Con l’approssimarsi della riunione della Bce di oggi, e con un’inflazione in area euro che ha toccato il record del 9,1% in agosto, gli occhi sono tutti puntati sulle prossime mosse della Banca centrale europea. A dire il vero, un’indicazione di quello che potrebbe accadere nei prossimi mesi negli uffici dell’Eurotower l’ha data Isabel Schnabel, membro del comitato esecutivo della Bce, al Simposio di Jackson Hole. Se Powell ha dominato i notiziari con il suo breve ma intenso discorso contro l’inflazione, Schnabel ha pronunciato un discorso più lungo, articolato ed energico su come combattere l’aumento dei prezzi in Europa. Questi sono i 5 punti salienti che potrebbero interessare maggiormente i mercati.
Riconoscere che l’inflazione è un problema enorme
Per Schnabel, il tempo di discutere le cause dell’aumento dei prezzi è finito. “È irrilevante se sia guidata dall’offerta o dalla domanda”, sostiene Schnabel, “se una banca centrale sottovaluta la persistenza dell’inflazione ed è lenta nell’adattare le sue politiche, allora i costi possono essere significativi”.
I rischi di inflazione restano al rialzo anche dopo l’impennata
I rischi inflattivi sono ancora alti e Schnabel cita ad esempio “le pressioni senza precedenti sulla produzione, un mercato del lavoro ristretto e le rimanenti pressioni sull’offerta aggregata che minacciano di alimentare un processo inflattivo tanto difficile da controllare quanto più esitiamo ad agire”. I numeri di agosto sembrano darle ragione. L’inflazione è salita al 9,1%. Anche escludendo i prodotti alimentari e l’aumento dei prezzi dell’energia, l’IPC core è salito al 4,3%. Sebbene l’inflazione “trimmed mean” (ovvero aggiustata eliminando le componenti più anomale di un dato periodo), dell’area euro non sia ancora disponibile per il mese di agosto, a luglio è salita al 5,8% su base annua, mostrando pressioni inflazionistiche ancora di ampia portata.
C’è il rischio di perdere l’ancoraggio dell’inflazione in Europa
Le aspettative dell’inflazione nell’area euro si stanno disancorando. È questo il timore di Schnabel, supportato dai dati più recenti: le aspettative mediane, infatti, sono vicine al 3%, mentre le aspettative medie sono passate dal 3% di un anno fa all’attuale 5%. E non c’è nulla che spaventi un banchiere centrale più delle aspettative di inflazione non ancorate. Il rischio è infatti un aumento delle richieste salariali, che possa andare a innalzare ancora di più l’inflazione. Appare sempre più evidente come i banchieri centrali mirino a tornare al 2% e non si accontentino di un 3-4%.
Una recessione non fermerà la Bce
Schnabel ha anche ammesso che nemmeno una recessione dissuaderebbe la Bce dall’effettuare rialzi dei tassi. “Anche se entriamo in una recessione, abbiamo poca scelta se non quella di continuare il percorso di normalizzazione” ha commentato durante una tavola rotonda.
Nessuna pausa, nessun cambio di rotta per la Bce
Infine, Schnabel si è detta contraria a una pausa fino a quando l’inflazione non tornerà sotto controllo. “I responsabili delle politiche non dovrebbero fare una pausa al primo segnale di una potenziale svolta nelle pressioni inflazionistiche, come un’attenuazione delle interruzioni della catena di approvvigionamento” scrive Schnabel, “piuttosto, devono segnalare la loro forte determinazione a riportare rapidamente l’inflazione verso l’obiettivo”.
A Jackson Hole, Jerome Powell ha dato un messaggio breve: 4 pagine e 8 minuti per spiegare come la Fed intenda combattere l’inflazione. Schnabel ha invece esposto le proprie tesi con un documento lungo e approfondito, corredato da ben 37 note a piè di pagina. Ma la sostanza, per Fed e Bce, è la stessa: la retorica da “falco” si sta imponendo, con le banche centrali che continueranno a perseguire la stabilità dei prezzi anche a scapito della crescita economica. E in Europa crescono le probabilità che la Bce aumenti di 75 punti base a settembre, portando i tassi all’1,75% entro la fine dell’anno. Nella mente di un banchiere centrale, la determinazione è più importante della cautela.