ROMA (WSI) – L’Ocse rivede al rialzo le stime sul Pil dell’Italia, sottolineando che il paese deve dare massima priorità alla riforma del lavoro, al fine di rendere più solida la produttività e aumentare i posti di lavoro.
Per il 2015 l’ente parigino prevede una crescita dell’economia italiana +0,4%, contro il +0,2% stimato nel rapporto dello scorso 6 novembre, in vista del G20 in Australia. Per il 2016 stima una crescita del Pil +1,3%, rispetto a +1% precedentemente stimato.
Subito dopo, quando prende la parola il segretario generale dell’Ocse Angel Gurria, le previsioni sul Pil per il 2015 vengono però subito rialzate: “Per il futuro nel rapporto appena chiuso era prevista una crescita modesta, dello 0,4 per cento sul 2015, ma ora, tenuto conto delle riforme, delle circostanze generali e delle ultime informazioni crediamo che la crescita 2015 sarà dello 0,6 per cento”, mentre sul 2016 è confermata l’attesa di un più 1,3 per cento del Pil.
Gurria appare decisamente ottimista affermando che “l’Italia è tornata”. Il rapporto dell’Ocse è decisamente un elogio al governo di Matteo Renzi. “Ci sarà un effetto moltiplicatore; le riforme assieme avranno un impatto congiunto superiore alla loro semplice somma”. Le riforme strutturali messe in campo dall’Italia consentiranno di creare “340mila nuovi posti di lavoro in 5 anni”.
L’Ocse consiglia all’Italia di creare una bad bank pubblica per ridurre i crediti deteriorati. “Alcuni paesi dell’area euro hanno creato con successo delle bad banks”, e in assenza di rapidi progressi sul fronte delle sofferenze, “l’istituzione di una bad bank pubblica potrebber essere presa in considerazione in Italia”. Proprio il calo dei prestiti da parte delle banche, spiega l’Ocse, ha contribuito alla recessione in Italia. “Il sistema bancario nel suo insieme soddisfa i requisiti patrimoniali, ma nonostante l`aumento degli accantonamenti, nella metà del 2014 i crediti deteriorati rappresentavano circa il 17% dei crediti totali e gravavano pesantemente sui bilanci di molte banche. Questo potrebbe spiegare perché i tassi di interesse sui prestiti al settore privato siano diminuiti meno rispetto a quelli sul debito pubblico, in quanto le banche mantengono elevati i margini per coprire le perdite”.
Note stonate rimangono occupazione e debito. Riguardo all’occupazione, l’outlook è di un miglioramento di appena +0,1% per il 2015, fattore che lascia sperare seppur con molta cautela, dal momento che nei tre anni precedenti si era assistito sempre a contrazioni. Crescita dell’occupazione +0,4% l’anno prossimo. Il tasso di disoccupazione si attesterà al 12,3% nel 2015, contro il 12,4% del 2014. Nel 2016, scenderà in modo più sostenuto all’11,8%.
L’Ocse sostiene comunque le riforme sul mercato del lavoro del governo Renzi, è dunque a favore del Jobs act e in particolare della norma che abolisce il reintegro per i licenziamenti.
“Accrescendo la prevedibilità tale norma riduce i costi reali dei licenziamenti, anche quando sono giudicati illegittimi dai tribunali e incoraggia le imprese a creare più posti di lavoro”, si legge nella nota.
“Tali politiche miglioreranno la corrispondenza delle competenze e accresceranno la produttività”.
L’Ocse promuove dunque il contratto a tutele crescenti, affermando che il nuovo contratto limita ulteriormente la possibilità di reintegro dei lavoratori in seguito a licenziamento illegittimo, e la esclude per i licenziamenti per motivazione economica (motivo oggettivo). “Tali nuovi accordi rappresentano un cambiamento piuttosto radicale per l`Italia”.
La riforma garantisce che i lavoratori che sono giudicati illegittimamente licenziati per ragioni oggettive non possano beneficiare del reintegro, ma ricevano un indennizzo da parte del datore di lavoro. Accrescendo la prevedibilità, tale norma riduce i costi reali dei licenziamenti, anche quando sono giudicati illegittimi dai tribunali e incoraggia le imprese a creare più posti di lavoro. “La riforma dovrebbe ridurre considerevolmente l’importo medio dell’indennizzo, che è attualmente molto alto, ossia l’equivalente di circa 21 mensilità a fronte di una media di 14 nell’area Ocse.
Nel dettaglio l’Ocse sollecita ad “attuare pienamente il contratto unico a tutela crescente, che prevede che le tutele aumentino gradualmente con il passare del tempo, pur salvaguardando i contratti esistenti”.
Deve essere modificata “la composizione della spesa nelle politiche attive del mercato del lavoro”, e dunque “limitare i programmi di formazione a coloro che ne hanno più bisogno; fornire assistenza ai disoccupati in cerca di lavoro in base alla loro situazione specifica”. Inoltre “attuare pienamente il sistema unico di indennità di disoccupazione. Condizionare l`indennità di disoccupazione all’obbligo di cercare attivamente un lavoro, e di accettare le offerte di lavoro e di formazione”.
Altra nota stonata è appunto quella del debito. Mentre è previsto il calo del deficit, che nel 2015 scenderà al 2,7% del Pil dal 3% del 2014, mentre nel 2016 segnerà un ulteriore calo all’1,8%, il debito, in base ai parametri europei, salirà al 132,8% dal 130,6% del 2014, e poi al 133,5% nel 2016. Proprio oggi l’Istat ha reso noto il dato sul debito, sottolineando che l’Italia è tra i paesi dell’Ue caratterizzati da un rapporto debito/Pil molto elevato.
Stando al rapporto Istat “Noi Italia” nel 2013 il rapporto è salito rispetto al 2012 di 5,7 punti percentuali, al 127,9%, valore inferiore solamente a quelli di Grecia e Portogallo.”La dinamica di questo indicatore può essere contenuta mediante l’ottenimento di avanzi di bilancio e con dismissioni di attività patrimoniali pubbliche”, ha osservato l’Istat. Essa, inoltre, “si riduce in misura maggiore tanto più elevate sono crescita economica e inflazione”.
Nel 2013 l’indebitamento netto si è ridotto al 2,8% del Pil. Tra i paesi dell’Uem, l’Italia si colloca al secondo posto, dopo la Germania, per saldo primario in percentuale del Pil (indebitamento netto esclusi gli interessi passivi); al decimo posto per l’indebitamento netto.