Dal lato della performance, i green bond sono più forti dei bond tradizionali sia a livello aggregato che nei settori analizzati, presentando a parità di duration e rating uno yield più basso
di Alessia D’Imperio e Paolo Ceccherini
In questi ultimi anni sempre più investitori sono attratti verso le obbligazioni green, che stanno acquisendo una crescente rilevanza grazie anche alle spinte delle politiche fiscali e monetarie verso un sistema economico e sociale più sostenibile. Ma come si comporta questo tipo di strumento attento all’ambiente in termini di rendimento e liquidità rispetto alle obbligazioni tradizionali?
A questa domanda cerca di rispondere la ricerca sviluppata dal team condotto da Paolo Ceccherini, composto da Annarita Vicidomini, Marco Occhipinti e Alessia D’Imperio sotto la supervisione e coordinamento del prof. Michele Patanè dell’università di Siena, il cui obiettivo è quello di valutare l’inserimento di tali strumenti finanziari all’interno di un portafoglio obbligazionario. Lo scopo dell’analisi è stato quello di individuare, tramite un’indagine empirica basata su un confronto tra green bond e corporate traditional bond, quale delle due categorie fosse più performante e più liquida nel mercato.
Nella prima fase l’analisi è stata condotta su un campione di corporate bond europei in euro ed estesa ai principali settori: banche & assicurazioni; servizi pubblici integrati; produzione di energia elettrica; immobiliare. Nella seconda fase sono stati simulati e confrontati due portafogli “Green” e “Traditional”, simili in termini di asset under management, rating e duration.
Il processo di selezione dei green bond parte dallo screening dei titoli che compongono i portafogli di dodici fondi contenenti esclusivamente questa tipologia di strumenti finanziari. Da questo universo sono stati selezionati 240 corporate green bond, posti a confronto con 939 corporate bond tradizionali, costituenti l’indice Bloomberg Barclays Corporate Bond. Per rendere confrontabili gli strumenti green con quelli traditional sono stati raggruppati e suddivisi in panieri di titoli con le medesime caratteristiche in termini di: intervallo di duration; classe di rating; settore di appartenenza.
I panieri di titoli così selezionati sono stati valutati sulla base del rendimento medio a scadenza (Yield to maturity – Ytm) per quanto concerne la performance e sulla base del Liquidity score (Lqa) per quanto riguarda la liquidità.
I green bond battono i bond tradizionali
Dal lato della performance, i green bond battono i bond tradizionali sia a livello aggregato che nei settori analizzati, presentando a parità di duration e rating uno yield più basso (Ytm). Questo indica che a parità di rischiosità, il mercato riconosce un prezzo maggiore ai titoli green rispetto ai tradizionali.
Tra i settori, il comparto che registra il miglior risultato in termini di performance è quello relativo alla Produzione di energia elettrica dove nell’80% dei casi i panieri composti da green bond battono i panieri composti da titoli tradizionali.
Sul fronte della liquidità, i green bond risultano ancora leggermente meno liquidi rispetto a quelli tradizionali. A livello settoriale esistono delle marcate differenze, in particolare i bond tradizionali risultano ancora decisamente più liquidi nel settore Banche & assicurazioni (solo nel 33% dei casi analizzati i green bond risultano più liquidi dei tradizionali).
Mentre su altri settori i risultati si capovolgono, in particolare nel settore dei Servizi pubblici integrati (62% dei casi green bond più liquidi dei tradizionali) e al settore relativo alla Produzione di energia elettrica (76% dei casi green bond più liquidi dei tradizionali). Nell’immobiliare, infine, i livelli di liquidità sono essenzialmente allineati (50%) tra le due categorie di bond.
I due portafogli simulati
Infine, sono stati messi a confronto i due portafogli, uno composto interamente da green bond e l’altro da bond tradizionali, costruiti sulla base dei seguenti vincoli: parità di duration, (5 anni); parità di rating, (singola A); medesimo ammontare di aum (asset under management totale del portafoglio pari a 8 mln di euro, di cui 1 mln per ogni rating class); stesso quantitativo di bond (36) per ogni tipo di portafoglio costruito.
I risultati di quest’ultima analisi confermano che in termini di performance lo yield medio totale del portafoglio green (0,155) risulta inferiore a quello tradizionale (0,301), confermando la disponibilità da parte del mercato di pagare un prezzo più alto per questi titoli a parità di fattori di rischio.
Invece, per quanto concerne la liquidità, i bond tradizionali risultano leggermente più liquidi rispetto ai green. In particolare in una scala tra 0 e 100, Lqa score del portafoglio green è risultato pari a 82,7 e quello del portafoglio traditional a 84,2, comunque con scarto molto contenuto e liquidità dei due portafogli molto vicina.
In conclusione i risultati ottenuti vogliono essere una prima verifica empirica che si pone l’obiettivo di avviare un dibattito sull’effettiva convenienza finanziaria a investire in green bond rispetto alle obbligazioni “tradizionali”. In prospettiva, si potrebbe assistere a un ulteriore allargamento del differenziale di rendimento (negativo) esistente tra i green bond rispetto alle obbligazioni tradizionali, unito a un completo allineamento della liquidità, data la crescita dell’offerta per questo tipo di strumenti di debito, unita alla maggior domanda da parte degli investitori soprattutto istituzionali.
L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di gennaio del magazine Wall Street Italia.