Il 2022 è stato un anno difficile sia per gli investitori che per i banchieri centrali, ma un nuovo anno porta sempre con sé almeno la sensazione di un nuovo inizio. Nelle ultime settimane, diversi sviluppi di rilievo dell’economia hanno interessato i mercati. Li riassumiamo in 3 temi.
Hard data migliori delle attese
In primo luogo, gli “hard data” sull’attività nei mercati sviluppati sono risultati generalmente più forti del previsto. Negli Stati Uniti, il mercato del lavoro continua ad apparire sorprendentemente resistente. Gli aumenti netti dei posti di lavoro in dicembre, pari a 260.000 unità (secondo il Bureau of Labor Statistics – BLS e al netto dell’effetto dello sciopero dei lavoratori dell’Università della California), sono stati superiori alle previsioni di consenso, mentre il tasso di disoccupazione è sceso ai minimi storici del 3,5% (contro il 3,7% precedente non rivisto). Allo stesso modo, il Pil reale degli Stati Uniti nel 4° trimestre (come riportato dal Bureau of Economic Analysis – BEA) sembra ora destinato a crescere di circa il 2,5-3% q/q saar (tasso annuo destagionalizzato trimestre su trimestre) – rispetto alle stime iniziali di una crescita piatta o leggermente positiva – principalmente grazie alla solida crescita dei consumi, anch’essa intorno al 2,5-3% q/q saar. Una tendenza simile è emersa nell’eurozona, dove nonostante lo shock delle ragioni di scambio derivante dall’aumento dei prezzi dell’energia, la produzione industriale è rimasta sorprendentemente solida. Il settore dell’energia green ha avuto una forte scossa a causa dello shock energetico europeo, contribuendo a compensare la debolezza di altri settori.
Indicatori soft bassi
In secondo luogo, gli indicatori “soft” basati sui sondaggi dell’attività attuale e futura rimangono bassi nel caso dell’Europa, o sono scesi ulteriormente nel caso degli Stati Uniti; inoltre, gli indici aggregati dei responsabili degli acquisti (PMI) delle aziende dei mercati sviluppati sono generalmente coerenti con i livelli che, storicamente, sono stati associati a lievi recessioni. L’ultimo segnale in tal senso è stato il crollo dell’attività dei servizi statunitensi di dicembre 2022 riportato dall’Institute for Supply Management (ISM), il più forte mai registrato al di fuori di una recessione. Fino a dicembre la resilienza dell’indice ISM dei servizi degli Stati Uniti si distingueva rispetto agli altri PMI, mentre dopo questo calo i vari PMI statunitensi hanno tutti mostrato una tendenza alla contrazione.
Inflazione inferiore alle aspettative
In terzo luogo, i dati soft sull’inflazione hanno sorpreso in linea generale, attestandosi al di sotto delle aspettative della maggior parte delle previsioni. In Europa, l’inflazione headline rilevata dagli indici flash dei prezzi al consumo (IPC) di inizio dicembre in Germania, Francia e Spagna è risultata inferiore alle attese, pur tenendo conto delle note variazioni dei prezzi regolamentati dell’energia e dell’elettricità per le famiglie dovute ai sussidi governativi. È probabile che i cali dei prezzi nei mercati all’ingrosso dell’energia (dovuti in gran parte al clima più caldo e alle crescenti importazioni) siano stati trasferiti ai consumatori più rapidamente del previsto. Anche in Canada l’inflazione globale di dicembre ha sorpreso al ribasso. Nel frattempo, negli Stati Uniti, dove le dinamiche dell’inflazione hanno generalmente guidato gli altri mercati sviluppati, l’andamento sequenziale mensile dell’inflazione headline e, soprattutto, dell’inflazione core ha subito un notevole rallentamento. A dicembre 2022, secondo il BLS, l’inflazione core statunitense si è attestata al 3% trimestre su trimestre su base annualizzata (in calo rispetto al 10% dello scorso anno) e diversi dati di settore indicano una probabile ulteriore decelerazione nei prossimi mesi. Ad esempio, l’aumento dei prezzi e dei tassi sembra pesare sul settore dell’auto, con un sostanziale indebolimento dei prezzi all’ingrosso delle auto usate. La notizia della scorsa settimana che un importante produttore di veicoli elettrici stia tagliando i prezzi è probabilmente indicativa di una crescente concorrenza all’interno del settore automobilistico che potrebbe finire per ridurre i margini. Nel frattempo, anche i dati del settore sugli affitti nel mercato statunitense hanno segnato un indebolimento e riteniamo che ciò finirà per confluire nei dati governativi sull’inflazione degli alloggi, la componente maggiore del paniere dell’IPC statunitense.
