BAGHDAD (WSI) – L”appuntamento è alle nove in diretta Tv dalla Casa Bianca (le tre del mattino in Italia): il presidente Usa Barack Obama parlerà alla nazione e cercherà di convincere gli americani della necessità di una vasta offensiva, anche militare, contro la minaccia jihadista in Iraqe in Siria. Senza però trascinare l’America in una nuova guerra.
“No boots on the ground”, nessuno invio di truppe, dunque. Indiscrezioni sul discorso per ora non trapelano, ma è probabile che questa frase Obama la ripeterà più volte guardando fisso nelle telecamere, sapendo di rivolgersi a un’opinione pubblica stufa di oltre un decennio di guerre, a partire da quella in Afghanistan iniziata all’indomani degli attentati dell’11 settembre 2001.
Avanti invece con i bombardamenti aerei (proseguiti anche nelle ultime ore nell’ovest dell’Iraq) per agevolare il compito delle forze irachene, curde e sunnite che combattono l’esercito dello stato islamico sul campo. Con Obama che sarebbe pronto a dare il via libera ai raid anche sulla Siria. E secondo la Casa Bianca – come riporta il Washington Post – non ci sarebbe bisogno dell’autorizzazione del Congresso, visto che di fronte alla protezione della sicurezza nazionale il presidente avrebbe l’autorità per decidere da solo. Avanti anche con la creazione di un’ampia coalizione internazionale che sia in grado di aggredire e indebolire l’influenza dell’Isis agendo su più fronti. Col segretario di Stato, John Kerry, partito per un’offensiva diplomatica in Medio Oriente dove incontrerà i ministri degli esteri di Egitto, Giordania Turchia, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Qatar , Kuwait, Barhein e Oman.
Confortano la Casa Bianca gli ultimi sondaggi, che mostrano come il consenso verso i bombardamenti aerei in Iraq e Siria sia decisamente aumentato rispetto solo a qualche settimana fa. Complice, probabilmente, anche l’orrore per i video con cui l’Isis ha mostrato la decapitazione dei due reporter americani James Foley e Steven Sotloff. Mentre la popolarita’ di Obama rimane ai minimi di sempre, con la gran parte degli americani che non lo vede come un leader forte. E che critica una politica estera troppo cauta e, per molti, fallimentare. E proprio questa immagine che Obama cercherà di contrastare in quello che alcuni osservatori non esitano a definire il discorso più importante e delicato della sua presidenza. E fondamentale per la Casa Bianca sarà ottenere l’appoggio del Congresso.
Perché se è vero che il presidente, in presenza di una minaccia della sicurezza nazionale, può ricorrere ai suoi poteri anche per l’uso della forza militare, é altrettanto vero che il sostegno di Camera e Senato può garantire una maggiore efficacia della sua strategia, e una sua maggiore accettazione da parte dell’opinione pubblica. Ma il presidente – come scrive il New York Times – deve fare i conti con un Congresso diviso. Molti vorrebbero arrivare a un voto che autorizzi l’uso della forza. I leader delle due camere – che Obama ha ricevuto nello Studio Ovale per illustrare nel dettaglio il suo piano – non sono invece del tutto convinti che questa sia la strada giusta: vorrebbero evitare un voto che potrebbe avere conseguenze imprevedibili a otto settimane dalle elezioni di midterm, quelle di metà mandato, in programma il 4 novembre.
Intanto Obama lunedì sera ha sottoposto il piano anti-Isis anche a diversi esperti di politica estera, invitati a cena alla Casa Bianca, per raccogliere giudizi e suggerimenti. Attorno al tavolo anche alcuni stretti consiglieri di tre ex presidenti – George Bush, Bill Clinton e Jimmy Carter – che lavorarono rispettivamente ai piani della guerra in Iraq, a quelli del conflitto in Kosovo e alla crisi degli ostaggi americani in Iran. Proprio alcuni partecipanti a questo meeting avrebbero fatto trapelare le indiscrezioni sulla volontà del presidente di avviare al più presto raid aerei anche sulle roccaforti jihadiste in Siria.
Intanto oggi visita a sorpresa in Iraq del segretario di Stato Usa, John Kerry al neopremier iracheno Haidar al-Abadi. Kerry si trova a Baghdad nell’ambito della missione che lo vede impegnato a creare una coalizione contro i jihadisti dell’Isis, dilagati dalla Siria in Iraq.
Nel corso della sua visita Kerry discuterà di “come gli Stati Uniti possono incrementare il sostegno al nuovo governo iracheno nello sforzo comune di sconfiggere l’Isis e la minaccia che pone all’Iraq, alla regione e al mondo”, ha spiegato la portavoce del dipartimento di Stato americano, Jen Psaki.
Nell’agenda del capo della diplomazia di Washington, incontri con il presidente iracheno Fuad Masum, il presidente del Parlamento, Salim al-Juburi, e il ministro degli Esteri, Ibrahim al-Jaafari.
La formazione di un governo iracheno inclusivo lunedì scorso è stata fortemente sostenuta dagli Usa e rappresenta un primo passo nella giusta direzione, ha commentato una fonte del dipartimento di Stato americano. Kerry sarà poi a Gedda e consulterà i Paesi del Golfo, oltre a Egitto, Turchia e Giordania.
(Ansa-Rainews24)