Anima: stile “libero”, parola d’ordine flessibilità
Ormai si è avuta chiara conferma che la volatilità è tornata sulla scena, non tanto per ragioni legate a temi macro, quanto piuttosto per l’ascesa di alcuni rischi e aspetti legati al posizionamento degli investitori. In questo contesto, perciò, nei portafogli è bene continuare a privilegiare l’aspetto tattico e puntare su un’allocazione più flessibile.
Parola d’ordine flessibilità. Nelle ultime settimane l’alta volatilità è tornata sui mercati e lo scenario ideale, che qualcuno aveva battezzato di Goldilocks economy – frutto della combinazione tra crescita in accelerazione e inflazione stabile – sembra ormai archiviato, non tanto per ragioni macro-fondamentali, quanto piuttosto per l’incremento di alcuni rischi e aspetti legati al posizionamento degli investitori.
In particolare, la volatilità ha ricominciato a salire dall’inizio del mese di febbraio, quando a determinare l’avversione al rischio erano stati i timori legati ad una accelerazione dell’inflazione americana e di una conseguente possibile stretta monetaria da parte della Fed. Questa volta, invece, ad arrestare la fase di recupero e a creare nuove tensioni, sono state principalmente le scelte di politica commerciale messe in atto dall’Amministrazione americana, che ha cominciato ad implementare l’agenda protezionistica promessa dall’inizio del suo mandato. Prima, in apertura dell’anno, è stata la volta dell’imposizione di dazi su lavatrici e pannelli solari, a cui sono poi seguiti quelli su acciaio ed alluminio.
Anima: View strategica prudente
La situazione, però, ha cominciato a diventare più tesa quando è stato pubblicato l’esito dell’inchiesta che avrebbe rivelato violazioni da parte della Cina delle norme che disciplinano la proprietà intellettuale, in risposta alle quali Trump ha minacciato ulteriori dazi su circa 50 miliardi di dollari di importazioni cinesi, con conseguenze che potrebbero essere davvero importanti a livello globale.
Nel corso del mese di marzo, inoltre, le principali banche centrali hanno confermato di voler proseguire sulla strada della normalizzazione delle loro politiche monetarie. In occasione della riunione dell’8 marzo, la Banca Centrale Europea ha compiuto un ulteriore passo verso l’operazione di uscita dal QE entro il 2018 e ha rimosso dal comunicato ufficiale il cosiddetto “easing bias”, ossia il riferimento alla possibilità di modificare al rialzo il flusso di acquisti mensili di titoli.
La Federal Reserve, poi, lo scorso 21 marzo, ha concluso il primo meeting sotto la guida del neo Presidente Powell con un aumento dei tassi di 25 punti base (si veda Grafico 1) con i Fed Funds che hanno così raggiunto quota 1,75%. I rialzi attesi per quest’anno restano fermi a tre, ma ne sono stati stimati altri tre per il 2019 e ancora due nel 2020, uno in più per ciascun anno rispetto a quanto la Federal Reserve aveva indicato in precedenza.
Gli sviluppi delle ultime settimane hanno confermato la crescente vulnerabilità degli investitori ai rischi e il passaggio verso un regime di volatilità strutturalmente più alto. Pertanto, il team gestionale di ANIMA conferma una view strategica prudente.
In particolare, sui mercati azionari, si ritiene che per cogliere le opportunità offerte da uno scenario volatile, occorra privilegiare ulteriormente uno stile di gestione attivo e tattico, passando ad un’allocazione più flessibile dei portafogli. Trasversalmente alle diverse asset class diventa sempre più cruciale l’attività di selezione dei titoli in portafoglio.
Mercati obbligazionari e valute
Si aumenta la liquidità e si abbassa la duration. Il giudizio sulle obbligazioni governative resta strategicamente negativo, nonostante la fase contingente di stabilizzazione dei tassi di interesse: le politiche monetarie diventeranno, infatti, se pur gradualmente, sempre meno espansive e alimenteranno un aumento dei tassi. Inoltre, la dinamica positiva sulle attese di inflazione è confermata e sembra consolidarsi a livello globale. L’inflazione (per cui si veda il Grafico 2) rappresenta una variabile chiave: le Banche Centrali sono diventate molto più sensibili al flusso di dati e la loro attenzione si sta spostando dalle aspettative di inflazione al mercato del lavoro e alla relazione prezzi-salari.
In questo contesto, perciò, vediamo poche opportunità sulle obbligazioni, comprese quelle corporate ed high yield che presentano spread molto compressi e valutazioni poco appetibili. In generale, dunque, suggeriamo un atteggiamento prudente sul mercato obbligazionario che, all’interno dei portafogli obbligazionari di ANIMA si è tradotto in una gestione più conservativa, aumentandone la liquidità e abbassando invece la duration.
Per quanto riguarda le valute, si conferma la positività s ualcune divise emergenti e sullo yen, che di solito beneficia dei momenti di volatilità. L’euro-dollaro è in trading-range, ma la sensazione è che il flusso di notizie positive per la moneta unica si stia esaurendo: la view sulla moneta statunitense resta neutrale, anche perché la minaccia di una potenziale guerra commerciale di certo non favorisce questo cambio.
Mercati azionari
Europa: il posizionamento si fa più tattico
Nell’ultimo mese le Borse europee hanno registrato una generalizzata debolezza a causa dell’ondata di volatilità che si è mantenuta ad un livello superiore alla media degli ultimi 12 mesi. Complici un insieme di fattori, che vanno dalle tensioni commerciali e geopolitiche tra USA e Cina/Europa alle prospettive di crescita che rimangono buone ma con indicatori di sentiment che potrebbero avere raggiunto il punto di picco, senza dimenticare i rialzi dei tassi negli USA e valutazioni superiori alle medie storiche.
