A cura di Matteo Oddi
Ieri il governo del neo-premier Giuseppe Conte ha incassato la fiducia al Senato, mentre oggi tocca alla Camera.
In questi giorni il dibattito politico ha dato ampio spazio alle posizioni euroscettiche della coalizione formata da Lega e Movimento Cinque Stelle, e alle eventuali ricadute su spread e mercati, oltre a proposte come il reddito di cittadinanza e la flat tax, ma nelle pagine del contratto di governo presentato dalla coalizione formata da Lega e Cinque Stelle fanno capolino anche parole come fintech e blockchain, il sistema del registro distribuito e decentralizzato che sta alla base delle criptovalute come il bitcoin.
In particolare il M5S fa intendere di voler introdurre la tecnologia blockchain nella speranza di rendere più efficienti e trasparenti le transazioni finanziarie e la pubblica amministrazione. La blockchain viene inoltre citata come un possibile strumento utile in riferimento alla crisi degli istituti bancari come il Monte dei Paschi di Siena.
Ovviamente al momento è difficile valutare la reale sostanza di queste affermazioni. Ad ogni modo va fatto notare che almeno un membro dell’esecutivo, il Ministro per gli affari europei Paolo Savona, può effettivamente vantare un’esperienza nel board di un fondo di investimento che usava proprio la blockchain, una tecnologia di cui gli stati sovrani dovrebbero servirsi “per dare vita a un nuovo sistema dei pagamenti, di investimento dei risparmi e di concessione del credito”.
E sembra che qualcosa si stia muovendo anche fuori dalla scena politica. Due giorni fa Abi Lab, laboratorio tecnologico dell’Associazione Bancaria Italiana, ha annunciato il lancio di test relativi ai processi interbancari.
Queste sperimentazioni coinvolgeranno 14 istituti finanziari “con l’obiettivo di conseguire i vantaggi derivanti dalla trasparenza e visibilità delle informazioni, dalla maggiore velocità di esecuzione delle operazioni e dalla possibilità di effettuare verifiche e scambi direttamente sull’applicazione”.
L’Italia, in uno scenario simile, potrebbe assicurarsi una certa rilevanza all’interno della mappa del settore, almeno in Europa. Il gap tra il nostro paese e realtà come la Crypto Valley svizzera e la Blockchain Island maltese è destinato a ridursi? Di certo gli ultimi sviluppi hanno attirato l’attenzione degli addetti ai lavori.
“La blockchain ha il potenziale per rinnovare il sistema attuale attraverso l’automazione dei processi manuali, la riduzione delle frodi e il miglioramento dei controlli inerenti il rilascio di licenze e autorizzazioni. Sono tutte caratteristiche apprezzate soprattutto dai paesi dove la fiducia nelle istituzioni vacilla e il rischio corruzione è un problema rilevante”, secondo Anatoliy Knyazev di EXANTE, primo broker al mondo a lanciare un fondo in bitcoin.
Intanto le startup blockchain italiane sperano di aver trovato un interlocutore nel nuovo governo.
Lorenzo Giustozzi, direttore dell’associazione Blockchain Education Network Italia, ritiene che la blockchain merita di essere messa alla prova in campi come la validazione delle operazioni elettorali, i mezzi di identificazione, la fornitura di beni e la gestione dei dati.
Ma soprattutto, dice Giustozzi, “l’obiettivo dei legislatori dovrebbe essere quello di fermare le società blockchain che si spostano all’estero, aiutando invece quelle che scelgono di rimanere” in Italia.