Negli Stati Uniti, la scorsa settimana, l’aumento dell’indice dei prezzi al consumo core (CPI) rispetto al consensus è stato modesto (0,45% mese su mese non arrotondato, contro lo 0,40% previsto), ma i dettagli sottostanti sono preoccupanti. La disaggregazione mostra una continua solidità di tutte le componenti dei servizi, non solo degli affitti e degli affitti equivalenti ai proprietari (“OER”). Anche i beni di base, escluse le auto usate, hanno dimostrato solidità. L’indice Manheim delle auto usate suggerisce che i prezzi probabilmente aumenteranno di nuovo nei prossimi mesi, invertendo alcuni dei progressi sul piano della disinflazione. L‘inflazione dei servizi alberghieri, di ristorazione e ricreativi è rimasta stabile, riflettendo la continua solidità della spesa per i servizi. Il mese scorso, la tenuta dei dati sul mercato del lavoro, sull’inflazione e sull’attività suggerisce che sarà necessario un ulteriore inasprimento monetario per rallentare l’inflazione.
Le conseguenze per la Fed
Ci aspettiamo che la Fed aumenti i tassi di 25 punti base nella riunione del 22 marzo a causa di tre fattori: la creazione di posti di lavoro e l’inflazione salariale rimangono forti, l’inflazione di febbraio ha battuto le aspettative e conferma l’arresto dello slancio disinflazionistico che si era manifestato nel quarto trimestre del 2022, infine, lo stress del mercato sembra essersi attenuato dopo la reazione iniziale al crollo di Silicon Valley Bank e Signature Bank.
Ritengo che, se non ci fossero stati i recenti fallimenti bancari e lo stress del mercato che ne è seguito, il presidente della Fed, Powell, avrebbe spinto per un rialzo di 50 punti base nella riunione di questa settimana, ma tali avvenimenti rendono un rialzo superiore un evento poco probabile.
Un rialzo di 50 punti base è fuori discussione
Mantenere un orientamento restrittivo, procedere con incrementi più graduali e rimanere con tassi più alti più a lungo rappresenta una strategia prudente di gestione del rischio per la Fed. Una strategia diversa potrebbe portare a incidenti di percorso che costringerebbero la Fed ad allentare troppo presto o ad avere le mani legate quando l’economia si dirigerà verso una recessione. È importante ricordare che un cambio di marcia troppo rapido comporterebbe rischi significativi, che l’economia statunitense è sensibile agli aumenti dei tassi e che gli effetti ritardati di questi ultimi si stanno ancora manifestando.
L’incertezza sulle mosse della Fed
C’è molta più incertezza sul futuro percorso della Fed. Anche se i recenti fallimenti bancari non possono essere imputati alla politica della banca centrale americana, è anche giusto dire che un aumento dei tassi di interesse a un ritmo sostenuto metterà inevitabilmente in luce gli anelli deboli dell’economia. Dopo la pubblicazione dei dati CPI, i prezzi di mercato per le prossime tre riunioni si sono mossi nella giusta direzione, con una maggiore probabilità di rialzi a marzo e maggio e una minore probabilità di tagli a giugno. Tendiamo a escludere l’ipotesi che ci saranno dei tagli a giugno poiché sarebbe prematuro che la Fed riducesse i tassi di interesse nel secondo trimestre.
Le aspettative per il picco dei tassi sui Federal funds per i prossimi sei mesi dovrebbero essere più basse una volta che il ritmo di inasprimento rallenterà a 25 punti base. Un rischio da considerare ora è l’effetto moltiplicatore negativo sulla macroeconomia dovuto alla riduzione dei prestiti da parte delle banche in risposta alle recenti tensioni. Le condizioni di prestito si stavano già restringendo, ma potrebbero peggiorare, il che accelererebbe qualsiasi dinamica recessiva nella seconda metà dell’anno. I dati sulla crescita dei prestiti nei prossimi mesi faranno chiarezza.
Il risultato è che ora prevediamo il tasso terminale nell’intervallo 5,25% – 5,5% con rischi di +/-25 punti base, a seconda della solidità dei dati e delle condizioni di mercato. In breve, ciò significa un picco più alto di quello che il mercato sta attualmente valutando, e per più tempo.