Il 24 febbraio 2022, l’invasione russa dell’Ucraina ha dato inizio al conflitto più significativo in Europa dalla Seconda guerra mondiale, non solo per la crisi umanitaria che ne è derivata, ma anche come catalizzatore di uno sconvolgimento dei mercati economici e finanziari in Europa e altrove.
Ucraina: probabili tagli del debito
L’economia di guerra in Ucraina continua a imporre sfide significative, con un prodotto interno lordo (Pil) che, secondo le stime, si è ridotto di oltre il 30% nel 2022. Quest’anno a causa dei continui attacchi alle infrastrutture e alla carenza di energia, prevediamo che l’attività economica si contrarrà ancora, anche se a un tasso a una sola cifra. Nel frattempo, anche se il deficit di bilancio dovrebbe rimanere elevato, è probabile un forte sostegno esterno da parte dei governi occidentali e del Fondo Monetario Internazionale. Ciò dovrebbe contribuire a colmare il deficit di finanziamento, che a sua volta dovrebbe contribuire a ridurre la dipendenza dal finanziamento monetario nel 2023. Data l’immensa pressione sull’Ucraina, ad agosto i creditori esterni hanno concordato uno standstill di due anni sul suo debito sovrano.
Questo potrebbe rappresentare il primo passo verso la ristrutturazione, con un probabile significativo haircut del debito. È difficile pronunciarsi sull’entità di tale riduzione, poiché dipenderà dallo stato dell’economia ucraina. Sarà inoltre necessario prendere una decisione politica sulla quota di partecipazione dei creditori privati ai costi di ricostruzione. Finora, i danni alle infrastrutture sono stati enormi. Quando questa guerra terminerà, l’entità dello sforzo per la ricostruzione e il recupero farà impallidire tutto ciò che si è visto in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale in poi.
Russia: effetti negativi dalle sanzioni
Le pesanti ed estese sanzioni hanno causato un notevole indebolimento dell’economia russa, con una contrazione di circa il 3% del Pil prevista per il 2022. Quest’anno ci aspettiamo un ulteriore indebolimento mentre prevediamo che l’economia russa si assesterà a un livello di crescita significativamente inferiore nel lungo periodo. L’Iran è un utile termine di paragone, in quanto ha dovuto affrontare simili sanzioni da parte degli Stati Uniti, che hanno portato a una contrazione del Pil nominale da circa 644 miliardi di dollari nel 2012 a una stima di 240 miliardi di dollari nel 2020. Ciò dimostra quanto possano essere dannose le sanzioni se imposte per un periodo prolungato.
Tuttavia, è importante notare che la Russia è un grande esportatore di petrolio e gas, dunque sarà più difficile isolarla rispetto al resto del mondo.
Europa: crisi energetica scongiurata, ma ci sono altre sfide
L’economia dell’Eurozona si è indebolita, ma non così profondamente come si temeva subito dopo l’invasione dell’Ucraina. La crisi energetica è stata finora evitata perché i Paesi europei sono riusciti in gran parte a riempire i loro depositi di gas prima dell’inverno. Questo, insieme a un inverno mite, ha aiutato i prezzi del gas all’ingrosso a scendere significativamente dai picchi del 2022. Sebbene questo sia incoraggiante, la transizione dell’Europa dal gas russo verso nuove fonti rimane una sfida importante per il 2023 e oltre, quindi sarebbe un errore pensare che la crisi energetica sia finita. Per molti versi, è solo all’inizio.
L’infrastruttura europea per il gas è stata creata per ricevere le importazioni dalla Russia attraverso i gasdotti, e per cambiare questa situazione ci vorranno tempo e denaro. Le importazioni di gas naturale liquefatto (GNL) dagli Stati Uniti e dal Qatar offrono una potenziale alternativa, ma è improbabile che l’offerta sia sufficiente a soddisfare la domanda europea oltre il breve termine. In Europa, inoltre, la capacità di trattamento delle importazioni di GNL è limitata e, sebbene siano previsti piani per la costruzione di nuove infrastrutture di trattamento, è probabile che ci vorranno diversi anni per completare queste opere. A lungo termine, le fonti rinnovabili sostituiranno le importazioni russe come fornitore chiave del fabbisogno energetico europeo, ma ci vorranno diversi anni per costruire le infrastrutture necessarie a questo scopo.
In questo contesto, riteniamo che i Paesi europei continueranno probabilmente a dover affrontare sfide per ottenere combustibili fossili sufficienti a soddisfare la domanda nell’inverno 2023-2024 e oltre. Ciò potrebbe comportare un aumento dei prezzi, che probabilmente richiederà ai governi di continuare a sovvenzionare le bollette energetiche. Riteniamo che ciò possa pesare sulla crescita e forse portare il blocco europeo alla recessione nel corso dell’anno, soprattutto perché si prevede che la Banca Centrale Europea inizierà presto una politica restrittiva (quantitative tightening).
Materie prime: prezzi dei cereali in calo, ma i rischi restano
In linea con le altre materie prime, i prezzi dei cereali sono scesi dai massimi grazie ai raccolti abbondanti e all’accordo sul grano stipulato tra Ucraina e Russia. Tuttavia, questo potrebbe essere un alleggerimento solo a breve termine, poiché l’accordo deve essere rinnovato a marzo. Una sua mancata proroga potrebbe portare a un aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, che potrebbe mettere sotto pressione i paesi a basso reddito. Inoltre, gli agricoltori ucraini – che sono stati un fornitore chiave di grano e altri cereali per i mercati emergenti – sono stati colpiti duramente dallo scoppio della guerra e la loro produzione potrebbe diminuire in modo significativo. L’insieme di questi fattori, più le ulteriori pressioni sui prezzi derivanti dalla minore disponibilità e dall’aumento dei prezzi dei fertilizzanti, sottolineano la precarietà della situazione e rafforzano la probabilità di vivere in un mondo di mercati ristretti delle materie prime per un certo periodo di tempo.
Nel corso del 2022, la crescita è stata lenta e ciò ha ridotto la pressione della domanda sui prezzi delle materie prime. Ma quando alla fine l’economia mondiale si riprenderà, anche la domanda di materie prime aumenterà e i prezzi probabilmente aumenteranno di conseguenza. Questo potrebbe tradursi in un aumento dell’inflazione, che potrebbe indebolire il potere d’acquisto delle famiglie e pesare sulla crescita. Sebbene i mercati finanziari sembrino essersi abituati a convivere con questa guerra, è probabile che i venti contrari alla crescita persistano.
In assenza di un percorso chiaro verso la fine delle ostilità, è probabile che la guerra prosegua con implicazioni continue per l’economia e i mercati delle materie prime. Prevediamo, dunque, che l’economia ucraina continuerà ad affrontare sfide significative e che, in futuro, si prospetti un’ampia ristrutturazione del debito.