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“Non avremo piu’ i soldi per pagare le pensioni”

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ROMA (WSI) – Nuovo affondo di Beppe Grillo che dice: “presto finiremo i soldi per pagare le pensioni”. Ennesima trovata populista, oppure vi è un fondo di verità in ciò che dice?

Per capire la veridicità delle affermazioni non ci rimane altro che prendere i dati ufficiali Istat e provare ad interpretarli. Gli ultimi disponibili sono relativi al 2010, anno rispetto al quale alcune condizioni economiche sono mutate. Nel 2011 l’Ocse aveva emesso un “alert” nei confronti del nostro Paese, poiché le pensioni rappresentavano il 14,1% del Pil. Siamo i più alti al mondo, dato che la media degli altri Paesi era del 7%. L’invito era a sostenere l’occupazione per gli over 50. Diciamo che la Fornero ha interpretato un po’ a modo suo il monito: ha alzato l’età pensionistica, lasciando in braghe di tela migliaia di esodati; troppo vecchi per lavorare e troppo giovani ritirarsi.

Incentivi all’occupazione? Impossibili. Il mercato attuale è talmente contratto da non riuscire ad assorbire nemmeno i giovani: il 38,7% è disoccupato e quasi 3 milioni di quelli occupati sono precari. L’andamento generale della disoccupazione è in costante crescendo: abbiamo raggiunto il record dell’ 11,7%. Non c’è quindi strutturalmente spazio per dare una speranza agli over 50.

Dal 2010 a oggi, come dicevo, le cose sono peggiorate: il Pil si è contratto e sempre più disoccupati e precari, con stipendi da fame, fanno sì che la platea contributiva vada tendenzialmente ad abbassare l’importo versato. Ecco perché nell’ultimo anno sono aumentate le trattenute nelle buste di chi ancora ha un lavoro stabilmente retribuito. Morale, se assumiamo come “fissi” i costi pensionistici del 2010, il Pil in diminuzione fa sì che il rapporto Pensioni/Pil sia presumibilmente crescente.

Qual era la situazione nel 2010?

Il primo dato interessante riguarda il peso delle pensioni in rapporto alla ricchezza prodotta: il valore più basso a Bolzano, mentre quello più alto in Liguria. In generale il peso pensionistico sul Pil regionale è del 15,6% al Nord-Ovest, del 14,9% al Nord-Est, del 16,5% al centro e del 19,6% al Sud. Un primo risultato: il costo di chi percepisce un reddito senza lavorare è decisamente più alto al Sud rispetto alla ricchezza prodotta. Ogni 100€ di ricchezza prodotta 20€ servono per pagare le pensioni. La media italiana è di 16,6€.

Secondo dato interessante (evidenziato in giallo): nel Mezzogiorno quasi 2 milioni di pensioni sono di carattere assistenziale, cioè le cosiddette pensioni sociali erogate a tutti coloro, sopra i 65 anni, senza un reddito sufficiente per poter sopravvivere (generalmente, quindi, chi non ha versato sufficienti contributi durante la sua età lavorativa). Ecco, dunque, che lo Stato si fa carico di loro. Nel Mezzogiorno sono, come numero, molto prossimi all’intero Centro-Nord messo insieme.

Guardiamo ora il rapporto per regione delle pensioni sul Pil.

I rapporti si mantengono costanti fino al 2008, salvo poi incrementare nel 2009. Questo è molto probabilmente dovuto al fatto che nel 2009 il nostro Pil si è contratto drasticamente. ll numeratore, dunque, del rapporto è diminuito e il rapporto stesso è aumentato. Un movimento simile sarebbe molto verosimile nel 2012, dato che abbiamo registrato un calo di prodotto interno del 2,7%.

Con quale importo si va in pensione?

Fatto 100 l’importo medio in Italia, registriamo le seguenti distribuzioni: nel Lazio si registrano gli importi più alti (+15% rispetto al valore medio), seguiti dalla Lombardia. Il Veneto è in perfetta media e il Molise è un 20% sotto.

Ed ora il dato senza dubbio più interessante, ovvero l’indice di beneficio relativo, cioè il rapporto percentuale tra l’importo medio della pensione e il Pil per abitante. In poche parole ci dice se un pensionato ha un reddito in linea, più alto o più basso della ricchezza della regione.

Sorpresi ? Ai primi posti ci sono tutte regioni del Sud. Tradotto in soldoni: i pensionati del Sud hanno un reddito sproporzionato rispetto alla ricchezza prodotta dalle loro rispettive regioni.

In testa la Campania, poi Sicilia, Puglia e Calabria. Agli ultimi posti Valle d’Aosta, Bolzano, Emilia e Lombardia.

La tabella sopra espressa e quella relativa all’importo medio pensionistico non sono in antitesi tra loro; ci offrono anzi un dato significativo: un pensionato al Nord ha una pensione più alta di un corrispettivo al Sud ma disallineata per difetto rispetto alla ricchezza prodotta nel suo territorio. In Lombardia chi lavora ha un reddito tendenzialmente superiore rispetto ad un pensionato lombardo, in Campania vale il contrario.

E’ quindi chiaro che, soprattutto al Sud, la ricchezza prodotta non basta per reggere il peso delle pensioni erogate.

Sintetizzando i dati sopra discussi: nel 2010 ogni 100€ di Pil prodotti, 16,5 servivano per pagare le pensioni. Molti trattamenti pensionistici, soprattutto al Sud, sono di carattere assistenziale, quindi erogati a chi ha effettuato, o non ha effettuato del tutto, versamenti che gli garantiscano un reddito di sussistenza. Sempre al Sud i redditi pensionistici percepiti sono disallineati rispetto alla ricchezza prodotta nel territorio di appartenenza.

Il sistema è sbilanciato territorialmente e troppo costoso.

Ad oggi, visto il trend del Paese in degrado, il quadro potrebbe essere ancora peggiore. Ha davvero torto Grillo?

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da Rischio Calcolato – che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

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