I dati del secondo trimestre 2023 dell’OCSE sono positivi e negativi al tempo stesso per l’Italia. Sono positivi perché viene registrato un nuovo massimo storico, per quanto riguarda l’indice di occupazione nazionale. Sono negativi perché, rispetto alla media OCSE e ai propri partner, ancora siamo lontani dal raggiungimento di un optimum.
L’Italia purtroppo paga tutt’ora una serie di ritardi e di deficit che, se da una parte hanno permesso il raggiungimento di un massimo storico, dall’altra non stanno contribuendo a creare una forza lavoro solida al pari dei propri partner UE. Il problema è che questi dati potrebbero venire ribaltati nei prossimi mesi, a giudicare dai dati congiunturali recenti relativi a PIL e disoccupazione.
OCSE, Italia al suo massimo storico nell’occupazione
L’Italia passa nel secondo trimestre 2023 ad un indice di occupazione al 61,3%. È il massimo storico dall’avvio delle serie storiche, addirittura bissando il precedente massimo quando l’OCSE ha registrato il 61% di occupazione nel primo trimestre 2023. Andando a vedere le sotto-categorie, si segnala il raggiungimento del 75,6% per la categoria dei lavoratori appartenenti all’intervallo d’età tra i 15 e i 64 anni, e al 57,4% per le lavoratrici del medesimo intervallo d’età.
In effetti il dato occupazione è decisamente positivo, soprattutto per il lavoro da dipendente, con un significativo incremento del lavoro privato a tempo indeterminato. Questo si aggiunge anche ai dati ISTAT di agosto sulla disoccupazione in Italia, passata dal 7,5% di luglio al 7,3% di agosto, con ben 59.000 posti di lavoro in più. Per la precisione, a trainare l’occupazione sono i nuovi contratti a termine, aumentati di 39.000 unità in un mese, mentre quelli a tempo indeterminato hanno contribuito ad un aumento annuale di 550.000 unità.
Va detto che comunque la situazione ancora risente di alcune problematiche, come fa presente l’indice PMI manifatturiero, che segnala l’andamento della filiera manifatturiera nazionale, passato dal 45,4 di agosto si è arrivati al 46,8, ancora in zona periodo, essendo sotto la soglia dei 50 punti. Infatti, sempre per quanto riguarda l’occupazione, il dato non è ancora in linea con la media OCSE.
Occupazione insufficiente rispetto agli altri paesi OCSE
Nel secondo trimestre 2023, la forza lavoro e l’occupazione dell’OCSE hanno toccato rispettivamente il 70,1% e il 73,7%. Questi dati rappresentano i livelli più alti dall’inizio delle serie statistiche nel 2005 e nel 2008. Nel caso della disoccupazione, come riporta il sito ufficiale, “Nell’agosto 2023, il tasso di disoccupazione è rimasto al minimo storico nell’OCSE (4,8%), nell’Unione Europea (5,9%) e nell’area euro (6,4%).”. Davanti ai loro massimi storici, il nostro risulta ancora insufficiente. E così anche nel caso di altri paesi europei, tutti con medie superiori alle nostre.
Il secondo trimestre 2023 ha certificato record su record anche per altri stati. Addirittura la metà dei 38 paesi OCSE analizzati ha bissato un massimo storico come quello italiani. Citiamo a titolo d’esempio i dati occupazionali dei seguenti paesi:
- Islanda (84,7%),
- Olanda (82,5%),
- Svizzera (80,7%),
- Germania (77,5%),
- Francia (68,5%).
I dati peggiori rispetto all’Italia sono stati individuati nel caso della Turchia (53,6%), e Costa Rica (59,3%). Sono tra i 7 paesi OCSE il cui tasso di occupazione ha registrato un calo, con appunto la Turchia che registra il tasso minimo dell’area. L’Italia in questo scenario, seppur migliorata, si colloca al terzultimo posto. Addirittura ultimo per quanto riguarda i precedenti indicatori relativi a lavoratori e lavoratrici tra i 15 e i 64 anni: “il tasso di partecipazione alla forza lavoro dell’OCSE ha raggiunto il livello più alto per le donne (66,7%) e gli uomini (80,9%)“, si legge nel report.
Perché l’Italia è in terzultima posizione
Per l’OCSE stessa, secondo quanto riporta nel documento “La nuova Strategia OCSE per l’occupazione“, l’Italia si trova in questa posizione per motivi vari, quali il livello d’insicurezza nel mercato del lavoro (la probabilità di perdere il posto e restare senza reddito):
è il quarto più elevato tra i paesi OCSE, a causa soprattutto di un alto rischio di disoccupazione e di bassi sussidi di disoccupazione.
Oltre a questo, l’aumento dei contratti di lavoro a tempo determinato pesa sull’indicatore e sulle future proiezioni, e così anche il livello di inclusività del mercato del lavoro in Italia, piuttosto debole rispetto agli altri:
[…] una crescente percentuale dei lavoratori è a rischio di povertà. Il divario tra i redditi da lavoro di genere è superiore alla media OCSE, e il divario occupazionale di genere è anch’esso tra i più alti dei paesi OCSE.
La soluzione a questo momento di incertezza può essere quello di “ridurre il cuneo fiscale sul lavoro spostando la tassazione sulla proprietà immobiliare”, come segnala la stessa Confesercenti in un suo comunicato stampa. Per evitare anche il problema del lavoro povero, bisognerebbe “consentire la negoziazione dei salari a livello territoriale anziché nazionale“. E per evitare il gap lavoratori-pensionati, “restringere i requisiti per il pensionamento anticipato per aumentare la partecipazione alla forza lavoro e migliorare la sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico”.