ROMA (WSI) – Il governo sta studiando tutte le opzioni d’intervento possibili che rendano più flessibile l’uscita verso la pensione e personalizzare a piacimento la strutturazione dei propri piani previdenziali. L’idea è quella di offrire un mix di tre interventi.
Tra le varie ipotesi al vaglio dei tecnici dell’esecutivo c’è infatti il cosiddetto prestito previdenziale che se realizzato vedrebbe il “coinvolgimento del sistema bancario-assicurativo, le penalizzazioni dell’assegno previdenziale per i 2-3 anni di anticipo rispetto alla soglia di vecchiaia e una nuova ‘mission’ per il Tfr”, scrive il Sole 24 Ore.
Per quei lavoratori che ormai giunti all’età pensionabile desiderino anticipare l’addio al mondo del lavoro, le autorità hanno studiato un piano costituito da tre punti cardini. Il quotidiano economico li ha messi in fila:
- A un “prestito” che vede il coinvolgimento del sistema bancario assicurativo e un ruolo multiplo dell’Inps
- si aggiungerebbero una riduzione della prestazione percepita per i 2-3 anni di uscita prima del raggiungimento del requisito di vecchiaia sotto forma di mini-assegno a importo fisso o di penalizzazioni del 3-4% per ogni anno di anticipo (magari facendo leva sul metodo contributivo) e
- l’utilizzo del Tfr come parziale garanzia nei confronti delle banche oppure, almeno in parte, per rafforzare in forma obbligatoria le pensioni integrative.
Sono misure in linea con l’invito a fare “sforzi creativi” evocato dal sottosgretario alla presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini, che guida anche la cabina di regìa economica di palazzo Chigi incaricata dai valutare le varie opzioni per rendere più flessibile la legge Fornero.
Comporterebbero, come spiega il Sole, “un costo per le casse dello Stato in termini di interessi o incentivi da garantire al sistema bancario e di maggiore propensione al pensionamento rispetto a quanto fin qui previsto. Si rimarrebbe lontani da 5-7 miliardi che sarebbero a carico dei conti pubblici con un intervento diretto di flessibilità senza il ricorso agli intermediari finanziari, ma non si tratterebbe comunque di un’operazione a costo zero“.
Anche per questo motivo, la platea, almeno in una fase iniziale, potrebbe essere ridotta.
“Con il coinvolgimento dei soli lavoratori che perdono l’impiego a due o tre anni dal raggiungimento della soglia di vecchiaia e di quelli impegnati in mansioni usuranti, per i quali si può contare su una dote finanziaria finora sotto-utilizzata. Questa ipotesi potrebbe prevedere, nei casi di esuberi per crisi aziendali, anche un contributo diretto da parte della aziende (fascia interessata dagli over 55enni in poi)”.
Nonostante le tante proposte percorribili, non mancano ancora diversi nodi da sciogliere come quello della platea dei lavoratori da coinvolgere nell’operazione-flessibilità.