In Cina, il 2022 ha visto un cambiamento senza precedenti in termini di macro-politiche, con severi controlli sul fronte Covid che hanno portato a lockdown estesi e ripetuti in un Paese che era stato prevalentemente risparmiato, sia nel 2020 che nel 2021, rispetto alle nazioni sviluppate.
La combinazione di una minore crescita economica a causa della politica zero-Covid, di una continua pressione normativa sul settore tecnologico e il forte calo del settore immobiliare ha provocato una significativa dislocazione sui mercati del credito.
Il fatto che i policy-maker si siano trattenuti dall’avviare qualsiasi forma di stimolo o sostegno all’economia, nonostante la pressione crescente, ha spaventato gli investitori e molti di loro affermano che ora la Cina non sia investibile.
Questo è stato un anno molto importante sul fronte politico per il Partito Comunista Cinese, che ha visto Xi Jinping consolidare il suo potere. Ora che questo appuntamento fondamentale è passato, cosa potremmo aspettarci guardando avanti? Cos’è realmente cambiato? Nelle ultime settimane, abbiamo visto che le autorità normative cinesi sono tornate a garantire una maggiore stabilità economica, potenzialmente preparando la strada per una ripresa guidata dalla Cina nel 2023.
Il primo segno positivo è stato un accordo storico tra Stati Uniti e Cina, siglato a settembre, che consente di ottenere informazioni sulla revisione contabile degli emittenti cinesi quotati negli Stati Uniti, un indizio di una possibile distensione economica tra le due superpotenze. Poi, a ottobre, abbiamo osservato una mitigazione dei controlli in ambito Covid – forse più un aggiustamento delle dinamiche politiche esistenti che un’ampia riapertura. In ogni caso, si tratta di un primo passo verso un rilassamento, che dovrebbe continuare nel corso del 2023.
Infine, a metà novembre la People’s Bank of China (PBOC) ha annunciato un piano in 16 punti che mira a stabilizzare il supporto per il settore immobiliare all’interno dei mercati finanziari, seguito da un pacchetto di finanziamenti da 1.300 miliardi di renminbi supportato dalle sei principali banche cinesi a favore di un mix di sviluppatori statali e privati. Si tratta di un segnale troppo forte per essere ignorato, e ha già contribuito alla stabilizzazione delle condizioni di finanziamento dopo un periodo burrascoso. Ciò conferma, inoltre, l’opinione che ora che l’autorità del Partito Comunista Cinese (PCC) è stata rafforzata con la nomina dei fedelissimi di Xi nel Politburo, il sostegno politico può essere attuato più vigorosamente. Le misure sopra citate sono state sostenute anche da una stabile riduzione dei tassi core, con una ri-accelerazione dell’impulso al credito attesa nei prossimi 12 mesi, in netto contrasto rispetto all’Occidente.
Guardando avanti, la politica in riferimento al Covid sarà un elemento chiave per l’attività economica. Ci aspettiamo che persisteranno segnali contrastanti nei prossimi tre mesi, con graduali miglioramenti verso la primavera, prima di assistere a una ripresa più tangibile nella seconda metà del 2023. La recente positiva performance di mercato, soprattutto nel settore immobiliare, sta già scontando l’impatto di queste misure, con altre in arrivo.
La Cina resta la seconda economia al mondo per dimensioni e quindi ci aspettiamo che una riapertura avrebbe un impatto significativo sulla crescita del Pil nella seconda metà dell’anno. Il governo centrale ha un atteggiamento più conservativo rispetto a quanto ci si sarebbe potuto aspettare negli ultimi due mesi, e se il discorso di Xi Jinping al 20esimo Congresso del Partito può esserne una prova, non c’è alcuna intenzione di tornare alle riforme economiche del passato e ritornare agli anni Sessanta. La Cina è aperta agli affari.