Pertanto, il giudizio per i mercati azionari europei viene mantenuto neutrale con un posizionamento che diventa più tattico, in quanto le opportunità di rendimento derivano dalla capacità di interpretare e di saper sfruttare anche movimenti di breve respiro ma profondi. I dati relativi alle stime sugli utili dei prossimi dodici mesi hanno raggiunto il miglior livello dal 2011, a conferma del buon momento per le aziende europee.
Per quanto riguarda il posizionamento settoriale il giudizio resta costruttivo sul settore finanziario, in quanto si ritiene che dovrebbe beneficiare della risalita dei tassi di interesse sui bond sovrani. Inoltre dovrebbe giocare a favore di questo comparto anche il recente movimento al rialzo della curva dell’Euribor con un effetto positivo sui margini operativi delle banche europee, che stanno beneficiando anche della crescita dei prestiti al settore privato e del miglioramento della qualità dei propri Assets.
Viene sovrappesato anche il settore energetico: queste società dovrebbero essere favorite da un ribilanciamento della domanda e dell’offerta sul mercato del petrolio, in quanto la recente ripresa dei prezzi sembra destinata a continuare. Il prezzo del petrolio nelle ultime settimane si è stabilizzato intorno ai 65 dollari a barile e ciò dovrebbe portare ulteriore vantaggio.
Una riflessione a parte merita il settore della tecnologia, a maggior ragione dopo che è scoppiato il caso Facebook,
per il peso che ricopre negli indici a livello globale (meno in Europa) e per il contributo determinante che ha fornito alla crescita degli utili negli ultimi anni. È difficile, infatti, che i mercati azionari possano sganciarsi dalle sorti di questo settore, che al momento ha due ordini di problemi: il rischio di azioni politiche volte a inasprire la regolamentazione sul fronte protezione dei dati, specie in Europa; il rischio che si sviluppi una guerra tariffaria.
La tecnologia, infatti, è proprio al centro della disputa fra Stati Uniti e Cina e la gran parte delle società ha una catena
di approvigionamento e distribuzione molto integrata su scala globale. L’Ocse stima che un aumento permanente del 10% dei costi associati al commercio internazionale da parte di Stati Uniti, Europa e Cina su tutti i beni importati, potrebbe determinare un calo del PIL globale compreso fra 1% e 1,5%. Al momento il team gestionale di ANIMA non si aspetta nel proprio scenario centrale che si scateni una vera e propria guerra tariffaria globale, tuttavia ritiene che oggi si tratti del rischio più significativo per i mercati e che come tale vada monitorato con attenzione.
Italia: la migliore fra le Borse europee
Finora il mercato azionario italiano rappresenta il miglior mercato europeo (si veda il Grafico 3), nonostante l’esito incerto delle elezioni dello scorso 4 marzo. L’allocazione si mantiene comunque prudente con una conseguente riduzione del profilo di rischio del portafoglio, in attesa di sviluppi sul fronte politico. Le aspettative di crescita permangono comunque positive anche per il 2018 e questo potrà contribuire a mitigare l’impatto dell’incertezza che sussiste riguardo la futura stabilità governativa. A riprova gli indicatori di sentiment di imprese e consumatori si mantengono su valori mediamente elevati e sono coerenti con una positiva dinamica del PIL. Un contributo importante al buon andamento della Borsa italiana è rappresentato anche dalla spinta che continua ad arrivare dalla domanda per i PIR da parte degli investitori.
Usa: il futuro dipende dalla Fed e dalle scelte di politica commerciale
Da inizio anno la performance del mercato americano è piatta a livello di indici. Le prospettive sono comunque legate alla dinamica dei tassi di interesse, ma se la Fed proseguirà in modo progressivo il mercato dovrebbe avere ancora potenzialità di rialzo, anche se senza avere uno sviluppo così positivo come è avvenuto nel 2017. Il giudizio si conferma comunque cauto soprattutto alla luce delle tensioni geopolitiche scatenate dalla campagna protezionistica dell’Amministrazione Trump.
Borse emergenti: la crescita resta un fattore di supporto
In un panorama di neutralità tattica e pur tenendo conto che le correlazioni tra mercati oggi risultano aumentate,
queste Borse si confermano le uniche su cui il giudizio viene conservato di segno positivo, in quanto continuano
ad essere supportate da uno scenario macro fondamentale quasi ideale per il concorso di alcuni elementi: la crescita in accelerazione in senso assoluto e rispetto ai Paesi avanzati; il trend di indebolimento del dollaro; il trend di apprezzamento delle materie prime. Siamo sovrappesati su Corea, India, Indonesia, Brasile e Cina.
Borse Asiatiche: lo yen penalizza il mercato giapponese
La debolezza del mercato giapponese si spiega principalmente per due ragioni: i timori di rallentamento della crescita globale a causa delle politiche protezioniste americane; e l’apprezzamento dello yen, valuta che storicamente si apprezza nelle fasi di avversione al rischio.
Tuttavia, il mercato potrebbe recuperare terreno a maggio, dopo la chiusura dell’anno fiscale e la pubblicazione di guidance probabilmente ultra conservative per il 2019. Le opinioni e il contenuto del documento non costituiscono una raccomandazione, un consiglio o un invito ad effettuare operazioni finanziarie di investimento o di altro tipo.
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