della Fed a inizio 2019. Guardando alla proiezione dei Fed Funds, la chance di una stretta a marzo 2019 viene data dal mercato solamente al 50% oggi, in calo dal 63,5% di meno di un mese fa (vedi grafico)
Insomma, ci troviamo vicini alla fine della “divergenza di politica monetaria” tra Stati Uniti ed Eurozona che è stato uno dei principali elementi a sostegno del dollaro Usa sul Forex negli ultimi tempi.