Il listino giapponese ha registrato il più grande drawdown della durata di 3 giorni nella storia dei mercati.
Cosa è successo e cosa ci stanno dicendo i mercati?
Ribassi di mercato di questa portata sono tipicamente associati a eventi economici importanti e inaspettati, come ad esempio il crollo di Lehman Brothers, il terremoto e maremoto del Tōhoku, la crisi legata alla pandemia e così via. In questo caso, più che di un iceberg economico inatteso, sembrerebbe si tratti di un effetto farfalla caratterizzato da complicate correlazioni globali e tra gli asset.
La scorsa settimana la Bank of Japan (BoJ) ha aumentato i tassi di interesse allo 0,25%, da una fascia compresa tra lo zero e lo 0,1%. Nonostante la BoJ avesse preannunciato un possibile aumento dei tassi già a partire da dicembre 2022, il rialzo è effettivamente stato più aggressivo di quanto previsto dal consensus.
Allo stesso tempo, mentre la stessa Fed non ha reagito, i dati economici comunicati negli Stati Uniti hanno determinato un cambiamento dovish nelle aspettative sui fed-fund. La confluenza di questi due fattori si è riverberata sui mercati valutari e lo yen ha finalmente iniziato a rafforzarsi. Di conseguenza, si è verificato un contagio di volatilità piuttosto aggressivo e di breve termine. I titoli azionari giapponesi sono stati colpiti più duramente, ma anche i titoli azionari asiatici più in generale hanno subìto ripercussioni. In particolare, gli investitori long-short sembrano aver ridotto rapidamente la propria esposizione.
Cosa possiamo dedurre da questi movimenti?
Dal punto di vista dei fondamentali, probabilmente non molto. I mercati globali sembrano essere più preoccupati per la crescita statunitense e trattandosi della più grande economia al mondo, questo aspetto va preso in seria considerazione. Per quanto riguarda il Giappone, nonostante non dovrebbe essere una novità, il mercato ha finalmente realizzato che i tassi non saranno a zero per sempre. Al di là di questo, i movimenti sembrano indicare il posizionamento dei mercati finanziari che un improvviso e significativo cambiamento dei fondamentali e dell’economia.
Nonostante l’insolita volatilità, in Giappone il sentiment si è mantenuto relativamente calmo. L’economia giapponese continua il proprio percorso di miglioramento strutturale, soprattutto per quanto riguarda le società quotate. Gli utili del mercato azionario restano solidi, grazie a un vero e proprio autosostegno e alla riforma strutturale dei modelli di business e delle politiche di capitale tuttora in corso. L’anno scorso gli utili sono cresciuti di circa il 12% e anche l’esercizio in corso sembra sia iniziato bene.
Cosa fare in seguito a questi movimenti?
Come è tipico di questi “adattamenti della volatilità”, le correlazioni sia in fase di discesa che in fase di ripresa tendono a essere molto elevate. L’opportunità che si presenta per l’investitore è quindi quella di “gettare il bambino con l’acqua sporca” o di aggiungere il beta al portafoglio.
Nel nostro caso, abbiamo utilizzato entrambe le opzioni. Abbiamo aggiunto alcuni titoli le cui vendite eccessive erano apparentemente illogiche e legate esclusivamente al contagio. Abbiamo anche ridotto, in misura modesta, il numero di titoli difensivi a favore di società vendute indiscriminatamente.
Non siamo in grado di prevedere gli episodi di mercato, ma siamo attenti alle opportunità di investimento che questi possono offrire. In effetti, più volte in passato abbiamo sottolineato che sarebbe eroico aspettarsi una normalizzazione dei tassi d’interesse dopo oltre 20 anni di politica sperimentale senza che il mercato scivoli occasionalmente su una “buccia di banana”.
Ebbene, è appena accaduto – e va bene così. Negli ultimi giorni i titoli deboli sembrano essere stati portati in superficie e di conseguenza, nonostante fondamentali solidi, il prezzo da pagare per l’esposizione al Giappone è sceso. Rimaniamo dell’idea che le azioni giapponesi rappresentino un’interessante opportunità di investimento strutturale con un profilo di rendimento asimmetrico in prospettiva.