Nei mercati finanziari siamo passati nel giro di pochi mesi dall‘euforia alla calma, dalla calma alla paura e, adesso, speriamo di non cadere nel panico.
Quello che di solito è causato dagli eventi esogeni e improvvisi (tutti ricordiamo i primi venti giorni di marzo 2020) come quelli che stiamo attraversando in queste settimane assistendo all’escalation delle tensioni tra Russia e Ucraina. Possiamo affermare di essere sicuramente in stato di allerta anche se non si vedono ancora segnali di panico sui mercati finanziari globali. Per fortuna. Grazie ad un collega che manda sempre delle ottime newsletter giornaliere, ho potuto analizzare facilmente le reazioni dei mercati azionari alle crisi geopolitiche più importanti della storia e mi ha stupito vedere che le reazioni, per quanto negative, siano state quantomeno composte.
Quello che però mi preoccupa di più è l’eventuale risposta dei cinesi di fronte ad un’ invasione della Ucraina, perché il timore è che si sentano legittimati a fare lo stesso con Taiwan. A quel punto sì che potrebbe scoppiare il panico vero e proprio sui mercati finanziari (e non solo), nonostante tutti i buoni propositi che i governanti del mondo mettono in campo. Eppure la speranza era riposta nel fatto che, dopo questa pandemia, che ci ha colpito così duramente per due anni, si tornasse a vivere con più tranquillità e con migliori propositi per il futuro.
Che senso ha vaccinare miliardi di persone per poi fare le guerre?
Motivo per cui rimango ancora cauto sull’esposizione al rischio nonostante negli ultimi trenta giorni i mercati abbiano riportato delle performance negative praticamente su tutte le asset class o quasi.
Nel mio ultimo approfondimento di gennaio consigliavo di evitare la duration per le obbligazioni europee e americane e in effetti negli ultimi trenta giorni le Corporate Investment Grade hanno continuato a correggere di circa quattro punti , mentre le High Yield hanno restituito oltre 2 punti con gli spread che cominciano ad allargarsi rispetto ai governativi che invece si sono mossi in un ampio trading range .
Ancora poco a questi livelli per intravedere degli “entry point” anche se in maniera selettiva qualcosa potrebbe rimbalzare e, considerando che il mercato dei tassi adesso sconta un rialzo della FED praticamente ad ogni riunione del FOMC, ci potrebbe essere spazio per qualche sorpresa positiva, anche se , torno a ripetere , mi auguro che non sia per panico da guerra .
Stessa cosa per quanto riguarda il mercato azionario, dove il differenziale di performance tra il Value il Growth si è ulteriormente allargato come da noi previsto, anche se cominciano ad esserci dei titoli che non si capisce bene se debbano essere classificati ancora come (Quality) Growth oppure stiano diventando Value. Infatti capita spesso di trovare tra le top ten Stocks sia di fondi Value che Quality growth nomi come Alphabet e Microsoft che hanno multipli non eccessivi ma continuano a crescere e fare utili veri .
In realtà il settore più esposto all’aumento dei tassi di interesse reali sembra essere quella parte del mercato tecnologico che non fa utili ma si regge, o meglio si reggeva, solo su grandi aspettative. Temo che stia arrivando ora l’inverno per quelle azioni che si sono rimpinzate della facile liquidità e delle tendenze sociali dell’ultimo decennio.
Traducendo in scelte di asset allocation, manteniamo i nostri portafogli ancora lontani da rischi eccessivi, come a gennaio, abbiamo confermato per azionario titoli Value come banche ed energy insieme alla parte più di qualità delle azioni che presentano multipli più alti ma non eccessivi. No duration sulla parte obbligazionaria salvo i bond cinesi.
Attenzione a mantenere in portafoglio protezioni legate ad un aumenti repentini della volatilità qualora la paura diventasse panico.