Cosa accomuna il contendente per la corsa alla Casa Bianca, Bernie Sanders e il regista pluripremiato, Oliver Stone? La critica all’ethos della finanza, ovviamente. Stone, che già nel 1987 aveva raccontato nel suo “Wall Street” gli eccessi di questo mondo guidato solo dall’avidità, oggi avalla la figura controcorrente di Sanders. Il senatore del Vermont è, infatti, il più strenuo difensore della moralizzazione della finanza, vista come l’emblema di una società in cui le disuguaglianze tendono a farsi sempre più pronunciate. Nel suo intervento su Huffington Post, Stone, però, ha insistito di più sulle questioni di politica estera, piuttosto che su quelle strettamente economiche: ed è proprio l’interventismo dimostrato nella storia della candidata “d’establishment”, Hillary Clinton, ad essere duramente attaccato dal regista.
La Clinton, scrive Stone, ha supportato “i bombardamenti Nato sulla ex Jugoslavia, la guerra di Bush in Iraq ancora in corso, la confusione in Afghanistan, e, come Segretario di Stato, la distruzione dello stato secolare della Libia, il golpe in Honduras e l’attuale tentativo di cambio di regime in Siria”. Un curriculum più simile a quello di un leader conservatore che a quello di un Democratico. Il premio Oscar lamenta anche il fatto che i media, dipingendo come impresentabile la controparte repubblicana, rappresentata da Donald Trump, indicano la Clinton come l’unica alternativa rispettabile e “normale”. Trump è ,sì, impresentabile, ma la ex first lady “ha subito un lavaggio del cervello ad opera dei neoconservatori”, afferma Stone.
“Credo che il fascismo sia ancora il nostro più grande nemico”, scrive Stone in chiusura, “e il suo volto è ovunque nelle nostre cosiddette democrazie. Esso è sempre stato legato a interessi economici che erano al potere. Questo è ciò che è il fascismo e il pericolo in cui ora ci troviamo. Sanders parla di denaro, ascoltatelo. Parla con chiarezza del denaro e del suo potere distorsivo”.