“Molti mi definiscono tentato. Tentato di fare una lista, tentato di candidarmi. Di certo non cadrò nella tentazione di stare fermo, di rimanere immobile nel mio scranno di senatore a vita nell’aspettativa o nella speranza di ricevere qualcosa”. L’annuncio ufficiale probabilmente ci sarà alla fine della settimana. Dopo le dimissioni e lo scioglimento delle Camere. Ma ieri, Mario Monti ha di fatto già tratto il dado.
Il professore ha parlato con diversi esponenti del costituendo “blocco di centro”. Ne ha saggiato le intenzioni e le disponibilità. Ha visto Franco Frattini, ha parlato con Luca Cordero di Montezemolo che oggi incontrerà di persona e ha iniziato a stendere i primi passaggi della “piattaforma” programmatica con la quale dare il via all’operazione-candidatura.
Una svolta che ora contempla la possibilità di dar vita ad una “Federazione” di partiti e forze politiche centriste. Quattro liste così suddivise: quella dell’Udc, quella di Fli, quella dei fuggitivi del Pdl (Frattini e Pisanu) e quella strettamente “montiana” con il presidente della Ferrari, alcuni ministri “tecnici” come Riccardi e Passera e solo esponenti della società civile.
Il tutto racchiuso in una coalizione il cui “capo politico” – come prevede la legge elettorale – sarebbe dunque il presidente del consiglio.
Certo i dettagli sono ancora da definire. Non è infatti ancora esclusa l’ipotesi della “Lista unica”. Sta di fatto che il ragionamento ascoltato da tutti gli interlocutori del Professore, è stato ieri per la prima volta piuttosto netto. “Non cadrò nella tentazione di restare fermo perché mi pongo il problema morale di dare un contributo al Paese anche se dovrò pagare in termini personali”.
Il premier teme infatti di dover affrontare gli attacchi del Pdl. La propaganda televisiva di Berlusconi che è già scattata negli ultimi giorni. Ma anche il nervosismo di una parte del Pd. Che in queste settimane ha sempre suggerito di mantenere una linea di neutralità.
Eppure la linea del confronto con il segretario democratico, Pierluigi Bersani, non si è affatto interrotta. Entro venerdì ci dovrebbe essere un altro lungo faccia a faccia tra i due per mettere sul tavolo tutte le opzioni e per tentare una strada “concordata”. “Noi – gli aveva detto il leader pd l’altro ieri – siamo obbligati a parlarci. Per il presente e per il futuro”. Nella stessa occasione ha fatto notare come i ruoli possano essere complementari. “Tu rassicuri i mercati e Bruxelles, io posso garantire sul piano sociale i sindacati”.
E in effetti “Mario e Pierluigi” sembrano comunque destinati a organizzare un percorso comune in una qualche forma. Sempre lunedì scorso, il capo dei democratici lo aveva invitato a “non dare il nome” alle liste che si formeranno al centro. Ma la questione è rimasta in sospeso. E del resto che ci sia la necessità di un nuovo colloquio, lo prova il fatto che la sintonia non è totale anche se il rapporto personale non si è incrinato. Non a caso il segretario continua a ritenere che l’alleanza con i moderati non sarà eludibile. Nei suoi progetti il dopo-voto vedrà come prima tappa il dialogo con i centristi. “Tra prendere alle elezioni il 51% o il 49% – spiega Bersani – io preferisco il 49%. Non voglio avere la “tentazione” di fare tutto da solo”.
Ora, però, il disegno di Monti sta assumendo un profilo un po’ diverso rispetto a quello immaginato dai democratici. Secondo i vertici di Largo del Nazareno rischia di connotarsi come una sfida diretta. Che può compromettere le future alleanze e assegnare un diverso equilibrio istituzionale. Un chiaro riferimento all’elezione del prossimo presidente della Repubblica prevista per il prossimo aprile. Sebbene, ai piani alti di Palazzo Chigi, molti fanno notare che nella “corsa” verso il Quirinale troppe volte “chi è entrato Papa è uscito cardinale”.
Tant’è che nei contatti che ieri ha avuto Monti, l’ipotesi di utilizzare la formula “Per Monti” – quella sconsigliata da Bersani – ha accompagnato tutte le riflessioni. Che si presenti una “Lista unica” o si allestisca una “Federazione” di quattro movimenti, in ogni caso nei simboli figurerà quella scritta: “Per Monti”. Una soluzione, del resto, che venne adottata in circostanze analoghe nel 1996 dal Ppi che inserì nel suo simbolo due parole “Per Prodi”.
Nelle ultime ore sta prendendo quota l’opzione federativa. Casini non sarebbe favorevole, preferirebbe la soluzione “unitaria”. Ma per gli altri, a cominciare dal capo di ItaliaFutura si tratterebbe di un modo per evitare imbarazzi ai diversi protagonisti e per “pesarsi” nelle urne.
Basti pensare, ad esempio, che nei giorni scorsi è stato esplicito il veto montezemoliano nei confronti di Gianfranco Fini. Casini quindi presenterebbe la sua Udc, il presidente della Camera il Fli, i trasfughi del Pdl una lista “montiana” che veda solo quelli come Frattini, Pisanu e Mauro che da tempo hanno dichiarato il loro addio a Berlusconi, e infine i “montiani doc”. Montezemolo (che dovrebbe essere capolista in tutte le circoscrizioni) e Riccardi, Passera e Olivero. Neanche un politico al loro interno al punto che non sanno come “recuperare” Nicola Rossi, senatore ex Pd.
Di tutto questo proprio Montezemolo parlerà oggi a Roma con il Professore. Un incontro fissato per studiare le prossime mosse in vista dell’annuncio definitivo che potrebbe esserci domenica prossima: dopo le dimissioni (venerdì) e lo scioglimento delle Camere (sabato). Anche se potrebbero essere dei ritardi se dovesse slittare l’approvazione della Legge di Stabilità o se venisse richiesto a gran voce un “passaggio” in Parlamento del governo per verificare l’esistenza o meno di una maggioranza prima di interrompere la legislatura.
Di sicuro l’intera operazione si costruisce su una vera propria “conditio sine qua non”: Berlusconi e i berlusconiani che non si sono pentiti per tempo devono rimanere fuori. Basti pensare che la piattaforma programmatica in gestazione prevede almeno tre punti che connotano il documento in chiave “anti-Cavaliere”. Non solo. È prevista anche una sorta di “clausola anti-Brunetta” in base alla quale gli esponenti del “Nuovo centro” dovranno impegnarsi a non attaccare i paesi europei (a cominciare dalla Germania), difendere l’euro e tutelare l’Ue.
Che i tempi della discesa in campo siano comunque ormai stretti, lo conferma anche l’ultimo colloquio che ieri c’è stato con il presidente della Repubblica. Nei giorni scorsi le tensioni non sono mancate e il premier ha cercato di ricomporre tutti i dissidi. E forse diradare le ombre sul decreto “taglia-firme” per presentare le liste con l’assicurazione che nessuno formerà una “componente politica” nei gruppi misti di Camera e Senato per evitare di raccogliere le sottoscrizione al momento di depositare il simbolo “Per Monti”.
Copyright © Repubblica. All rights reserved