Debito emergente, dietro l’incertezza si nascondono fondamentali solidi
Dopo un inizio d’anno molto positivo, i mercati emergenti stanno attirando l’attenzione per diversi motivi, soprattutto da aprile, quando i prezzi degli asset sono calati drasticamente sui mercati azionari, obbligazionari e valutari. Sui giornali, i titoli negativi relativi ad alcuni dei paesi più grandi nei nostri benchmark, come Turchia e Brasile, non hanno aiutato il sentiment.
Di conseguenza, l’asset class ha registrato quasi due mesi di deflussi netti consecutivi, sebbene gli afflussi da inizio anno rimangano saldamente in territorio positivo. La paura che ha guidato questa dinamica tecnica è il frutto di un altro rafforzamento del dollaro (in particolare contro l’euro), esacerbato dal riemergere di rischi (geo)politici in Medio Oriente e dalla minaccia potenziale di guerre commerciali.
Questa forte incertezza per i mercati emergenti rappresenta nel breve termine un ostacolo per il recupero immediato dei prezzi, tuttavia riteniamo che la solidità dei fondamentali sia in grado di placare i timori. È solo questione di tempo prima che le valutazioni attraenti si riaffermino nuovamente come il driver dominante dei rendimenti di mercato. Nel medio termine, quindi, restiamo costruttivi sull’asset class.
Quando analizziamo i fattori top down dei rendimenti dei mercati emergenti, restiamo fiduciosi che i fondamentali positivi continueranno ad essere presenti. Anche l’inflazione globale è ben contenuta. Per quanto riguarda i paesi emergenti, l’inflazione ha seguito un trend al ribasso in molti mercati, con la particolare eccezione di Turchia e Argentina, dove ha registrato una tendenza significativamente al rialzo.
La crescita di questi Paesi resta robusta attestandosi a quasi il 5%; con un’inflazione inferiore al target è probabile che la crescita resti vicina a questi livelli. I mercati emergenti non si stanno surriscaldando come si temeva, visto quanto accaduto durante il Taper Tantrum.
Anche i timori del mercato sui livelli di debito sembrano essere eccessivi. Infatti, sebbene questi siano aumentati nell’ultimo decennio, si tratta di un elemento prevedibile perché con l’aumento del PIL pro capite e la maggiore maturità dei sistemi finanziari, il debito aumenta in modo fisiologico.
Inoltre, va sottolineato che, sebbene lo stock di debito denominato in dollari sia aumentato in tutta l’area degli emergenti, ciò è stato associato a una minore vulnerabilità agli shock esterni. Negli ultimi anni il debito sovrano emergente si è spostato sempre più verso la valuta locale, a circa il 90% del totale. Questo elemento riduce in modo significativo il potenziale di default sul debito denominato in valuta forte.
Da un punto di vista dei fondamentali e della valutazione, il debito dei mercati emergenti sembra molto interessante rispetto ai livelli attuali, tuttavia, restiamo cauti nel brevissimo termine a causa di dinamiche tecniche negative. Potrebbe essere necessario un po’ di tempo perché i deflussi dai fondi emergenti si invertano con una liquidità notoriamente minore durante i mesi estivi.
Per gli investitori in valuta locale preoccupati di ulteriori divergenze di politica monetaria tra Stati Uniti ed Europa che si traducono in un dollaro più forte, riteniamo che gli ampi deficit gemelli negli Stati Uniti agiranno probabilmente contro l’estrema forza del dollaro.
Inoltre, sebbene le sorprese economiche abbiano mosso la scena, la storia suggerisce che a causa della globalizzazione e della forte sincronizzazione delle principali economie, è improbabile che questa tendenza si mantenga a lungo oltre l’impatto temporaneo dello stimolo fiscale statunitense.
Per concludere, riteniamo che i ritorni temporaneamente negativi degli asset siano causati da fattori tecnici e che i fondamentali e le valutazioni costituiscano un sano e robusto terreno per i rendimenti di lungo termine. La stessa volatilità, probabilmente destinata a durare per tutta l’estate, può rappresentare un’opportunità per gli investitori.