Timidi segnali di stabilizzazione dal fronte occupazionale, ma non per i piu’ giovani. E’ la fotografia del mercato del lavoro italiano del terzo trimestre che emerge dalla nota congiunta pubblicata da Ministero del lavoro, Istat, Inps e Inail: un documento che segue un’intesa siglata ormai un anno fa per coordinare le informazioni statistiche che vengono raccolti da tutti gli osservatori del mercato occupazionale italiano.
La “nota trimestrale sulle tendenze dell’occupazione” chiarisce che “l’insieme dei dati provenienti da fonti diverse mette in luce che nel terzo trimestre 2016 il livello complessivo dell’occupazione è cresciuto ancora su base annua e si è sostanzialmente stabilizzato a livello congiunturale”, cioè nella variazione sul secondo periodo dell’anno.
La nota specifico inoltre che, il tasso di occupazione destagionalizzato e’ stato pari al 57,3% negli ultimi due trimestri, in recupero di quasi due punti percentuali rispetto al momento di minimo (terzo trimestre 2013, 55,4%) considerando l’ultimo decennio 2007-2016, ma, si evidenzia, ancora distante di un punto e mezzo dal momento di massimo (secondo trimestre 2008, 58,8%).
Immediato il commento del premier Gentiloni, che su Twitter ha commentato: “Buone notizie su crescita, contratti stabili, riduzione sofferenze bancarie. Possiamo fare di più”.
Per i giovani tra i 15 e i 34 anni, il mercato del lavoro non decolla: nel III trimestre, rileva la nota congiunta del Ministero del Lavoro, Istat, Inps e Inail, gli occupati in questa fascia d’età sono calati sia su base congiunturale (-1,1%) sia su base tendenziale (-0,6%) e sia in termini di tasso di occupazione (in calo su base congiunturale dello 0,3%). In termini tendenziali, nel III trimestre, si tratta di 55 mila posti di lavoro in meno (sempre tra i giovani) rispetto allo stesso periodo del 2015 mentre su base congiunturale sono calati di 29 mila.
Ed invece nella popolazione adulta, cioè nella fascia d’età tra i 35 e i 49 anni, il tasso di occupazione sale (+0,1% congiunturale e +0,9% tendenziale) e tale tendenza è ancora più evidente per gli over 50 (rispettivamente dello 0,2% e dell’1,6%).
Tra i giovani aumentano anche i disoccupati (+42mila nel III trimestre ad un tasso del 2,9%, e anche su base tendenziale c’è un incremento del 6,6%). Tasso che scende per gli adulti (-1,8% nel III trimestre su base congiunturale) e per gli over 50 (-2,8%).
Intanto, sempre secondo quanto rileva la prima nota trimestrale congiunta, primi 9 mesi dell’anno i voucher venduti sono stati 109,5 milioni, il 34,6% in più rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente. I voucher riscossi per attività svolte nel 2015 (quasi 88 milioni) corrispondono a circa 47mila lavoratori annui full-time e rappresentano solo lo 0,23% del totale del costo lavoro in Italia. Il numero mediano di voucher riscossi dal singolo lavoratore che ne ha usufruito è 29 nell’anno 2015: ciò significa che il 50% dei prestatori di lavoro accessorio ha riscosso voucher per (al massimo) 217,50 euro netti.
Fin qui i dati, ma sul fronte politico si moltiplicano le richieste per una loro limitazione.
“Il tema dei voucher deve essere affrontato circoscrivendo l’utilizzo di questi strumenti che, invece che essere uno strumento per far emergere il lavoro in nero, rischia di essere uno strumento di precarizzazione che è in contrasto tra l’altro con misure contenute nel Jobs Act stesso”: ha detto il ministro della Giustizia Andrea Orlando a Rtl 102.5. Secondo il Guardasigilli, in ogni caso, “sui voucher credo che dovremmo fare un ragionamento molto semplice: vediamo cosa funziona e cosa no dopo l’approvazione del Jobs Act e una prima applicazione di questo strumento”