Se sul fronte della crescita dell’economia le principali preoccupazioni sembrano essere rientrate, all’orizzonte cominciano a intensificarsi le nubi riguardo alla perdita di slancio dell’inflazione. Le banche centrali che proseguono nella loro rotta di normalizzazione graduale, crescita economica e degli utili positive rendono favorevole l’investimento nell’azionario.
Molte luci, soprattutto sul fronte della crescita e in area Euro. Qualche ombra, specialmente riguardo all’inflazione. È il quadro globale che continua ad evolversi. Sul fronte crescita e inflazione abbiamo meno slancio negli ultimi sei mesi, ma sono necessari dei distinguo. Per quanto riguarda la crescita, è vero che c’è stata una perdita di momentum, relativa specialmente al primo trimestre dell’anno, ma ha riguardato in particolar modo gli Stati Uniti. Complessivamente, infatti, la crescita globale dell’economia continua a dare segnali di solidità.
In particolar modo, negli Usa continua il ruolo preponderante della crescita dell’economia legata ai consumi. In area Euro, abbiamo segnali che continuano a essere positivi di accelerazione ciclica: l’area si distingue dal resto del mondo per un fase particolarmente incoraggiante del proprio ciclo economico. Anche riguardo la Cina avevamo avuto timori sulle possibili conseguenze della stretta monetaria della banca centrale cinese sulla crescita, tuttavia le preoccupazioni sembrano essere rientrate.
Diverso, invece, il discorso relativo all’inflazione. La parola d’ordine dalla seconda metà del 2016 fino a poco tempo fa è stata “reflazione”, quindi più crescita e maggiori pressioni inflazionistiche. Su questo fronte gli ultimi mesi hanno offerto più dubbi che certezze: come mostrano tutti gli indici di sorpresa (Grafico 1), si è registrato un netto indebolimento. Negli Stati Uniti, l’inflazione è tornata al di sotto del target della banca centrale e in area Euro si sono palesati segnali di moderazione negli ultimi mesi.
È come se ci trovassimo in una fase di transizione: da una parte è svanito il contributo positivo partito dalla seconda metà dell’anno scorso fino a marzo di quest’anno legato alla crescita del prezzo del petrolio e, dall’altra parte, si resta in attesa di evidenze più forti sul fronte della crescita salariale. Negli Usa è già in corso una certa crescita dei salari, anche se moderata se rapportata ai cicli economici precedenti.
Da novembre 2010, infatti, il tasso di disoccupazione è crollato dal 9,8% al 4,3%, ma il tasso di variazione delle paghe orarie è salito solo dall’1,8% al 2,5%, ed è sceso negli ultimi quattro mesi, trovandosi al livello più basso da febbraio 2016.
Nell’attuale contesto, quindi, la view di Anima resta quella di preferire gli asset rischiosi, in particolare le azioni rispetto ai bond, prestando sempre una grande attenzione a livello di diversificazione globale. Sui titoli di Stato dei paesi sviluppati continuiamo a predicare cautela.