Dall’Ocse è arrivato un nuovo segnale di sfiducia sullo stato di salute dell’economia italiana, la cui crescita nel 2019 dovrebbe attestarsi al -0,2%. Una recessione in piena regola che non solo stride con le previsioni del governo, all’1%, ma anche con i ridimensionamenti delle prospettive già operati dalla Banca d’Italia (previsione al +0,6%) dalla Commissione europea (+0,2%) o dall’agenzia di rating Standard & Poor’s (+0,1%).
Secondo l’organizzazione parigina non solo la crescita sarà negativa per l’anno in corso, ma ci sarà un aumento deciso della disoccupazione: dal 10,6 a 12%. Questa previsione, qualora si concretizzasse, sarebbe un duro colpo per un governo che a suo tempo annunciò una manovra economica “per il popolo”.
La bocciatura Ocse di Quota 100
Per il 2020 il documento Ocse dedicato all’Italia prevede il ritorno alla ripresa, con un +0,5%. Mentre il segretario Ocse Angel Gurria ritiene il Paese “ufficialmente in stallo”, il vicepremier Luigi Di Maio restituisce le cassandre al mittente. “No intromissioni, grazie, sappiamo quello che stiamo facendo” per cui l’Ocse è invitata a “fare l’austerity a casa sua”.
Fra le misure contenute nell’ultima Legge di Bilancio è Quota 100 quella che meno convince l’Ocse. “Rallenterà la crescita nel medio termine, riducendo l’occupazione tra le persone anziane e, se non applicata in modo equo sotto il profilo attuariale, accrescerà la diseguaglianza generazionale e farà aumentare il debito pubblico”, ha commentato l’organizzazione.
Le riforme suggerite
L’Ocse ha suggerito al governo di affrontare il problema del debito pubblico accumulando, di anno in anno, un avanzo primario (il saldo fra spese e uscite statali al netto del pagamento degli interessi sui titoli di stato) al di sopra del 2% del Pil.
La strategia sarebbe assumere una politica di bilancio prudente per favorire la fiducia degli investitori, fatto che a sua volta contribuirebbe al mantenimento di tassi d’interesse sui Btp più contenuti. L’Ocse invoca un “programma credibile a medio termine per ridurre il rapporto debito/Pil” perché “in assenza di una politica di bilancio sostenibile, il margine per migliorare le infrastrutture, aiutare la popolazione disagiata e fornire i servizi pubblici attesi dai cittadini si ridurrà”.
Anche se l’esecutivo sembra aver preso un’altra strada, che punta a mantenere un bilancio quanto più espansivo sia consentito dalle regole Ue, il vicepremier Di Maio non sembra intenzionato a seguire i consigli delle istituzioni internazionali: “Sapete cosa significa tutto questo? Che stiamo andando nella giusta direzione”.