Una chiacchierata sull’arte con uno dei più autorevoli antiquari italiani, un gentiluomo dalla classe innata: Carlo Orsi
A cura di Margherita Calabi
Una conversazione con Carlo Orsi, un gentiluomo dalla classe innata, conosciuto in tutto il mondo come uno dei più autorevoli antiquari italiani. La sua galleria di Milano, che gestisce personalmente dal 1986, è uno scrigno incantato, un punto di riferimento per l’arte antica del nostro Paese. La sua vocazione di mercante d’arte è cominciata da giovane quando, appena laureato, vendette una scatola antica e un’incisione moderna ereditate dalla nonna. Negli anni la sua passione non è cambiata: oggi come allora è sempre intento a scoprire le meraviglie del mondo. Il suo spazio milanese, in via Bagutta, ha ospitato opere di Canova, Pontormo, Bronzino, Bernini, Vasari e Gentileschi, molte delle quali si trovano nei più prestigiosi musei del mondo, inclusi il Metropolitan Museum of Art di New York, la Galleria dell’Accademia di Venezia e il Musée d’Orsay di Parigi.
Carlo Orsi alla galleria Trinity Fine Art di Londra
Lei è figlio d’arte, ha ereditato l’attività da suo padre Alessandro. Come lo ricorda?
“Lo ricordo come un grande appassionato del suo lavoro, un uomo di gran gusto, anche lo storico d’arte Alvar González-Palacios lo cita nel suo ultimo libro Forse è tutta questione di luce come un grande conoscitore”.
Il suo modo di concepire il lavoro del mercante d’arte ha segnato una vera rivoluzione: mentre il mercato si orientava sempre più verso i lavori di artisti contemporanei, lei ha fatto una scelta controcorrente, dedicandosi all’arte antica….
“Non sono andato controcorrente, sono nato in un contesto dove l’antiquariato e l’arte antica erano protagonisti. Mi sono laureato in architettura e un giorno, svegliandomi, ho capito che il mio lavoro sarebbe stato quello di occuparmi d’arte. Un lavoro fatto di viaggi, opere straordinarie e persone interessanti. Volevo seguire le orme di mio padre, anche se mio padre di questo ne voleva sapere poco. Nel tempo il gusto è cambiato e la gente si è orientata verso altri tipi di arte. Io ho inseguito le mie passioni: le passioni non vanno trascurate, soprattutto se danno emozioni”.
Qual è il più bel ricordo che ha della sua attività?
“Ne ho tanti, ovviamente si legano tutti alle opere d’arte che ho riscoperto e a quelle che ho rivenduto ai musei. Ogni opera d’arte che ho ritrovato mi ha suscitato un’emozione indescrivibile. Non potrei sceglierne una soltanto”.
La galleria Carlo Orsi, in via Bagutta, a Milano
Ha sempre dato spazio alla ricerca, regalandosi il privilegio di diventare un po’ detective, di scoprire opere che erano state dimenticate…
“La capacità di trovare opere interessanti è dovuta a tanti fattori, per prima cosa l’esperienza, poi la conoscenza del mestiere, la professionalità e l’intuito. Non ho studiato storia dell’arte, ho appreso il mio lavoro sul campo, guardando, viaggiando, facendo il facchino da Christie’s. Questa esperienza all’inizio della mia carriera è stata molto formativa: ho avuto la possibilità di vedere tanti oggetti in un unico contesto, la casa d’aste, di toccare le loro superfici, di capire le loro condizioni. È stata un’esperienza che reputo davvero impagabile”.
Oggi la Galleria Carlo Orsi di Milano è un punto di riferimento a livello mondiale. Come è cambiato il suo lavoro negli anni?
“È cambiato un po’ il mondo in generale ed è quindi cambiato anche il nostro contesto, quello che prima era visto come parte di uno status symbol oggi non lo è più. Ho scelto di concentrarmi su quello che più mi piaceva, facendo mostre in galleria con l’apporto di storici e pubblicando cataloghi in relazione a queste mostre, dei veri e propri studi che dessero maggiore visibilità all’artista in questione. Abbiamo realizzato molte monografie su personaggi che non avevano una monografia vera e propria e grazie all’aiuto degli studiosi abbiamo fatto sì che queste pubblicazioni arrivassero anche nelle biblioteche e nei musei. Questo aspetto del mio lavoro mi ha sempre interessato, così come mi ha sempre interessato realizzare mostre a scopo divulgativo. Come mercante d’arte credo che questo sia doveroso nei confronti del pubblico. I collezionisti o le istituzioni possono acquisire le opere riscoperte, valorizzate e pubblicate in questi cataloghi”.
