Non c’è niente da fare. Nonostante la mole crescente di parole scritte e dette contro le grandi fusioni aziendali, nonostante il diluvio di critiche piovute a chi invoca le aggregazioni bancarie sotto il totem del “too big to fail”, si continua imperterriti sulla strada sbagliata.
Non sono bastate le parole spese ormai quotidianamente da persone e liberi pensatori, come Zamagni e Becchetti. Il barnum è ripartito. Punto.
«Qual è l’interesse del Paese?», si è chiesto proprio Becchetti sull’Avvenire il 5 febbraio scorso. «Quello che ci sia qualcuno con vocazione specifica di far credito a piccole e medie imprese e imprese artigiane. Cosa che non è affatto conveniente per le grandi banche massimizzatrici di profitto che tutti considerano essere il modello migliore».
Dal nostro osservatorio, noi lo vediamo quotidianamente. Sempre più spesso, infatti, colleghi di filiale mi riportano chiacchierate con clienti i quali riferiscono loro che l’imperativo – degli altri – sembra essere “sparare sulle Bcc”. Nelle altre banche, dagli amministratori delegati agli operatori di sportello, questo mantra sembra percorra tutta la catena di comando. Ci fa specie sapere che colleghi di altri istituti volteggino come avvoltoi sulle nostre filiali e inseguano i nostri clienti paventando crisi infinite per le Bcc.
Perché questo accanimento? Beh, comincio anch’io a unirmi alla schiera di quanti ipotizzino esista un disegno basato sulla costruzione di un sistema composto da sole elefantiache e potenti strutture. Eppure le Bcc hanno le dimensioni giuste per dialogare con tutti; hanno una catena di comando breve; hanno una finalità: non speculazione ma sostegno all’economia reale.
E allora, cosa muove questo attacco?
È una strategia commerciale spinta o semplicemente il tentativo di alterare la realtà ipotizzando fantasmi?
Chi denigra non mai ha argomenti. È tutta una questione di modello: il nostro, che funziona ancora, è quello di relazione. Da una parte c’è chi vagheggia spettri e si difende dietro a mercati finanziari autoreferenziali; dall’altra ci sono le Bcc che vivono in stretto contatto con il territorio e si preoccupano di difenderlo e farlo crescere.
Nei sei paradigmi dell’interazione umana indicati da Covey, quello che rappresenta lo stile Bcc è il VINCO/VINCI. In questo paradigma si “vede la vita non come un’arena competitiva ma come una realtà cooperativa”. La maggior parte di noi tende a pensare in termini di dicotomie: forte e debole, duro o morbido, vincere o perdere, questo modo di pensare è fondamentalmente errato.
Si basa sul potere e sulla posizione anziché sui principi. Vinco/Vinci si basa sul paradigma “c’è posto per tutti”: il successo di una persona non si raggiunge a scapito di altri. Vinco/Vinci significa credere nella terza alternativa. Non si tratta del tuo modo o del mio si tratta di un modo migliore, di un modo superiore».
Non ci muoviamo quindi nella logica opportunistica del “mors tua vita mea”. Ma in quella della cooperazione, mettendo mattone su mattone. Lo capiranno i nostri delatori? Non credo. Del resto, Blackrock – la più grande società di investimento al mondo – è appena entrata in un’altra Banca grande italiana, e ha quote in quasi tutte le altre big. Ma qualcuno crede davvero che a loro possa interessare il modo più giusto di fare le cose?