Nuovo scandalo per Facebook. Un’inchiesta del New York Times getta dubbi sulle modalità con il social network ha gestito per anni i dati personali dei suoi utenti, condividendo con altre aziende molte più informazioni di quanto avesse finora esplicitamente ammesse.
Facebook avrebbe fornito ad alcune delle più grandi aziende tecnologiche del mondo, più di 150, per lo più del settore tecnologico, ma anche società che si occupano di media, prodotti finanziari e automobili. Ai loro siti e applicazioni fu consentito di attingere dai dati di centinaia di milioni di persone registrate a Facebook, un accesso molto più intrusivo ai dati personali degli utenti.
Il New York Times ha intervistato oltre 60 persone tra cui gli attuali e gli ex dipendenti di Facebook, suoi partner, ex funzionari governativi e sostenitori della privacy e ha esaminato oltre 270 pagine di documenti interni di Facebook.
Per anni condivisi dati personali utenti con gruppi hi-tech
La scoperta va ben oltre lo scandalo della raccolta dati di Cambridge Analytica. Secondo i documenti interni consultati, per anni Facebook strinse accordi mirati con aziende come Amazon, Microsoft, Apple, Spotify e Netflix per condividere grandi quantità di dati, senza avvertire gli utenti. Il social network di Marck Zuckerberg ha così permesso al motore di ricerca di Microsoft Bing di vedere i nomi di quasi tutti gli amici degli utenti di Facebook senza il loro consenso.
A Netflix e Spotify è stata data la possibilità di leggere e cancellare i messaggi privati degli utenti di Facebook, così Facebook ha anche permesso a Spotify, Netflix e alla Royal Bank of Canada di leggere, scrivere e cancellare i messaggi privati degli utenti, e di vedere tutti i partecipanti su un thread.
Facebook in un comunicato ha risposto all’articolo del New York Times affermando che i suoi partner non hanno mai avuto la possibilità di sottovalutare la privacy degli utenti, aggiungendo che non fossero in grado di utilizzare i dati per scopi diversi da quelli dichiarati.