Crescita globale, sei mesi di rallentamento poi probabile ripresa
Negli ultimi tempi sono in molti a chiedersi nervosamente se l’economia globale sia nella fase matura del ciclo e se sia quindi imminente una recessione. Personalmente non credo che questo sia il caso, ma nemmeno condivido la visione di chi si aspetta un rimbalzo a breve. Penso invece che vi saranno altri sei mesi di crescita debole, probabilmente seguiti da una ripresa alimentata da capex.
La crescita mondiale è in declino da circa 12 mesi, per tre ragioni principali. Innanzitutto, la Cina ha drasticamente ridotto la leva finanziaria, mettendo un freno all’espansione del credito. Quando la crescita del credito rallenta in Cina, il ritmo cala anche nel resto del mondo: secondo l’FMI, la Cina contribuisce per circa il 25% alla formazione del capitale globale. In secondo luogo, l’incertezza politica è stata accentuata dall’ascesa del populismo e dalle controversie commerciali.
Prima di investire miliardi di dollari in capitale, le aziende solitamente vogliono sapere in quale tipo di contesto si troveranno a operare. Se non c’è chiarezza, tendono a rimandare la spesa, con un conseguente rallentamento della crescita. La terza spinta negativa per l’economia mondiale è stata la contrazione monetaria negli Stati Uniti. La forza del dollaro fa scorrere il flusso di capitali dalla periferia verso il centro, e ciò non rappresenta mai una buona notizia per il Pil globale.
Crescita economica in ripresa a fine 2019 o inizio 2020
I tre fattori all’origine del rallentamento sono ancora in azione, pertanto la crescita continuerà a decelerare almeno per altri sei mesi. Nel frattempo, però, le autorità monetarie e fiscali stanno adottando misure volte a contrastare questi venti contrari. Nel complesso, la tesi di una recessione imminente non convince, poiché mancano le condizioni tipicamente presenti in uno scenario di questo tipo.
Solitamente, infatti, le recessioni sono precedute da ampi squilibri macroeconomici, come un boom dei consumi o degli investimenti che normalmente si traduce in livelli elevati di deficit delle partite correnti e di indebitamento, talvolta associati anche a un aumento esponenziale dei prezzi delle case.
Negli ultimi anni, tuttavia, non vi è stato un boom di capex o dei consumi in grado di provocare uno squilibrio macroeconomico così profondo da richiedere una recessione che riporti la situazione alla normalità. Certo, negli Stati Uniti i livelli di debito societario sono elevati e le pressioni salariali si stanno intensificando, mettendo a rischio i margini di profitto e di conseguenza gli investimenti. Tuttavia, questi elementi non bastano per provocare una recessione nel breve termine, anche se potrebbero essere all’origine della prossima.
Se le mie aspettative sulla recessione si riveleranno corrette, potremmo assistere piuttosto a una ripresa più avanti nel corso di quest’anno o all’inizio del 2020. Con ogni probabilità, la Fed manterrà i tassi invariati, ma è possibile che la decelerazione della crescita spinga i banchieri centrali americani a optare per un allentamento di metà ciclo, con due o tre tagli dei tassi mirati a favorire la ripresa.
In Europa le prospettive tutt’altro che brillanti per l’economia non fanno presagire rialzi dei tassi da parte della BCE in tempi brevi, mentre in Cina ci aspettiamo che le autorità continueranno ad attuare tutte le misure necessarie per raggiungere gli obiettivi di crescita. Sebbene in Cina si siano accumulati squilibri macroeconomici negli ultimi anni, le autorità hanno ancora a disposizione strumenti sufficienti per sostenere l’economia, tanto più se si considera l’intensa attività degli ultimi 18 mesi volta a ridurre l’indebitamento.
Nel complesso, le condizioni finanziarie meno rigide e l’allentamento fiscale in atto in queste tre aree dovrebbero bastare a gettare le basi di una ripresa, che sarebbe ulteriormente sostenuta dal potenziale superamento dei contrasti sul piano commerciale, con la conseguente riduzione dell’incertezza su scala globale.
Fino all’arrivo della ripresa, ci aspettiamo che il rallentamento della crescita terrà ancora a freno le performance azionarie. I tassi di interesse dovrebbero restare bassi, anche se potrebbero presentarsi delle opportunità per investire nelle obbligazioni di Paesi in cui potrebbero verificarsi dei tagli dei tassi, come Sudafrica, Messico e Russia. Il Brasile è ben posizionato per ottenere una crescita sostenuta senza generare inflazione.
Le valute dei Mercati Emergenti risultano piuttosto attraenti, soprattutto in America Latina dove sono sostenute dal mercato dei metalli in rialzo. Tuttavia, la debolezza persistente in Europa potrebbe rappresentare un rischio. Le valute scontate di paesi in difficoltà economiche, come l’Argentina e la Turchia, offrono un alto potenziale di carry, ma non sono esenti da rischi a causa dello spettro dell’inflazione