Private & Legal

Opere d’arte: tassare le plusvalenze con oggettività

l dibattito sulla tassazione, o meno, delle plusvalenze realizzate da privati derivanti da cessioni di opere d’arte (e da collezione) deriva da non aver ri-normato quello che già lo era stato lungamente in materia col comma 3 dell’articolo 76, non più in vigore da tempo, del Dpr 597/73, che ne prevedeva la tassazione a reddito ordinario se la plusvalenza era conseguita entro 2 anni. Orbene, qualche riserva sui contenuti dei recenti riempimenti di vuoto normativo giurisprudenziali, che si adeguano agli orientamenti evidenziatisi in questi ultimi anni dell’Agenzia delle Entrate e della giurisprudenza fiscale in generale, ci sarebbe da eccepirla, specialmente nell’estrema soggettività e opacità degli elementi che determinerebbero l’intento speculativo in capo a chi compravende in modo occasionale opere d’arte.
Non di meno, non si può che, al momento, prendere atto dello stato dell’arte in materia, confidando che il legislatore provveda al più presto (come prevederebbe la legge 111/23 all’art. 5, comma 1, lett. i, n.3) a normarla in modo più chiaro e, coerente rispetto a quanto già previsto per la tassazione delle plusvalenze derivanti da quasi tutti gli altri asset patrimoniali di proprietà di privati.

La tassazione attuale.

Al momento, il privato che compravende opere d’arte imprenditorialmente, è, e giustamente, soggetto alla fiscalità, alle normative e agli adempimenti di una qualunque impresa. Chi compravende occasionalmente con intento speculativo è soggetto a tassazione come redditi diversi ad aliquote crescenti ordinarie Irpef; mnetre chi colleziona semplicemente è esente da tassazione.
L’oggetto del contendere è, naturalmente, l’oscuro confine fra la compravendita occasionale e il collezionare e la giurisprudenza che ha sentenziato che è attività da collezione tutta quella che rispetta una serie di parametri di “diminutio”, peraltro spesso contraddittori. Fra i vari: la non alta frequenza delle compravendite (senza esprimere il numero di operazioni di riferimento e l’arco temporale); il non elevato ammontare (rispetto a cosa: al patrimonio globale, al reddito?) delle compravendite; il non aver prestato per mostre le opere d’arte in proprio possesso; il non averle catalogate in una pubblicazione; il non averle assicurate; il non averle sottoposte a restauri.
E così via con vari altri parametri discutibili, ad esempio quello focalizzantesi sull’utilizzo o meno di operatori professionali come le case d’asta per effettuare le compravendite.

 

Le possibili soluzioni.

Quello che abbiamo sopra osservato non vuole stigmatizzare l’attuale status quo sulla questione. Si è fatto quello che si è ritenuto meglio e, sebbene questo per certi versi possa aver generato dei vulnus anche gravi (si immagini ad esempio una plusvalenza realizzata di importo oltre la soglia perseguita penalmente se non dichiarata come reddito che un privato giudichi soggettivamente conseguita senza intento speculativo e, quindi, che costui non denunci come reddito: le problematiche anche a livello di codice penale, peraltro recentemente novato con sostanziosi aggravi di pena per i reati aventi per oggetto opere d’arte e che nella fattispecie potrebbero addirittura portare all’imputazione di autoriciclaggio in caso di reinvestimento della somma, che andrebbero a generarsi sarebbero pesantissime), è ora di cambiare pagina con un provvedimento che chiarifichi la materia e, con ciò, favorisca il mercato interno dei beni artistici, da sempre in Italia irrilevante anche per normative Iva, doganali e libera sulla circolazione molto restrittive rispetto a quasi tutti gli altri Paesi.
Come intervenire in modo equo e soddisfacente per tutti gli attori interessati, fisco compreso? Ferma restando la possibilità, per chi lo ritiene, di optare per il regime dichiarativo ordinario, tassazione secca, allineata a quella da plusvalenze di capitale e a quella sulle cessioni immobiliari entro i 5 anni, al 26% ed esenzione (oltre che come attualmente in ambito successorio) se la plusvalenza, come per gli immobili, è realizzata oltre i 5 anni. Tassazione (con possibilità di affrancamento) del 13% sull’intero importo incassato per chi non può dimostrare il prezzo di carico e, quindi, determinare l’ammontare della plusvalenza.

 

L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di dicembre 2024 del magazine Wall Street Italia. Clicca qui per abbonarti.