Nel complesso, i dati in arrivo hanno reso più probabile il cosiddetto scenario di atterraggio morbido (cioè, l’inflazione si modera, mentre la crescita reale rimane positiva). Ciò appare particolarmente evidente in Europa, dove l’attività è stata sostenuta da una valuta più debole e, più di recente, dal calo dei prezzi del gas naturale. Allo stesso tempo, con un calo dell’inflazione più rapido del previsto, i dati in arrivo alleggeriscono la pressione sulle banche centrali. Ciò è particolarmente evidente nel caso degli Stati Uniti, dove la diminuzione dell’inflazione core ha guidato il resto dei mercati sviluppati. In questo contesto, non sorprende che i tassi d’interesse dei mercati sviluppati siano scesi rispetto ai picchi di dicembre, mentre i mercati azionari, in particolare quelli europei, hanno registrato un’impennata.
Tuttavia, anche se i dati sono stati incoraggianti, non ci sentiamo di entusiasmarci eccessivamente per la prospettiva di un atterraggio morbido per diversi motivi. In primo luogo, le condizioni finanziarie si sono drasticamente inasprite nel 2022 e, in base alla nostra analisi storica dei ritardi, stiamo iniziando solo ora ad avvertire appieno gli effetti di tale inasprimento. In secondo luogo, l’impennata della domanda dopo la pandemia, unita alle interruzioni della produzione, ha determinato un accumulo notevole di ordini arretrati non evasi, che stanno ancora sostenendo l’attività odierna. Tuttavia, quando gli arretrati si saranno ridotti a causa della moderazione della domanda e della normalizzazione dell’offerta, l’attività potrebbe improvvisamente indebolirsi. In terzo luogo, mentre gli indicatori recenti suggeriscono che l’inflazione salariale statunitense potrebbe aver iniziato a moderarsi nel quarto trimestre, una serie di indicatori nei mercati sviluppati suggerisce che i costi unitari del lavoro starebbero ancora viaggiando a livelli che non sono coerenti con gli obiettivi delle banche centrali e che, probabilmente, imporranno una qualche sofferenza nei mercati del lavoro. Inoltre, i mercati del lavoro tendono storicamente a ritardare rispetto ai trend di crescita e a sembrare solidi fino a quando non lo sono più, deteriorandosi in modo non lineare in caso di recessione.
Le prospettive per l’economia
Le sorprese sui picchi d’inflazione e i segnali contrastanti provenienti da hard e soft data suggeriscono che mentre l’incertezza sulle politiche delle banche centrali sta diminuendo (molte delle principali banche centrali sembrano pronte a fare una pausa nel prossimo trimestre o due), l’incertezza macroeconomica – ovvero l’incertezza su come l’inasprimento delle politiche fino ad oggi influirà effettivamente sulla crescita reale, sui tassi di disoccupazione e sui bilanci societari di qualità inferiore – è ancora elevata. Nel complesso, queste tendenze dovrebbero ridurre la volatilità nei mercati dei titoli di Stato e rafforzare i vantaggi della diversificazione delle obbligazioni in un contesto di portafoglio più ampio, anche se non è detto che la volatilità diminuisca nei mercati più esterni rispetto allo spettro del rischio. Inoltre, gli investitori hanno la possibilità di ricercare i potenziali benefici derivanti dalla detenzione di obbligazioni (diversificazione e stabilità) a livelli di rendimento iniziale più elevati.