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OCSE, Italia in controtendenza rispetto agli altri Paesi: la busta paga è bloccata

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Tra i paesi OCSE il reddito reale delle famiglie è sensibilmente cresciuto, di circa lo 0,5%. In Italia invece è sceso dello 0,3%. Questa è l’ultima stima rilasciata dall’organizzazione internazionale, che anzi precisa un andamento preoccupante per l’Italia, essendo l’unica al momento ad aver registrato un trend negativo in merito.

La stessa OCSE ha voluto sottolineare ancora una volta l’importanza dell’istruzione e della formazione, in particolar modo sulle competenze di cui il mercato del lavoro ha bisogno, anche davanti alle nuove tecnologie a favore della transizione energetica e della digitalizzazione.

OCSE, il reddito reale delle famiglie italiane è in calo

Il dato dell’ultimo trimestre è sostanzialmente positivo per ben 11 paesi OCSE su 21, che registrano un aumento addirittura del 3% nel caso dell’Ungheria. Non si può dire lo stesso per gli altri 10 paesi, che hanno subìto contrazioni anche importanti, come la Polonia, il cui reddito reale pro capite è calato del 3,4%. A livello di media, però, il saldo è a +0,5% nel secondo trimestre del 2023, registrando così un aumento per il quarto trimestre consecutivo. Anche se inferiore rispetto al primo trimestre, quando era stato registrato un aumento dell’1,4%.

Sono aumenti che risentono anche dell’andamento dell’inflazione e delle retribuzioni nazionali. Come segnala l’OCSE in un recente comunicato, se la notevole crescita dell’Ungheria è dovuta dall’attenuarsi delle pressioni inflazionistiche, per il Canada (+1,2%) il maggiore aumento è dovuto dalle retribuzioni dei lavoratori dipendenti e autonomi. E così anche negli Stati Uniti, ma con una differenza sostanziale: nel secondo trimestre il reddito reale risultava rallentato allo 0,5%, rispetto al 2,3% del primo trimestre.

A non essere tra i paesi cresciuti a livello reddituale, però, c’è l’Italia. Unica tra le economie del G7 in negativo, segnala infatti un calo sia in termini di reddito (-0,3%) sia in termini di PIL reale per abitante (-0,3%). E per quanto nel primo trimestre era comunque il primo paese per crescita dei redditi reali (+3%), seconda solo agli Stati Uniti, nell’ultimo Q del 2022 erano quelli col dato peggiore (-4%). In termini di PIL reale, il dato negativo dell’Italia è secondo solo al Canada (-0,4%), mentre a inizio anno aveva dato una performance migliore (+0,7%), seconda solo al Giappone (+1%). Sembra quindi un quadro transizionale, fatto di assestamenti e cali quasi successivi al precedente, privo quindi di una stabilità diffusa.

La posizione dell’Italia rispetto ai paesi OCSE

Non è solo nel reddito e nel PIL che l’Italia risulta leggermente indietro rispetto agli altri paesi analizzati dall’OCSE. Una rapida disamina della posizione dell’Italia rispetto agli altri paesi è stata fatta anche in merito al Better Life Index.

Per quanto l’Italia dia dei buoni risultati a livello di benessere collettivo (salute, equilibrio tra lavoro e vita privata, e impegno civico), non si può dire lo stesso per altri indicatori, quali reddito, occupazione, istruzione, qualità ambientale, connessioni sociali e soddisfazione della vita. Il lavoratore medio italiano, secondo l’OCSE, ha un reddito medio pro capite pari a 29.431 dollari all’anno, contro i 30.490 dollari della media. A livello di occupazione, l’OCSE stima un 58% per chi ha tra 15 e 64 anni d’età, contro il 66% di media. In termini anche di gender pay gap, solo il 49% delle donne ha un lavoro retribuito.

A preoccupare maggiormente è l’istruzione, forse uno dei dati peggiori e a riprova del divario che c’è tuttora tra Italia e Paesi OCSE: “In Italia, il 63% degli adulti di età compresa tra 25 e 64 anni ha completato l’istruzione secondaria superiore, una percentuale inferiore alla media OCSE del 79%.”. Proprio su questo aspetto, in un recente comunicato, l’OCSE ha esortato i paesi a “[…] intensificare in modo significativo gli sforzi per rafforzare i sistemi di istruzione iniziale e fornire migliori opportunità di miglioramento delle competenze e di riqualificazione per l’apprendimento permanente“. Anche per garantire che le competenze disponibili rispondano in modo più efficace alle esigenze del mercato del lavoro.

Migliore istruzione per venire incontro al mercato

Secondo lo Skills Outlook 2023 dell’OCSE, nel futuro i paesi dovranno affacciarsi e interagire sempre di più con le nuove tecnologie sorte negli ultimi anni, come l’intelligenza artificiale, oltre che puntare sempre di più verso un’economia a zero emissioni nette.

In merito all’AI, anche se oggi meno dell’1% dei posti online richiede competenze legate all’intelligenza artificiale, è indubbio che nel futuro ci saranno cambiamenti significativi nella domanda di competenze tali portare ad un’adozione sistematica dell’intelligenza artificiale in tutta l’economia. Anche lo stesso Elon Musk vede nell’AI un progresso inarrestabile, oltre che una tecnologia da tenere sotto controllo.

Ma per far ciò, bisogna venire incontro alle nuove tendenze e ai nuovi bisogni emergenti nella società. Tale è la velocità di tutte queste trasformazioni, digitali e ambientali che siano, che le stesse politiche in materia di istruzione e competenze non riescono a stare al passo.

Questo potrebbe inficiare nel futuro lo sbocco verso nuovi profili professionali. In questo non è solo l’Italia a essere indietro. Anzi, tutti i paesi OCSE sono in difficoltà: “[…] solo circa quattro adulti su dieci partecipano all’apprendimento formale o non formale per motivi legati al lavoro.“. E questo limita non solo l’assunzione, ma anche la riallocazione da settori e occupazioni diversi, oltre che la loro capacità di rafforzare le competenze di cui avranno bisogno per lavorare insieme alle nuove tecnologie per sfruttare al massimo i potenziali guadagni di produttività.

Per evitare infatti che continuino questi cali e rialzi instabili, sarebbe opportuno investire nelle competenze, perché esse “[…] svolgono un ruolo essenziale nella costruzione di economie e società forti, giuste e sostenibili, ma le esigenze di competenze delle nostre economie e società si stanno evolvendo.”, come ha affermato il Segretario generale dell’OCSE Mathias Cormann.