L’ultima volta che l’Australia ha attraversato una recessione, in Germania si avviava ufficialmente la demolizione del muro di Berlino, Margaret Thatcher si era appena dimessa e nessuna società di Donald Trump aveva ancora dichiarato fallimento.
A partire dalla famigerata recessione “che dovevamo affrontare” – parole dell’allora tesoriere Paul Keating del novembre 1990 – l’Australia ha vissuto un periodo record di crescita economica, rivelandosi in grado di resistere persino alla crisi finanziaria globale del 2008. Tuttavia, stiamo monitorando da tempo l’indebolimento del mercato immobiliare in Australia e temiamo che si stia verificando una lenta stretta creditizia che potrebbe peggiorare in modo significativo nei prossimi 12 mesi.
In effetti, Morgan Stanley ha di recente segnalato che il crollo dell’immobiliare potrebbe mettere a repentaglio la fase espansiva che perdura in Australia da 27 anni.
Australia: assetto immobiliare somiglia a Usa prima di crisi subprime
L’assetto del mercato immobiliare australiano presenta notevoli somiglianze con quello statunitense prima della crisi finanziaria globale: ha registrato una crescita negli ultimi 35 anni che ora sta rapidamente diminuendo man mano che le banche riducono i loro standard di prestito, un tempo più permissivi. Ciò è avvenuto in seguito ai risultati di un’indagine condotta a settembre 2018 dalla Royal Commission, che – incaricata dal governo di esaminare le modalità di prestito delle banche – ha rilevato come esse non svolgessero un buon lavoro di verifica delle spese personali dei clienti.
Di conseguenza, il credito al comparto immobiliare in Australia si è drasticamente prosciugato e il Paese si trova ora ad affrontare la peggiore crisi del settore degli ultimi 35 anni. A livello nazionale i prezzi delle case sono scesi dell’1,3% a dicembre, il calo mensile più consistente dal 1983, il che ha comportato una calo annuo del 6,1% nel 2018 [1].
Un ulteriore motivo di preoccupazione per noi è lo stato precario dei consumatori australiani che risultano essere i più indebitati del mondo sviluppato, con un rapporto debito/PIL delle famiglie attorno al 120%. Si tratta di un livello leggermente superiore a quello dei consumatori statunitensi appena prima della crisi finanziaria globale. Il 56% dell’indebitamento delle famiglie è costituito da mutui e ciò ha già un impatto sull’economia australiana.
Australia: forte rallentamento del PIL a fine 2018
Nel terzo trimestre del 2018, la crescita del PIL australiano ha subito un forte rallentamento, scendendo al +0,3% rispetto al +0,9% del trimestre precedente. Si tratta di un tasso inferiore della metà rispetto alle previsioni degli economisti, in gran parte dovuto al rallentamento dei consumi. La contrazione delle vendite al dettaglio a dicembre 2018 ha rispecchiato la pressione sui consumatori. Di conseguenza, la crescita annua nel 2018 è scesa dal 3,4% al 2,8% [2]. Anche le concessioni edilizie stanno crollando.
Prevediamo che l’economia continuerà a indebolirsi nei prossimi sei mesi, soprattutto perché i venti contrari provenienti dalla crisi del credito immobiliare coincidono con il rallentamento della crescita in Cina, il principale partner commerciale dell’Australia, e anche perché si avvicinano le elezioni federali previste a maggio di quest’anno, potenzialmente dirompenti.
Per questi motivi, siamo ottimisti sui titoli di stato australiani a più lunga scadenza che conservano intatto il loro rating AAA e rientrano tra quegli asset “safe haven” molto ambiti, insieme agli US Treasury, che hanno tenuto bene durante l’intensa volatilità dei mercati azionari nel quarto trimestre del 2018. Ci stiamo anche proteggendo dall’esposizione al dollaro australiano nella nostra strategia, dal momento che riteniamo che tale valuta continuerà ad indebolirsi. I tassi di interesse in Australia si aggirano intorno all’1,5% e riteniamo che possano sempre più avvicinarsi allo zero, visti i rischi segnalati dall’economia.
Banca centrale: al vaglio tagli dei tassi e QE
Nella prima settimana di dicembre, infatti, il vice governatore della Reserve Bank of Australia (RBA) ha accennato a tagli dei tassi d’interesse e persino a misure di quantitative easing come possibili politiche per affrontare la debolezza del mercato immobiliare, due opzioni che sarebbero molto positive per i titoli di Stato australiani. A febbraio, l’RBA si è spinta oltre, riducendo le previsioni di crescita per l’anno fino a fine giugno dal 3,25% al 2,5%, dando quindi nuovo impulso ai titoli di Stato australiani.
Da quanto emerso dai verbali dell’ultimo incontro dell’RBA per la determinazione dei tassi di interesse il settore immobiliare ha suscitato forti preoccupazioni. In effetti, la questione immobiliare è stata oggetto di discussione persino più dell’outlook sulla crescita cinese. L’RBA sta finalmente iniziando a rendersi conto che esiste un problema crescente.
Riteniamo che potrebbe volerci qualche tempo prima che la RBA consideri seriamente la possibilità di ridurre i tassi. Ciò dovrebbe esercitare un’ulteriore pressione sulla parte più lunga della curva dei rendimenti dei titoli di Stato, a vantaggio di quelli che abbiamo in portafoglio. I possibili fattori trainanti che stiamo tenendo sotto controllo includono ulteriori revisioni al ribasso della crescita e qualsiasi evidenza che il rallentamento stia iniziando ad influenzare il mercato del lavoro, che attualmente risponde alla definizione di “piena occupazione” da parte dell’RBA.
[1] Fonte: Bloomberg, gennaio 2019.
[2] Fonte di tutti i dati: Australian Bureau of Statistics, 2018.