Il primo semestre del 2022 è stato caratterizzato dal marcato rallentamento della congiuntura globale e da pressioni inflazionistiche persistentemente elevate. La guerra in Ucraina, ma anche i focolai di Covid-19 in Cina, hanno spinto l’economia globale verso uno scenario simile alla stagflazione.
Con l’inflazione che in molti paesi ha già raggiunto il livello più alto degli ultimi decenni e le pressioni sui prezzi che continuano a intensificarsi, le banche centrali di tutto il mondo hanno deciso di accelerare la stretta monetaria nel secondo trimestre del 2022 nel tentativo di contenere la domanda aggregata, mitigare l’inflazione e impedire il “disancoraggio” delle aspettative di inflazione.
In un contesto di inflazione persistentemente elevata, rallentamento della crescita economica e stretta monetaria aggressiva, la minaccia di una recessione globale si fa sempre più concreta.
Stiamo assistendo a un indebolimento congiunturale sincrono, con gli indici PMI (Purchasing Managers Indices) compositi in calo per diversi mesi consecutivi e buona parte delle economie sviluppate già in territorio di contrazione.
Lo scenario di base per l’economia globale è stato ripetutamente rivisto al ribasso per riflettere il rallentamento della crescita e gli alti livelli di inflazione. A luglio l’FMI ha rivisto le previsioni di crescita globale per il 2022 dal 3,6% al 3,2% e per il 2023 dal 3,6% al 2,9%. È stato inoltre lanciato l’allarme di un’imminente recessione.
Questo complicato scenario macro è ulteriormente aggravato da una serie di altre potenziali minacce all’economia globale:
- Un’improvvisa interruzione delle importazioni europee di gas dalla Russia;
- Il possibile crollo delle aspettative di inflazione, che renderebbe necessaria l’adozione di politiche ancora più restrittive;
- Un inasprimento delle condizioni finanziarie, con possibili gravi crisi nei mercati emergenti;
- Nuovi focolai di Covid e nuovi lockdown;
- Una progressiva escalation della crisi immobiliare in Cina;
- Minacce geopolitiche che potrebbero intralciare il commercio e la cooperazione globali.
Sebbene a livello globale si assista a un rallentamento economico e a un inasprimento monetario sincroni (con alcune eccezioni degne di nota), le prospettive economiche e le dinamiche d’inflazione variano da un mercato all’altro.
Come se la passa l’economia statunitense?
L’economia statunitense ha superato brillantemente la pandemia grazie a misure di sostegno politico senza precedenti. L’inflazione è stata trainata principalmente dalla forte domanda aggregata e minaccia di diventare più ampia e strutturale. Il mercato del lavoro è tornato a operare a pieno regime, i salari aumentano a ritmo sostenuto e il reddito e le spese personali restano solidi nonostante l’indebolimento della fiducia dei consumatori.
A fronte dell’inflazione più elevata degli ultimi 10 anni e di un’economia fiorente, già a marzo la Fed ha iniziato a operare rialzi dei tassi: ad oggi il tasso di riferimento è aumentato del 3,25%. Per contenere l’aumento dei prezzi e mantenere le aspettative di inflazione su un livello adeguato, la Fed ha chiaramente indicato che intende inasprire la propria politica e mantenere il tasso di riferimento su un livello elevato più a lungo.
La stretta monetaria sta acquisendo slancio e la domanda aggregata sta rallentando. Il ripristino della stabilità dei prezzi sarà quasi inevitabilmente accompagnato da un lungo periodo di crescita lenta e di aumento della disoccupazione, il che non fa che aumentare le probabilità di recessione. Il lato positivo è che la Fed sembra essere sulla buona strada per riportare l’inflazione sotto controllo e aumentare il suo spazio di manovra politico, oltre a poter ancora contare su un’economia robusta e su solidi livelli di occupazione.
E quella dell’Eurozona?
L’economia dell’Eurozona non si è ancora pienamente ripresa dallo shock della pandemia ed è alle prese con un’inflazione storicamente elevata, carenze energetiche e una grave siccità.
L’Europa è stata duramente colpita dalla guerra in Ucraina e dalle conseguenti sanzioni e interruzioni degli scambi commerciali, e rimane particolarmente vulnerabile agli sviluppi dei mercati energetici.
L’attività economica è debole e il settore industriale continua ad essere messo a dura prova dalle strozzature dal lato dell’offerta e dalla debolezza della domanda globale. Il mercato del lavoro rimane robusto, ma la crescita dei salari non riesce a stare al passo con l’inflazione. Di conseguenza, la fiducia dei consumatori è ai minimi storici, a causa del forte calo del reddito reale disponibile e dell’indebolimento del potere di acquisto.
