Oggi l’anniversario della strage di via D’Amelio. Ecco il giro d’affari della mafia
Oggi è l’anniversario della strage di via D’Amelio a Palermo, dove Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta vennero uccisi dalla mafia, il 19 luglio 1992. Una tragedia che rappresenta una ferita ancora aperta per l’Italia e che in questa giornata è al centro dell’attenzione politica e mediatica del Paese. Nell’attentato persero la vita il magistrato italiano Paolo Borsellino, simbolo della lotta a Cosa Nostra, e gli agenti Agostino Catalano, Emanuela Loi (prima donna a far parte di una scorta e anche prima donna della Polizia di Stato a cadere in servizio), Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Nelle sue indagini, Borsellino aveva spesso cercato eroicamente di intercettare i flussi di denaro che permettevano alle associazioni mafiose di prosperare nel tempo. A tal proposito, si un gran parlare del dossier “Mafia e appalti”, un’inchiesta che per qualcuno sarebbe la vera causa dell’uccisione del magistrato. La criminalità organizzata organizzata del resto è un vero e proprio potere economico, in grado di fare investimenti e muovere capitali enormi. Vediamo nell’analisi quanto fattura.
Tutti i soldi della mafia
La mafia gestisce un fiume di denaro che in Italia ammonta secondo le stime più recenti a 40 miliardi di euro, quasi il 2% del PIL (Prodotto Interno Lordo) italiano. Si tratta di un giro d’affari inferiore solo al fatturato di Gse (Gestore dei servizi energetici), di Eni e di Enel, ma si tratta di dati sottostimati. La stima è stata realizzata dalla Cgia, a inizio 2023, che definisce “imbarazzante” come dal 2014 l’Ue, con apposito provvedimento legislativo, consenta a tutti i Paesi membri di conteggiare nel PIL stesso alcune attività economiche illegali.
Andando un po’ più indietro nel tempo, ha provato a fare una valutazione anche la Banca d’Italia con una pubblicazione del 2021 dal titolo “La criminalità organizzata in Italia: un’analisi economica”. Ebbene, in essa via Nazionale si sofferma ad analizzare proprio gli effetti della criminalità organizzata sull’economia e scrive quanto segue:
“La presenza della criminalità organizzata in un territorio ne condiziona in misura profonda il contesto socioeconomico e ne deprime il potenziale di crescita. Inoltre, andando oltre la sfera economica, la presenza di attività illegali inquina il capitale sociale e ambientale”.
Secondo quanto scrive Bankitalia, “la la presenza delle 20 organizzazioni criminali (approssimata con il numero di omicidi) è associata a un minore sviluppo economico e l’insediamento di organizzazioni mafiose in Puglia e Basilicata nei primi anni Settanta avrebbe generato nelle due regioni, nell’arco di un trentennio, una perdita di Pil pro capite del 16% circa”.
In sostanza, gli effetti aggregati sulla crescita economica possono essere determinati da una molteplicità di canali attraverso cui la criminalità influenza l’economia reale, scrive Bankitalia:
“Con riferimento agli effetti economici della mafia sui territori dove agisce, molti studiosi concordano nell’individuare in tale fenomeno una delle principali determinanti della bassa crescita e dell’insoddisfacente dinamica della produttività nel nostro paese”.
Il suo studio mostra che le province con un maggiore livello di penetrazione mafiosa hanno registrato negli ultimi 50 anni una crescita dell’occupazione e del valore aggiunto più bassa. I canali più rilevanti nello spiegare tale effetto sono connessi alle distorsioni nel funzionamento del mercato: la corruzione e/o l’uso del potere coercitivo sono in grado di condizionare i politici locali e distorcere l’allocazione delle risorse pubbliche; d’altro canto, l’infiltrazione nel tessuto produttivo distorce la competizione nel settore privato, con le imprese mafiose in grado di conquistare quote di mercato significative sfruttando una maggiore disponibilità di risorse economiche, la maggiore propensione a eludere le regole e, non ultimo, il potere coercitivo. Ma in conclusione, Banca d’Italia fornisce anche alcune brevi considerazioni relative alle strategie di contrasto.
“L’evidenza empirica disponibile suggerisce che occorre agire su più dimensioni: a più efficaci strumenti di deterrenza si devono accompagnare misure di più ampio respiro, come gli investimenti nel capitale umano. L’evoluzione del fenomeno mafioso e della sua distribuzione territoriale – sempre meno circoscrivibile alle regioni del Mezzogiorno e sempre più nazionale e internazionale – richiedono, inoltre, un costante aggiornamento delle azioni di contrasto e un miglior coordinamento delle autorità investigative. Infine, e non da ultimo, sarebbe opportuno digitalizzare e rendere disponibili molti più dati di quanto non si faccia attualmente. La misurazione e comprensione del fenomeno mafioso, l’analisi delle determinanti e degli effetti della presenza della criminalità organizzata e un’efficace azione di contrasto richiedono infatti dati granulari e la possibilità di incrociare e integrare, attraverso opportune chiavi identificative, più fonti informative. Ne gioverebbero sia la comunità scientifica, con la possibilità di spostare più avanti la frontiera della conoscenza, sia le autorità investigative che potrebbero sfruttare tali risultati per rendere più efficace la loro attività di contrasto”