L’esito della 26a Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici in corso a Glasgow sarà cruciale nel determinare come l’umanità possa mitigare e adattarsi al cambiamento climatico.
Ci sono stati alcuni progressi, ma la strada da fare è ancora lunga
Solo quattro dei primi 20 Paesi a maggiori emissioni di carbonio (pari all’85% delle emissioni globali) hanno adottato piani credibili per ridurle. Tuttavia, 192 nazioni e territori hanno presentato i loro primi Contributi determinati a livello nazionale (NDC) e 13 hanno presentato i loro secondi NDC. L’Accordo di Parigi del 2015 impone di stabilire i propri NDC e di aggiornarli ogni cinque anni.
L’UE è responsabile dell’8% delle emissioni globali di CO2 e i suoi piani per ridurle sono attualmente considerati “insufficienti”. Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), i grandi emittenti hanno ancora molto da fare per sviluppare piani a basse emissioni di carbonio: uno dei più attesi è il “2030 Carbon plan” della Cina.
Annunci concreti sulle policy
Le policy concrete includono un’accelerazione del passaggio ai veicoli elettrici, incentivi per investire nelle energie rinnovabili, iniziative per ridurre la deforestazione e per abbandonare il carbone, così come un focus sulla “comunicazione sull’adattamento al cambiamento climatico”.
Ci saranno anche iniziative per aiutare i Paesi meno ricchi nella transizione delle infrastrutture energetiche. Un sostegno di circa $100 miliardi all’anno sarebbe apprezzabile. Gran parte della responsabilità del cambiamento climatico è dei Paesi ricchi. L’incentivazione e gli aiuti agli investimenti aiuteranno i Paesi a basso reddito ad avviare la decarbonizzazione, evitando la perdita di posti di lavoro che potrebbe verificarsi senza un sostegno finanziario.
Campagna globale “Race to zero”
Questa iniziativa dell’ONU mira a un impegno verso lo “zero netto” non solo da parte dei governi e coinvolge, tra gli altri, 799 città, 4.475 aziende, 731 istituzioni educative e 250 istituzioni finanziarie. Morgan Stanley ha calcolato che il 66% delle società dell’indice S&P 500 e il 78% delle società dell’indice STOXX 600 hanno adottato obiettivi di riduzione del carbonio.
Sviluppi nell’industria finanziaria
Un’iniziativa molto ambiziosa proposta dal Regno Unito mira a unire governi e istituzioni finanziarie per interrompere il finanziamento di progetti su petrolio e gas a livello internazionale. Un’altra si concentra sull’allineamento dei portafogli di prestiti e di investimenti con l’obiettivo “net-zero”. Un altro possibile sviluppo sarebbe un movimento globale di divulgazione di dati sugli impatti ambientali.
La “First Movers Coalition”
Questa partnership tra il World Economic Forum e l’inviato speciale del Presidente degli Stati Uniti per il clima, John Kerry, si concentra sulle industrie difficili da decarbonizzare, come quelle dell’aviazione, dell’acciaio e dello shipping. La lista completa delle aziende coinvolte è stata annunciata alla COP26. Per gli investitori, questa iniziativa fornirà una base molto solida per l’impegno futuro.
Finora, le aziende e altri enti non governativi hanno usato diverse metodologie per stabilire i diversi impegni. Ora è necessaria una standardizzazione, ad esempio stabilendo obiettivi basati sulla scienza con spiegazioni dettagliate di come saranno raggiunti.
Meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera (CBAM)
Il CBAM è stato proposto dall’UE ed è supportato da parte dell’amministrazione statunitense. Il tema è controverso, ma potrebbe essere fondamentale per evitare il trasferimento delle emissioni nelle regioni del mondo a basso reddito.
Il CBAM mira a incorporare nelle supply chain un costo aggiuntivo per chi non riesce a decarbonizzare le economie globali. Il prezzo attuale del carbonio nel più grande mercato del mondo (l’Emissions Trading System dell’UE) è di circa 60 euro a tonnellata, ma l’AIE ritiene che per arrivare al “net zero” entro il 2050, il prezzo dovrà salire a $250 dollari a tonnellata nei Paesi sviluppati e a $200 a tonnellata in Paesi come Cina, Brasile e Russia. Il piano sul commercio del carbonio introdotto dalla Cina nel luglio di quest’anno, si rivolge inizialmente al settore della generazione di energia.
L’UE è l’apripista
L’UE rimane una dei leader in termini di raggiungimento degli obiettivi di Parigi: ha aggiornato i suoi NDC lo scorso dicembre e ha scritto il suo impegno verso l’azzeramento delle emissioni nella propria legge sul clima. Inoltre, la pubblicazione delle proposte previste dal “Fit for 55” ha mostrato ulteriormente come l’Europa raggiungerebbe nel 2030 l’obiettivo di riduzione del 55% delle emissioni. La Commissione europea richiede ora a tutti gli Stati membri di destinare il 37% dei 750 miliardi di euro del Next Generation EU al clima.
Sostenitori dei combustibili fossili
È imperativo che chi sostiene le economie basate sui combustibili fossili – Paesi, aziende o individui – non possa dominare il dibattito utilizzando le interruzioni energetiche a breve termine. La speranza è che i politici si lascino alle spalle gli interessi nazionali e la protezione dello status quo, ed evitino di confondere i legami tra combustibili fossili o agricoltura e il cambiamento climatico.
Come migliorare il nostro approccio di investimento sulla base della COP26?
Uno dei principali approcci d’investimento prevede un impegno diretto con le aziende per valutare ciò che stanno facendo per ridurre il loro impatto climatico. Questo engagement aiuterà a identificare chi sta solo facendo “greenwashing“.
In secondo luogo, identificare provenienza e destinazione degli investimenti sarà un fattore chiave per la performance degli investimenti nei prossimi anni.
Il processo di investimento a impatto positivo di UBP pone questa analisi al centro della sua metodologia di selezione dei titoli, investendo così in industrie “fixer” in crescita ed evitando quelle in difficoltà e con “asset incagliati”.