NEW YORK (WSI) – La Cina è appena entrata in una guerra valutaria? Lo yuan ha segnato un calo overnight dello 0,29%- il più grande dallo scorso settembre e la seconda svalutazione più forte da marzo -, attestandosi in linea con il tasso fisso stabilito dalla Banca centrale della Cina, per la prima volta in più di tre mesi.
A tal proposito, è bene ricordare che il tasso di cambio cinese è controllato dalle autorità governative, in modo particolare dalla banca centrale People’s Bank of China (PBoC), che gestisce il valore della valuta fissando un tasso USD/CNY in ogni giorno di contrattazioni. Questo è il cambio che si applica agli scambi commerciali per o dalla Cina. La valuta viene comunque lasciata fluttuare in una banda di oscillazione del 2% circa.
Il trend dello yuan, che si è riallineato al fixing della banca centrale, dimostra secondo S&P che il recente taglio dei tassi non implica una rinnovata intenzione del governo di ricorrere a misure aggressive di stimoli monetari per sostenere l’economia.
Ancora più preoccupante è il fatto che l’enorme mercato dei corporate bond della Cina sembra si stia “congelando”, dopo la vendita di bond per un valore superiore a $1,2 miliardi che è stata in parte rimandata in parte disertata.
Il risultato è che i tassi sui bond corporate con rating AAA a scadenza triennale sono balzati +17 punti base l’ultima settimana, al ritmo più alto in un anno, al 4,43%.
Bloomberg scrive che l’intenzione della PBOC sarebbe tra l’altro quella di alzare il rapporto dollaro/yuan, sulla base di aspettative di uno yen e un euro più deboli, stando a quando riporta Richard Iley, responsabile economista per l’Asia presso BNP Paribas. Di conseguenza, dal momento che “la Cina sta perdendo la guerra valutaria, sta aumentando sempre più il rishio che si arrivi a orchestrare una nuova debolezza dello yuan”. (Lna)