I livelli record di inflazione sono dovuti in primis all’impennata dei prezzi dell’energia e all’indebolimento dell’euro. L’inflazione, tuttavia, si espande e si consolida lentamente. La BCE ha iniziato a inasprire la politica monetaria solo a luglio, in un contesto in cui la crescita economica aveva già iniziato a rallentare. La ferma determinazione della banca centrale europea a riportare l’inflazione verso il livello target rende sempre più probabile una recessione nel 2023. La politica fiscale sarà in grado di mitigare gli effetti negativi della stagflazione, ma nel complesso una recessione nella seconda metà dell’anno appare quasi inevitabile.
E l’economia cinese?
Il Congresso Nazionale del Popolo ha annunciato un ambizioso obiettivo di crescita ufficiale del PIL del 5,5% per il 2022, ma i funzionari hanno già tacitamente riconosciuto l’impossibilità di raggiungere questo traguardo. L’economia cinese sta rallentando da tempo, frenata dal giro di vite normativo, dai ripetuti focolai di Covid e da severi blocchi e chiusure di ampie zone economiche.
Il settore immobiliare è in crisi profonda e mostra preoccupanti segnali di sovrainvestimento e sovraindebitamento. Nonostante il forte supporto della politica monetaria e fiscale a sostegno della crescita, i consumi interni sono deboli e l’espansione del credito è contenuta, poiché imprese e famiglie rimangono pessimiste sulle prospettive economiche.
Le politiche accomodanti continueranno a stimolare la crescita, ma l’eccessivo indebitamento, l’indebolimento della domanda e le tensioni tra obiettivi economici e preoccupazioni per la salute continueranno probabilmente a ostacolare l’espansione per il resto dell’anno. Le tensioni geopolitiche con gli Stati Uniti su Taiwan sono un’ulteriore fonte di preoccupazione per la Cina e per l’economia globale.
L’economia globale riuscirà a orchestrare un soft landing e a scongiurare una recessione?
I dati economici sono eterogenei e l’incertezza è elevata. Il divario tra dati hard e dati soft si sta ampliando: i sondaggi segnalano un rallentamento congiunturale, mentre i dati hard indicano una certa stabilità.
Sullo sfondo di un mercato del lavoro relativamente stabile, i consumi appaiono abbastanza solidi, mentre la fiducia dei consumatori e delle imprese è vicina ai livelli più bassi del ciclo. L’industria manifatturiera mostra segni di rallentamento e i mercati immobiliari di tutto il mondo si stanno rapidamente raffreddando, con preoccupanti segnali di sovrainvestimento e di incombente crisi immobiliare.
L’andamento dell’inflazione e la tenuta delle economie saranno fondamentali per evitare una recessione. Se l’inflazione rimane elevata, le banche centrali inaspriranno ulteriormente le proprie politiche, le prospettive economiche si incupiranno e i rischi di recessione aumenteranno.
Come evolverà lo scenario macroeconomico nei prossimi mesi?
Nel corso dell’estate i segnali di indebolimento della domanda aggregata, un certo allentamento dell’offerta e il calo dei prezzi delle materie prime hanno suscitato negli operatori la speranza che le banche centrali potessero ricalibrare le loro politiche per ottenere l’auspicato soft landing.
Gli istituti centrali hanno tuttavia bisogno di prove chiare e convincenti di un calo dell’inflazione di fondo per riconsiderare il loro percorso di inasprimento. Indicatori come i salari, le utenze, i prezzi delle assicurazioni e gli affitti suggeriscono un certo radicamento delle spinte inflazionistiche e l’esistenza di pressioni strutturali più forti.
In presenza di un’inflazione radicata, ci vuole più tempo perché le politiche diano i loro frutti. Le banche centrali hanno chiaramente comunicato di essere determinate a ridurre l’inflazione e di non avere fretta di passare ad un atteggiamento accomodante.
Lo scenario di stagflazione si trasformerà in recessione o le banche centrali saranno in grado di guidare le rispettive economie verso un soft landing?
Il raggiungimento della stabilità dei prezzi richiederà un periodo prolungato di politica monetaria restrittiva e rendimenti più elevati. Le banche centrali continueranno ad inasprire le loro politiche e ad aumentare ulteriormente i tassi di interesse per evitare un disancoraggio delle aspettative di inflazione, il che porterà ad un rallentamento globale e a una possibile recessione.