Dopo ogni fase di intenso sell-off segue inevitabilmente un momento nel quale si cerca di dare una spiegazione a quanto accaduto.
Molti ritengono che a innescare il sell-off attuale sia stata la decisione della Banca Popolare Cinese a dicembre di misurare il valore del renminbi contro un paniere di valute piuttosto che il dollaro, una mossa che ha avuto l’effetto di agevolare la svalutazione della moneta di circa l’1.4%.
Come avvenuto lo scorso agosto, ciò è stato interpretato come un’ulteriore prova dell’aumento del rischio di un atterraggio brusco dell’economia cinese, e della inevitabilità di una svalutazione sostanziale, con tutte le sue implicazioni deflazionistiche. Per quanto siano ampie, le riserve valutarie cinesi hanno corso apparentemente il rischio di essere travolte dai forti deflussi di capitale.
Il rischio di un rialzo dei tassi da parte della Fed, nonostante i preoccupanti segnali di debolezza nel settore manifatturiero statunitense, e il contrasto nelle affermazioni dei suoi membri senior, hanno suggerito una determinazione ad affrontare forze inflazionistiche piuttosto che deflazionistiche.
Altri sospetti comprendono il crollo dei prezzi del petrolio (che hanno causato la liquidazione degli asset dei fondi sovrani e hanno costretto le banche a cancellare le concessioni di prestiti/mutui), il calo della liquidità, un risk management prociclico e attività di trading ad alta frequenza.
In breve, i mercati sono pieni di rischi legati ai tassi di interesse e sono esposti a shock più violenti, anche se episodici.
Crescita globale debole ma positiva nel 2016
Riteniamo che la debolezza del prezzo del petrolio sia più una questione di offerta che un indicatore di una domanda in calo, che invece continua a crescere. Sebbene si tratti di un fattore “di disturbo” nel breve periodo, la debolezza delle materie prime e soprattutto dei prezzi del petrolio dovrebbero alla fine rappresentare driver positivi per la crescita globale.
Diversamente dall’industria manifatturiera, il ben più ampio settore dei consumi è discretamente in buona salute nel mondo sviluppato e il cambiamento nell’equilibrio della domanda continuerà ad andare a vantaggio di quest’ultimo.
Nonostante i timori di mercato, riteniamo che l’economia cinese stia rallentando in maniera misurata e che i timori legati ai deflussi di capitale siano del tutto esagerati.
Con questo non intendiamo negare le sfide di transizione che essa sta affrontando o che esistano rischi di un ribasso.
Se il rialzo dei tassi da parte della Fed sarà in linea con le stime più elevate, ciò avverrà nel quadro di un rafforzamento dell’economia statunitense. Per adesso, nonostante i downgrade, i guadagni previsti negli USA, in Europa e Giappone restano positivi.