Mercati emergenti: il miglioramento prosegue
La crescita mondiale evidenza un chiaro acceleramento, come dimostrato dalla ripresa del commercio e della produzione industriale. La dissipazione dei timori relativi a un brusco rallentamento dell’economia cinese ha contribuito al miglioramento, consentendo ai prezzi delle materie prime di stabilizzarsi. I Paesi produttori di commodity beneficiano ormai di un clima più favorevole, dato che i proventi della produzione aumentano e l’apprezzamento delle valute ha ridotto le pressioni inflazionistiche, fornendo pertanto un ampio margine di manovra in termini di politica monetaria.
In Cina, benché sia in atto un graduale ribilanciamento della crescita a beneficio dei consumi privati, ulteriori riforme strutturali sono tuttora necessarie per ridurre gli incentivi al risparmio verso le famiglie e favorire una crescita dei salari più rapida. Le autorità devono ancora fronteggiare un contesto complesso dato che sono tenute a trovare continuamente un equilibrio tra rallentamento dell’espansione del credito e mantenimento di una crescita sufficiente dell’economia.
Stati Uniti: dalle promesse ai fatti?
Negli Stati Uniti l’elezione di Donald Trump a fine 2016 ha generato speranze, ma anche timori. La prospettiva di significativi sgravi fiscali e di un rilancio degli investimenti infrastrutturali ha fatto immediatamente lievitare i mercati azionari. Anton Brender, Chief Economist di Candriam, spiega:
“È chiaro che, ad eccezione della riforma dell’Obamacare, adottata finora solo dalla Camera dei Rappresentanti, gli altri progetti – in particolare la riforma fiscale – non hanno fatto grandi progressi, ciò malgrado il fatto che i Repubblicani godano della maggioranza al Congresso”.
Secondo Brender, un ritardo nella riforma fiscale non dovrebbe far deragliare la ripresa. L’economia, di fatto, continuerà a trarre beneficio dalla crescita globale. La stabilizzazione del prezzo del petrolio incoraggia la ripresa degli investimenti nel settore minerario. Inoltre, il mercato del lavoro resta dinamico e la graduale accelerazione dei salari dovrebbe proseguire e sostenere la spesa delle famiglie.
Una riduzione della tassazione dovrebbe comunque essere implementata nel 2018, fattore che dovrebbe spingere la crescita al 2,5% nel 2018, rispetto a poco più del 2% di quest’anno. In questo contesto, la Federal Reserve dovrebbe portare avanti l’azione di normalizzazione dei tassi di interesse e impegnarsi per una riduzione della portata del proprio bilancio, prima della fine del mandato di Janet Yellen a febbraio 2018.
Eurozona: la ripresa si rinvigorisce
Nell’area euro, la crescita è chiaramente ripartita e sembra solida. Florence Pisani, Head of Economic Research di Candriam, sottolinea che “questa crescita è principalmente trainata dalla domanda interna”. Dopo vari anni di aggiustamento, il settore dell’edilizia residenziale è in fase di ripresa. Nonostante il rimbalzo dell’inflazione e un aumento dei salari ancora tentennante, attualmente i consumi delle famiglie traggono beneficio da una creazione occupazionale più dinamica. Con il miglioramento delle prospettive della domanda e con condizioni di credito favorevoli, le aziende dovrebbero inoltre investire maggiormente.
Tuttavia, il commercio estero rallenterebbe leggermente la crescita: benché le esportazioni beneficino oggi della ripresa globale, il deprezzamento dell’euro è stato fermato e le importazioni dovrebbero aumentare un po’ più rapidamente. Infine, con gli sforzi generalmente modesti per riequilibrare i conti pubblici, la crescita dovrebbe raggiungere l’1,8% nel 2017 e il 2% nel 2018.
Ora che la ripresa è più robusta, la BCE è ormai ben posizionata per avviare un cambiamento – molto graduale – della propria politica. Tuttavia, come precisa Florence Pisani, “la BCE eviterà con cura un eccessivo aumento dei tassi di interesse a lungo termine”. L’economia è infatti ancora distante dalla piena occupazione, l’inflazione “core” è debole e la crescita del credito ancora moderata.
Mentre la BCE ha contribuito ampiamente alla ripresa dell’economia, i governi dovranno ora fare uno sforzo per ridurre le crescenti differenze tra le principali economie dell’Eurozona in materia di evoluzione della disoccupazione ma anche del debito. In particolare, nei prossimi anni alcuni Paesi dovranno incanalare il debito pubblico in un andamento ribassista, in linea con gli impegni di bilancio assunti. Oltre alla ripresa, sono i cambiamenti politici ad essere realmente necessari adesso.