di Brian Smith, Senior Vice President U.S. Fixed Income di TCW: Brian Smith, Senior Vice President U.S. Fixed Income di TCW, asset manager globale e indipendente con più di quarant’anni di esperienza negli investimenti e 185 miliardi di dollari di patrimonio in gestione.

Draghi, Yellen, Kuroda: fine dei giochi. Come andrà a finire

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Son oltre 13.000 i miliardi di dollari di debito globale che scambiano con tassi negativi. Eppure, crescita e inflazione globali restano praticamente inesistenti. Le misure di polita monetaria sembrano sempre più inefficaci. Forse il Quantitative Easing (QE) funziona solo se è un unico Paese ad attuarlo. Gli Stati Uniti hanno ridotto la disoccupazione durante i molteplici round di QE della Fed, ma dal 2014, crescita economica reale e inflazione non si sono spinte molto sopra il 2%. A livello globale, le esperienze con QE e tassi negativi sono ancora meno ottimistiche. La Banca Centrale Europea, la Bank of Japan e la Bank of England sono molto espansive, ma crescita e inflazione significative non sono attese né in Europa, né in Giappone, né in Gran Bretagna. Come possiamo scampare a misure di politica monetaria sbagliate su scala globale? Ecco tre possibili epiloghi per la fine dei giochi della Banche Centrali globali.

L’epilogo ideale: una crescita economica fiorente

Se crescita economica e inflazione dovessero tornare sui livelli pre-crisi, allora gli Istituti Centrali dovrebbero dichiarare vittoria, aumentare i tassi e ridurre i loro bilanci. Per far sì che ciò accada, gli stimoli fiscali potrebbero gravarsi la maggior parte del peso, come previsto da molti, in quanto in Giappone il primo ministro Abe si sta preparando ad aumentare la spesa fiscale e negli Stati Uniti è possibile che arrivi un pacchetto di spese di bilancio prima delle elezioni presidenziali. Il successo di questi stimoli dipende dall’effetto moltiplicatore e dalla reazione dei privati. In ogni caso, le speranze di una maggiore crescita economica sono tenui, visto che i dati hanno disatteso le aspettative dal 2009, al punto che si può dire che il QE e i tassi negativi stanno sottraendo la crescita futura per contribuire a quella attuale. Non solo. I tassi negativi distruggono i modelli di business di molte industrie, associano erroneamente i livelli di credito alla volontà di concedere prestiti e annientano le banche che non sono in grado di far slittare i costi di gestione sui depositanti. Perché allora le Banche Centrali non abbandonano semplicemente queste politiche?

L’epilogo improbabile: un ripensamento globale

Gli Istituti Centrali sono limitati dai mandati che ricevono, cioè la stabilità dei prezzi e la crescita economica, i quali, però, non prevedono clausole per cancellare i loro obiettivi, nonostante la consapevolezza che dovrebbero essere le politiche fiscali a intervenire maggiormente e che bisognerebbe fare meno affidamento su quelle monetarie. L’unico modo per abbandonare le posizioni attuali sarebbe quello di abolire i mandati. Abolizione, questa, che dovrebbe arrivare coscientemente dai politici, non vincolati tanto quanto gli Istituti nelle loro azioni. I Governatori Kuroda, Draghi, Carney e Yellen dovrebbero agire tutti nello stesso momento. Questo è un classico esempio del dilemma del prigioniero. Non c’è nulla che impedisca un maggior coordinamento a livello globale, ma è estremamente improbabile che tutti gli Istituti concordino nel rifiutare l’attuale status-quo. In questo senso, siamo intrappolati in un equilibrio sub-ottimale.

L’epilogo indesiderabile: sempre la stessa terapia

Le Banche Centrali stanno aspettando segnali di crescita solida e di inflazione per abbandonare le loro politiche monetarie, ma sono queste stesse misure che stanno in qualche modo impedendo invece che facilitando il concretizzarsi di queste condizioni. Si trovano in stallo. Il risultato è un circolo vizioso di aspettative su tassi negativi prolungati. Il mercato è prezzato per questo, in quanto le curve globali dei tassi non implicano un rialzo da parte di BCE, BOJ o BOE nei prossimi 5 anni. La Fed è un’eccezione, ma qualsiasi debolezza nell’economia statunitense potrebbe spingere l’Istituto a riallinearsi al resto delle Banche Centrali. Inoltre, nonostante i discorsi da falco di molti rappresentanti, la curva del debito USA è estremamente colomba. Il primo aumento non è prezzato prima di metà 2017.

In conclusione, quando le imprese falliscono nel rinnovarsi diventano delle aziende zombie. Quando le Banche Centrali falliscono nel rinnovarsi pospongono gli obiettivi dichiarati e continuano a fare ciò che già stavano facendo. La maggior parte delle economie sviluppate sta sperimentando tassi negativi e i bilanci delle loro Banche Centrali stanno scoppiando, ma la crescita economica è ancora inadeguata.

I policy maker dovrebbero mettere sempre più in discussione le loro azioni e ripensare ai loro mandati, tenendo in considerazione un quadro economico più ampio. Per ora, se escludiamo l’eventualità di una crescita economica più forte che permetta l’uscita dalle attuali politiche monetarie, quindi l’epilogo più probabile nel breve termine è “more of the same”, cioè che le Banche Centrali proseguano con ciò che stanno già facendo.