Da quando la parola “Coronavirus” ha iniziato a circolare a questi giorni, che hanno fatto segnare una vera débâcle delle borse globali, sembrano essere passate ben più di poche settimane. L’aumento delle preoccupazioni per il Covid-19 a livello globale ed in particolar modo, l’evidenza che il contenimento dell’epidemia in Italia richieda misure “draconiane” per limitare il contagio hanno trasformato la percezione degli investitori e con essa lo scenario di mercato.
Nella seduta di lunedì, poi, il mercato ha dovuto fare i conti con tre sviluppi ulteriori:
Il numero di casi di Covid-19 confermati negli USA, Regno Unito, Francia, Germania e Canada cresce a vista d’occhio.
La Lombardia in quarantena forzata sembra essere il “modello” di comportamento al quale saranno assoggettati tutte le aree del mondo occidentale nelle quali si diffonderà il virus.
Le tensioni nate nell’OPEC+ dopo che la Russia ha abbandonato il tavolo delle trattative con l’Arabia Saudita per la riduzione della produzione petrolifera, hanno innescato il più violento crollo petrolio dal 2008.
Relativamente ai primi due, chiaramente, il punto è mettere nell’equazione dei mercati quel “salto di stato” del Coronavirus da epidemia a rischio “pandemico”, in particolare per le conseguenze economiche che ne deriveranno.
Sulla questione del prezzo del petrolio le considerazioni sono molteplici:
In un mondo che avrà in prospettiva sempre meno bisogno del greggio, le tensioni all’interno del cartello OPEC+ sono l’antefatto di una probabile guerra spietata per accaparrarsi quote di mercato a discapito dei produttori meno efficienti (i.e. shale oil americani). La conseguenza è che le compagnie petrolifere e per certi versi le banche USA sono ora esposte a nuovi downgrade, default e incagli così com’era stato nel 2016.
Tra il 10% e il 15% degli attivi finanziari a livello globale è detenuto da fondi sovrani dei paesi esportatori di petrolio. Ora, per mantenere il pareggio di bilancio in molte nazioni produttrici si è spesso ricorso in passato alla liquidazione di obbligazioni, partecipazioni societarie e titoli azionari nei quali tali fondi sono investiti.
Quanto è accaduto sui mercati finanziari quindi va al di là della discesa violenta degli indici azionari ed ha tutte le caratteristiche di un movimento di liquidazione in cui gli investitori vogliono solamente chiudere le posizioni quale che sia il prezzo o l’attività sottostante. Il punto principale ora è capire i differenti livelli di incertezza da risolvere prima che il mercato torni razionalmente a prezzare lo scenario.
Il primo livello è quello sanitario ed è direttamente legato al virus. Ora, senza slanciarsi in analisi epidemiologiche o virologiche su come si possa sviluppare il Covid-19 di qui in avanti, ravvisiamo alcune grossolane evidenze che possono essere tratte dalla “matematica” dei dell’epidemia:
Il numero dei nuovi casi in Cina sta declinando velocemente facendo ipotizzare che le azioni intraprese dal governo cinese stiano iniziando mettere sotto controllo il contagio.
Il numero dei contagiati al fuori della Cina sta aumentando ad un passo esponenziale.
Nei paesi nei quali si sviluppano contagi tra soggetti non riconducibili con legami verso aree nelle quali la malattia è diffusa, il percorso dell’epidemia segue un andamento inizialmente simile alla provincia di Hubei con un mese di ritardo, costringendo i governi ad adottare misure draconiane di contenimento.
La maggior parte di coloro che hanno contratto il virus (l’80%) non mostra sintomi importanti; del restante circa la metà (il 10%) richiede l’ospedalizzazione e in una porzione significativa il ricorso alla terapia intensiva. Una percentuale variabile tra i casi confermati tra il 2%-3% rischia il decesso.
In sostanza, le prossime tre-quattro settimane saranno cruciali per capire se l’epidemia possa seguire il percorso della Cina.
L’aspetto principale sarà identificare quando Covid-19 inizierà a mostrare segnali di rallentamento del contagio con conseguente progressivo ritorno alla normalità o se si debba aspettare l’estate per avere qualche miglioramento. Nel contesto attuale il principale rischio è che gli Stati Uniti stiano sottovalutando il contagio e che quindi le cose debbano peggiorare ulteriormente prima di vedere una vera inversione di tendenza.
Il secondo livello di incertezza risiede nelle risposte di politica monetaria e fiscale che banche centrali e governi stanno approntando. Finora abbiamo avuto due comportamenti per certi versi opposti all’emergenza:
La Cina (e in minor misura Italia, Sud Korea e gran parte dell’Asia) che hanno introdotto misure straordinarie di contenimento del contagio attraverso un controllo sociale ma con conseguenze economiche ingenti.
Gli USA che hanno mostrato una risposta economica fortissima (la Fed ha tagliato intra-meeting di 50 bps i tassi come nel 2008 e il governo Trump sta introducendo ingenti stimoli fiscali) ma non si è fatto ancora nulla per contenere il contagio.
È chiaro che, fintanto che il contagio non sarà messo sotto controllo e si inizierà a intravvedere un lento ritorno alla normalità, le conseguenze sullo scenario saranno difficilmente quantificabili e la volatilità dei mercati resterà elevata.
Solo una volta che i movimenti di mercato saranno meno isterici sarà possibile comprendere quali siano le migliori soluzioni per ricostruire le performance in un ambiente a quel punto nettamente più ricco di opportunità.
In tale fase, a nostro modo di vedere, il mercato sceglierà in maniera selettiva aree e settori che avranno dalla propria parte supporti di politica fiscale e monetaria sufficienti per ricostruire la fiducia perduta.
Questo è il momento di giocare semplice: accumulare lentamente Azionario Globale “direzionale” (MSCI World o S&P500), riducendo credito, strategie flessibili e durationobbligazionaria per partecipare ad eventualirecuperi con minori esposizioni al rischio.
In pratica, l’obiettivo è in questa fase quello di poter partecipare ad eventuali recuperi di mercato (indotti dalle risposte di policy) con un rischio con dosi “omeopatiche” e mantenendo un livello di prudenza elevato. Ciò si traduce in un bilanciamento tra attivi difensivi (Liquidità, Short Term High Grade, Oro) abbinati ad un accumulo lento di mercato azionario almeno fintanto che non sarà chiaro lo scenario.