di Marco Lettieri e Paolo Raimondi Ex sottosegretario all'Economia il primo ed economista il secondo.

Algoritmi: la parola magica per meglio speculare

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Recentemente i mercati internazionali, sia delle valute che dei titoli, hanno registrato dei capovolgimenti così grandi da suscitare grandi preoccupazioni sulla tenuta dell’intero sistema bancario e finanziario mondiale. Eppure i governi e le autorità preposte, nonostante le loro indubbie preoccupazioni, hanno cercato di far passare tali eventi come ‘fisiologici per il mercato’. Invece, così non è.
Venerdì 7 ottobre, nel giro di meno di 3 minuti, la lira sterlina è crollata del 6% per poi recuperare il 5% in meno di un ora. Dopo aver raggiunto il minimo assoluto degli ultimi 31 anni, a fine giornata la sterlina registrava una perdita dell’1,6%. Il crollo è avvenuto alle 7 di mattina sul mercato di Singapore, mentre a Londra ancora si dormiva profondamente e la borsa di Wall Street aveva già chiuso le sue operazioni.
E’ stata una pura speculazione, di inaudita pericolosità per l’intero sistema, per niente giustificabile con i possibili effetti della Brexit sull’economia inglese. L’unica spiegazione possibile, ci sembra, è legata al cosiddetto ‘electronic trading’, che avviene quando i computer sono programmati con un algoritmo specifico a fare in automatico operazioni di compravendita ad una velocità straordinaria, oltre ogni immaginabile umana capacità.
Algoritmi e computer basati su istruzioni relative all’andamento di certi scenari, come quello della Brexit.
Si arriva finanche ad impostare tali algoritmi in rapporto al numero e al tipo di informazioni riportate dai media, a volte addirittura dai social media!
L’algoritmo succitato avrebbe ‘letto’ i reportage negativi sulla Brexit come un segnale di vendita della sterlina. Poi, quando la moneta inglese ha cominciato a scendere, altri algoritmi si sono ‘attivati’ nelle stessa direzione.
Purtroppo i mercati internazionali dei cambi sono ancora grandemente non regolati. Secondo la Banca dei Regolamenti Internazionali gli scambi della coppia dollaro-sterlina rappresentano il 9,2% di tutte le contrattazioni nei mercati dei cambi, che mediamente sono di 5,1 trilioni di dollari al
giorno.
Negli ultimi tre anni l’‘algorithm trading’ sarebbe aumentato enormemente. Si rammenti che qualche giorno prima, il 30 settembre, le azioni della Deutsche Bank avevano perso il 9% in mattinata e avevano guadagnato il 5,7% a fine giornata. Una cosa inaudita, fuori dal normale andamento.
Le nostre critiche a Deutsche Bank sono note. Qui però si è di fronte ad un colossale attacco speculativo, non facilmente spiegabile. L’anomalo andamento non può essere attribuibile semplicemente alla stratosferica multa comminata dalle autorità americane alla banca tedesca per le sue passate speculazioni con i derivati sui mutui subprime americani. Né la successiva risalita delle sue quotazioni può essere giustificabile con le notizie relative ad una eventuale riduzione della multa in questione.
Chi ha comprato le azioni per salvare la banca dal tracollo? E’ una domanda che sorge spontanea.
Mario Draghi, governatore della Banca Centrale Europea, nel suo recente discorso ai parlamentari tedeschi del Bundestag, ha detto che la sua politica del tasso di interesse zero, nel 2015 ha fatto risparmiare alla Germania ben 28 miliardi di euro. Sulla base di questo dato si può ipotizzare che negli ultimi anni Berlino abbia pagato meno interessi sul suo debito pubblico per almeno 100 miliardi.
La Germania non sembra aver usato tanta ricchezza per sostenere consumi e investimenti in casa propria o nelle regioni europee più deboli e bisognose di un sostegno concreto per il loro rilancio economico. Molto probabilmente il ‘tesoretto’ tedesco è stato accantonato proprio per il salvataggio delle banche che non sono in buona salute!
I due recenti avvenimenti finanziari menzionati assumono una gravità eccezionale per le dimensioni e i velocissimi tempi delle operazioni. Essi ci dicono che l’intero sistema economico è esposto più di prima a terremoti di altissima magnitudo.
Non sono vicende da lasciare ai mercati o solo alle banche centrali e alle autorità di controllo. Sono questioni squisitamente politiche che, secondo noi, richiedono interventi e decisioni da parte dei governi. Senza indugi, prima che una nuova crisi sistemica bussi alla porta.