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Nucleare: Europa spaccata in due, cosa succede adesso

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Mentre gas ed elettricità sono sempre più cari in Europa, la proposta della Commissione europea di cambiare la tassonomia dell’energia inserendo gas naturale e l’energia nucleare come fonti verdi ha riaperto un dibattito che va avanti da decenni.

Quando si parla di energia nucleare, il Vecchio Continente è di fatto diviso in due: un gruppo di paesi, tra cui la Francia, che usa il nucleare e che intende aumentare le sue centrali, e un altro gruppo che invece ha dismesso decenni fa le sue centrali, come l’Italia (le quattro centrali nucleari italiane furono tutte disattivate a partire dal 1986, a seguito di un referendum), o che lo sta facendo in questi anni, come la Germania.

Quest’ultima, dopo il disastro di Fukushima, nel 2011, ha deciso che di dismettere tutte le centrali. Un decennio dopo, la più grande economia del continente ha già chiuso quasi tutta la sua capacità. Il resto verrà spento alla fine del 2022, nel momento i cui l’Europa si sarebbe trovata impantanata in una delle peggiori crisi energetiche della sua storia.

A questo proposito della spaccatura europea sul nucleare, una articolo pubblicato su Bloomberg spiega:

“I prezzi dell’energia elettrica all’ingrosso sono più di quattro volte quelli che erano all’inizio della pandemia di coronavirus. I governi devono intraprendere azioni di emergenza per sostenere i consumatori domestici e industriali di fronte a fatture paralizzanti, che potrebbero aumentare se la tensione sull’Ucraina dovesse intensificarsi. La crisi non ha solo messo in luce le vulnerabilità dell’approvvigionamento dell’Europa, ma anche le radicate divisioni culturali e politiche sull’industria nucleare e l’incapacità di forgiare una visione collettiva”.

Nucleare: Europa divisa in due

Sulla questione nucleare, la produzione è spaccata in due: ci sono 13 paesi che hanno reattori nucleari attivi (Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Germania, Spagna, Francia, Ungheria, Paesi Bassi, Romania, Slovenia, Slovacchia, Finlandia e Svezia) e 14 paesi che non producono energia nucleare e che, al massimo, ospitano nel loro paese un singolo reattore per scopi di ricerca (Danimarca, Estonia, Irlanda, Grecia, Croazia, Italia, Cipro, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Austria, Polonia, Portogallo).

Secondo Thierry Breton, commissario per il mercato interno dell’UE, l’Europa dovrà investire 500 miliardi di euro nel nucleare nei prossimi 30 anni per soddisfare la crescente domanda di elettricità e raggiungere i suoi obiettivi di riduzione del carbonio.

Mentre l’Europa è divisa, altre regioni si stanno muovendo velocemente. Come la Cina che sta investendo centinaia di miliardi di dollari nel settore, e intende costruire 150 nuovi reattori nei prossimi 15 anni. Anche la Russia sta costruendo nuove centrali sul proprio territorio e ha più di 20 reattori confermati o pianificati, secondo la World Nuclear Association.