A 70 anni dalla sua nascita, la dichiarazione universale dei diritti umani resta inapplicata
Le date e la memoria hanno sempre un significato diverso ogni volta che si cerca di ricordarle. Le celebrazioni spesso sono retoriche e in verità non ci ho mai creduto fino in fondo. Quest’anno, invece, sono fermamente convinto che il ricordo debba avere un forte significato.
Le nuove generazioni hanno il sacrosanto dovere di sapere che il 10 dicembre del 1948 è stato il punto di partenza di un processo che ha portato alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo nata sul sangue dei morti di quella tremenda guerra, la più devastante che il genere umano abbia mai conosciuto.
Proprio in questi giorni – che non ho timore di definire “bui” – i diritti umani sono sviliti come tanti altri
diritti conquistati duramente con le lotte e i sacrifici di chi ci ha preceduto. La democrazia si sta impoverendo e il ruolo del Parlamento è sempre più marginalizzato.
Viviamo in un mondo ingiusto in cui si riconoscono i diritti dei forti e non quelli dei deboli. Gli equilibri sociali sono minacciati dalla disuguaglianza e non è pensabile che possa reggere una società in cui le disparità sono così marcate. Basta vedere al dramma della guerra in molte parti del mondo. Il divario tra ricchi e poveri che si è così allargato da mettere in grave pericolo la pace.
In questo contesto non posso non ricordare la figura di uno dei miei maestri: Giuliano Vassalli. La tutela dei diritti umani nasceva dal suo progetto politico, semplice e ricco di suggestioni: “Pane, libertà, pace”.
“Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro e alla protezione contro la disoccupazione”.
È questo l’articolo più suggestivo e pieno di significato, purtroppo attualissimo ancora oggi. A testimonianza della duratura universalità dei valori che l’hanno ispirata, rilevanti nel 1948 come oggi, la Dichiarazione mantiene intatto il suo carattere di modernità.
Mi rivolgo soprattutto ai giovani per ricordare loro come a tutti noi che il rispetto per la dignità umana e la promozione dei principi di uguaglianza e giustizia costituiscono i pilastri di una società giusta, capace di rispettare le differenze e di valorizzare il contributo che ciascuno offre al bene comune.
Violenze, abusi e discriminazioni sono all’ordine del giorno nei confronti dei più deboli e delle minoranze etniche o religiose di conseguenza non tutti gli individui (donne e bambini i più colpiti) hanno stesso accesso ai diritti umani e questo deve farci riflettere e non poco.
Se la Dichiarazione a settant’anni dalla sua nascita resta ancora per gran parte inapplicata è certamente colpa degli Stati ma è anche colpa nostra. Occorrerà aprire una nuova fase nella storia dei diritti umani e della loro realizzazione: saremo in grado di farlo?