La Fed ha deciso di alzare di 25 punti base il target dei Fed funds rate, portandolo così a un range compreso tra 5% e 5,25%, ad un livello consistente con il terminal rate indicato a marzo nelle proiezioni macroeconomiche. Il comunicato stampa cambia retorica e non anticipa più ulteriori misure di inasprimento di politica monetaria, ma il comitato mantiene la maggiore flessibilità possibile e valuterà se ulteriori misure siano necessarie. La guidance lascia, quindi, intuire una possibile pausa in questo ciclo di rialzi, senza tuttavia chiudere ad ulteriori aumenti, qualora necessari. Tono dovish, quindi, ma attenzione ai prossimi dati: nonostante, il tono della conferenza stampa suggerisca che, dopo 500bp complessivi di aumenti in circa un anno, il FOMC sia pronto ad una pausa nei rialzi, l’approccio rimane completamente data-dependent e non si escludono ulteriori aumenti. È stata posta molta enfasi sull’irrigidimento delle condizioni di credito e sull’effetto, la cui misura per il momento non è ancora calcolabile, sulle attività economiche, sull’occupazione e sull’inflazione. I commenti di Powell alla conferenza stampa hanno anche sottolineato che è probabile che le condizioni di prestito bancario si restringano ulteriormente in risposta alle recenti tensioni nel settore bancario. Questi commenti possono essere interpretati come un suggerimento che i dati del 1Q 2023 del Senior Loan Officer Opinion Survey (SLOOS) che verrà pubblicato lunedì 8 maggio, potrebbero mostrare un significativo inasprimento delle condizioni creditizie.
Lo scenario macroeconomico
le aspettative di inflazione dei consumatori, misurate dal sondaggio ai consumatori della University of Michigan, ad aprile mostrano che nel lungo termine le aspettative di inflazione rimangono ancorate intorno al target di inflazione, e nel breve periodo, dopo essere passate da 4.1% a febbraio a 3.6% a marzo, probabilmente riflettendo i timori di recessione a seguito delle turbolenze della Silicon Valley Bank, sono risalite inaspettatamente di 1 pp al 4.6% ad aprile tornando ai livelli di fine 2022.
Il valore dell’inflazione headline negli Stati Uniti sta rallentando, mentre l’inflazione core mostra segni di persistenza, in particolare nella componente dei servizi. Questa è sostenuta dalle dinamiche del mercato del lavoro. Gli ultimi dati pubblicati indicano da un lato un allentamento della domanda, i Job Openings di aprile (9.59 mln) segnano una riduzione rispetto al mese precedente, è il secondo mese consecutivo che le nuove offerte di lavoro rimangono sotto la soglia di 10 mln e lontano dal picco di marzo 2022 (12 mln), portando così il rapporto tra le offerte di lavoro per ciascun disoccupato a 1.64, la domanda di lavoro è ancora molto superiore all’offerta, ma inizia a segnalare un rallentamento. Dall’altro lato, il costo del lavoro rimane ancora sostenuto, l’Employment Cost Index, che trimestralmente traccia l’aumento della compensazione totale dei dipendenti, indica una crescita più alta delle attese, nel Q1 2023 segna una crescita pari a 1.2%, dopo un aumento di 1.1% nell’ultimo trimestre del 2022. La crescita del primo trimestre del 2023 annualizzata pari a 4.7% è ancora troppo alta per essere consistente con il target di inflazione al 2% della Fed.
Quanto aspettare prima di un taglio ai tassi della Fed?
Powell, commentando il fatto che il mercato stia già prezzando tagli a partire dalla seconda metà di questo anno, ha affermato che, alle condizioni attuali, il FOMC si aspetta che l’inflazione scenda verso il target, ma molto lentamente. È prematuro parlare di tagli prima che arrivino chiari segnali che la domanda di consumi stia scendendo e che il mercato del lavoro, dove la domanda di lavoratori è ancora troppo alta, non abbia mostrato segni di un raffreddamento. Lo scenario attuale non ha le condizioni per iniziare con i tagli, ma l’ipotesi non è nemmeno stata fermamente rigettata.