Oltre a Milano ha anche una galleria a Londra, meta di moltissimi cultori dell’antiquariato. Cosa rappresenta per lei questa città?
“Ho collaborato per anni con la galleria Trinity Fine Art, che si trova in Old Bond Street. Ero un amico del fondatore e usavo questo spazio come appoggio. Quando lui è mancato, nel 2016, ho deciso di rilevarlo. Londra rappresenta il fulcro del mercato mondiale dell’arte ed è sempre stata una delle mie mete preferite”.
Dall’alto: Adone e Venere in gesso di Antonio Canova; Ritratto di Antonio Canova di Thomas Lawrence; Erma di Domenico Cimarosa di Antonio Canova; studio per Venere e Adone di Antonio Canova
Lo scorso dicembre ha ospitato una mostra-evento dedicata al grande artista Antonio Canova…
“Ho scelto Canova proprio perché nel 2022 cadeva il suo bicentenario (il grande scultore si è spento a Venezia, la mattina del 13 ottobre 1822. Si trovava a pochi passi da piazza San Marco, ospite nella casa dell’amico Floriano Francesconi, noto proprietario dello storico Caffè Florian, N.d.R.). Non sono stato l’unico a celebrarlo, ma sono stato l’unico privato a farlo. Non ho la pretesa di sostituirmi alle istituzioni, ma ho trovato giusto fare una piccola celebrazione ed esporre opere uniche da collezioni private. Ho avuto anche il supporto del Museo Civico di Bassano del Grappa che mi ha prestato delle opere in relazione alla sua famosa scultura di Venere e Adone”.
L’antiquariato, quindi, rientra o non rientra nel gusto di questa società?
“Assolutamente sì. L’antiquaritato è diventato più di nicchia, ma questa è una nicchia forte, fatta di persone colte, che girano il mondo. Oggi anche alcuni giovani hanno sviluppato un’attrazione per l’antiquariato. La mostra di Antonio Canova ha suscitato un grande interesse da parte delle nuove generazioni. È stato molto istruttivo poiché i giovani hanno sempre idee nuove, che abbiamo utilizzato nella nostra campagna sui social media. La mia missione non è solo quella di rivolgermi ai grandi collezionisti, ma è anche quella di fare da testimone a queste meravigliose opere d’arte”.
Chi è il collezionista tipo di Carlo Orsi?
“I clienti sono cambiati, prima la gente comprava per arredare casa, adesso investe in opere che hanno una valenza storico-artistica e una bellezza intrinseca che va al di là dell’arredamento. L’identikit del mio collezionista? È una persona che segue il mio gusto e che quindi è alla ricerca di opere con un alto contenuto di storia, con una rarità e una bellezza unica”.
Quali sono i suoi prossimi appuntamenti?
“Proprio nel mese di marzo 2023 ci sarà la mostra mercato Tefaf di Maastricht (dall’11 al 19 marzo, N.d.R.), la fiera leader del settore con la migliore selezione di arte e di antiquariato. È la più grande al mondo, un appuntamento fisso da ormai molti anni”.
Carlo Orsi (foto Marco Cella)
Il Made in Italy nel mondo si porta anche attraverso le opere d’arte? O sono le nostre opere d’arte a portare il mondo in Italia?
“La seconda, senza alcun dubbio: sono le nostre opere d’arte che portano il mondo in Italia. È sempre stato così e così continuerà ad essere nel tempo. Il nostro heritage artistico-culturale è qualcosa di unico ed incredibile non solamente per noi, ma per il mondo intero”.
Qual è la cosa più stravagante che ha fatto per recuperare un’opera d’arte?
“Lo ricordo vivamente: nel 2003, a Milano, ho trasportato un quadro del Bronzino in motorino. Quando l’ho raccontato ai miei amici più cari non ci potevano credere. Ancora oggi sorrido quando ci penso”.
Tra tutti i suoi artisti, qual è il personaggio che ammira di più?
“Il Rinascimento è il periodo storico che mi piace di più. Penso alle opere di Michelangelo, Leonardo, Raffaello, Donatello, Caravaggio, ma anche a quelle di Brunelleschi, Masaccio e Bellini ”.
Ci tolga un’ultima curiosità: dove si veste un gentiluomo come lei? Frequenta le sartorie inglesi di Saville Row o preferisci ancora i sarti italiani?
“Preferisco ancora i sarti italiani, possibilmente di origini napoletane. Prediligo sempre il taglio italiano”.